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Tassi e inflazione: la svolta Fed spiazzerà il nostro export?

Secondo Lorenzo Bini Smaghi, ex rappresentante italiano nel board della Bce, la svolta della Fed, che non considera più prioritaria la lotta all’inflazione, può far salire notevolmente l’euro sul dollaro, mettendo a rischio le nostre esportazioni

Tassi e inflazione: la svolta Fed spiazzerà il nostro export?

La nuova politica monetaria della Federal Reserve rischia di spiazzare la Bce e, in prospettiva, di danneggiare seriamente le esportazioni europee. Giovedì, dal simposio di Jackson Hole, il presidente della Banca centrale americana, Jerome Powell, ha annunciato una rivoluzione epocale: i tassi d’interesse sul dollaro non saranno più alzati non appena si profilerà all’orizzonte il ritorno dell’inflazione (regola aurea in vigore dagli Anni 70), ma rimarranno bassi anche se la crescita dei prezzi dovesse arrivare “attorno al 2%”. Anzi, la Fed potrà anche spingere temporaneamente l’asticella oltre questo limite per compensare i periodi d’inflazione troppo bassa. L’obiettivo è sostenere la crescita economica e la ripresa dell’occupazione. La morale, invece, è che i mercati e gli americani indebitati possono stare tranquilli: i tassi americani rimarranno bassi ancora per molto tempo e l’oceano di liquidità in circolazione non potrà che aumentare.

Questo significa che, nel medio periodo, le politiche monetarie di Fed e Bce potrebbero differenziarsi per la prima volta dopo anni e i tassi d’interesse tornare a salire prima in Europa che negli Stati Uniti. Se ciò accadesse, l’euro si rafforzerebbe molto sul dollaro, rendendo meno competitive le esportazioni dall’area valutaria.

Come spiega in un’intervista a Repubblica l’economista Lorenzo Bini Smaghi, fino al 2011 membro italiano nel board della Bce e oggi presidente del colosso bancario Société Générale, “è possibile che, quando l’Europa si riprenderà, la politica monetaria della Bce diventerà meno espansiva senza curarsi se sarà stata raggiunta la soglia critica del 2%”.

Da ieri, invece, sappiamo che negli Stati Uniti non andrà così. Powell ha chiarito infatti che “la politica monetaria resterà espansiva quando l’economia si riprenderà anche se l’inflazione supererà il 2%, e per lungo tempo – continua Bini Smaghi – Se prevarrà quest’impostazione, i tassi in Europa aumenteranno prima che in America, con una divaricazione monetaria tra le sponde dell’Atlantico che potrebbe determinare un rincaro dell’euro molto negativo per l’export”.

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