Le banche italiane continuano a remunerare poco i libretti di risparmio ed i conti correnti, mentre i tassi sui prestiti sono saliti alle stelle. Il rischio, in mancanza di un aumento dei tassi cui conti, non è solo quello di un mercato poco concorrenziale per i risparmiatori, ma anche di possibili ricadute negative sulle stesse banche, alle prese con la raccolta di liquidità. È quando emerge dal discorso del direttore generale della Banca d’Italia Luigi Federico Signorini che ha fatto il 22 settembre al convegno organizzato a Firenze dall’Adeim. Signorini non è voluto “entrare nel vivace dibattito politico”, ossia sulla scelta del Governo di introdurre la tanto contestata tassa sugli extraprofitti delle banche corretta e rivista nei giorni scorsi, ma con le sue affermazioni ha invitato il sistema bancario a una profonda riflessione.
Il divario tra tassi attivi e passivi dovrebbe essere transitorio
“Le banche che svolgono principalmente l’attività di intermediazione tradizionale avevano sofferto negli anni scorsi di una forte riduzione del margine di interesse legata al livello eccezionalmente basso dei tassi”, ha ricordato Signorini aggiungendo che “nel 2022 e nei primi mesi di quest’anno il margine d’interesse è notevolmente aumentato, più che compensando il calo degli altri ricavi”, perché “l’aumento dei tassi sui prestiti è stato più rapido di quello sui depositi”. Ma in un mercato concorrenziale il divario tra tassi attivi e passivi dovrebbe essere transitorio, per il dg di Via Nazionale che ha constatato come “la clientela sta in effetti cominciando a reagire all’inerzia dei tassi sui i conti correnti spostando fondi su depositi a tempo o altre forme di impiego del risparmio, mentre le stesse banche, che fronteggiano l’invertirsi dell’espansione monetaria degli ultimi anni e devono programmare per tempo le proprie fonti di funding, non possono non porsi il problema di offrire ai risparmiatori prodotti competitivi”. E in questo caso parlano i numeri.
Rischio fuga dai conti correnti verso investimenti più redditizi
“L’abbondantissima liquidità parcheggiata nei depositi a vista in passato, quando il costo-opportunità di detenerli era minimo, si sta riducendo”, aggiunge Signorini spiegando che “l’ammontare di tali depositi è calato velocemente: nei 12 mesi intercorsi tra l’inizio della fase restrittiva della politica monetaria e lo scorso giugno sono diminuiti di oltre 100 miliardi (di cui 60 delle famiglie e 40 delle imprese) con un calo complessivo dell’8,7%. Allo stesso tempo sono aumentati i depositi a termine più remunerativi (circa 45 miliardi o 12,2%) e le obbligazioni bancarie sottoscritte da famiglie (circa 20 miliardi, pari al 51,5%). Si è fatta sentire anche la concorrenza dei titoli di Stato, “i cui acquisti netti da parte delle famiglie italiane e imprese nello stesso periodo hanno superato i 110 miliardi. La diminuzione complessiva dei depositi in conto corrente si è poi ulteriormente accentuata a luglio (con un deflusso dell11,7%) mentre la crescita degli altri depositi ha continuato ad accelerare”, osserva Signorini.
Una situazione da tenere sotto controllo: in calo la raccolta
“Il calo della raccolta a vista, unitamente alla restituzione dei fondi ottenuti dalla Bce con le operazioni mirate al rifinanziamento a più lungo termine, continuerà a richiedere l’attenzione delle banche nei prossimi mesi”, prosegue Signorini. Alla luce di questo, Bankitalia ha chiesto “alle banche meno significative di aggiornare i piani di raccolta, già rilevati su base sistematica dal meccanismo di vigilanza unico per quelle significative”. L’intenzione era quella di “innalzare il livello di consapevolezza degli intermediari riguardo ai rischi prospettici e per concordare eventuali azioni correttive”.