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Tassi d’interesse: a quando e di quanto il rialzo della Fed?

E’ giunto il momento di farcene una ragione: la Fed potrebbe aumentare i tassi d’interesse. Infatti, i dati sul PIL e l’opposizione del presidente della Federal Reserve di Philadelphia Charles Plossera a mantenere una politica monetaria accomodante troppo a lungo sembrano avvicinare il momento in cui la Fed aumenterà i tassi d’interesse di riferimento (fermi allo 0,25% da quasi sei anni). La Federal Reserve, comunque, annuncerà la sua decisione con largo anticipo, come indicato dai verbali dell’ultima riunione del Federal Open Market Committee, che si è tenuta a fine luglio. E che sono stati resi noti ieri.

Dalle quotazioni dei contratti futures si capisce che il mercato anticipa un aumento di 25 punti base non prima di giugno/luglio 2015. Tuttavia, se il mercato del lavoro continuerà ad andare meglio del previsto, il graduale aumento dei tassi d’interesse potrebbe avvenire prima. Se ciò accadesse, i prezzi delle obbligazioni dovrebbero soffrire (per la relazione inversa tra rendimenti e prezzi obbligazionari). E’ per questa ragione che, da qualche mese a questa parte, molti operatori stanno cambiando composizione ai portafogli, abbassando la duration (come abbiamo fatto anche noi).

Ma se i tassi sono destinati a salire, di quanto possono farlo?

Nessuno lo sa con precisione, ma c’è anche chi ritiene che l’eventuale aumento dei tassi d’interesse sia limitato, perché in atto ci sono dei fenomeni strutturali che ne limitano la risalita: per esempio il fenomeno dell’eccesso di risparmio (saving glut). Per prima volta, ne ha parlato Bernanke nel 2005 e, recentemente, il Fondo Monetario Internazionale ne ha ribadito la sua importanza, citandolo come uno dei fattori determinanti nel progressivo calo dei tassi d’interesse che il mondo ha sperimentato dal 1980 ad oggi.

In effetti, secondo le previsioni del Fmi, l’eccesso di risparmio (rispetto agli investimenti) a livello globale è destinato a rimanere tale ancora per molti anni. A queste condizioni, il mondo del risparmio gestito dovrebbe continuare ad incrementare la propria massa di gestione, foraggiata da una popolazione sempre più vecchia (con una maggiore propensione al risparmio) nei Paesi Sviluppati e da un incremento di reddito dei Paesi Emergenti.

Sebbene i rendimenti obbligazionari possano sembrare oggi eccessivamente bassi, se nel panorama obbligazionario predominasse questo fenomeno dell’eccesso di risparmio rispetto ai bisogni d’investimento di governi ed imprese (che al contrario sono penalizzate dall’accesso di debito), l’aumento graduale dei tassi potrebbe aver un impatto limitato su obbligazioni governative e corporate.

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