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Tasse: concordato preventivo con il Fisco per Pmi e partite Iva. Ecco come funziona 

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Fra le tante novità in arrivo con la riforma fiscale, desta particolare interesse l’ipotesi di un concordato preventivo biennale tra Agenzia delle entrate e contribuenti. Una sorta di patto che bloccherebbe le tasse per due anni a Pmi e partite Iva e, nelle intenzioni del Ministero delle Finanze, dovrebbe riscrivere le regole della lotta all’evasione fiscale in senso preventivo e non più punitivo.

Uno strumento fortemente voluto dal viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, che nella riforma fiscale – attesa all’esame in seconda lettura al Senato – si muove nella fase precedente ai controlli e consente ai contribuenti titolari di reddito d’impresa e di lavoro autonomo di minore dimensione di accettare e rispettare una proposta formulata dal Fisco sulla base delle informazioni contenute nelle proprie banche dati. Ma come funziona?

Come funziona il nuovo concordato preventivo biennale?

Sarà l’Agenzia delle Entrate a proporre il nuovo concordato biennale sulla base dei dati che ha disposizione sull’attività economica del contribuente. Nel dettaglio, il Fisco analizza i dati che arrivano dalla fatturazione elettronica e dagli scontrini telematici, e sulla base di questi sarebbe in grado di stimare il reddito del soggetto e stabilire una base imponibile, che verrà assoggettata a tassazione. Tale base imponibile ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap sarà “bloccata” per due anni e il contribuente sarà chiamato a pagare lo stesso ammontare di imposte anche nei casi in cui il reddito subisca variazioni, in aumento o in flessione. Non sarebbe però compresa l’Iva, che quindi continuerebbe a essere versata in base alle operazioni effettivamente realizzate. In parole semplici, se il contribuente accetta il valore ipotizzato non dovrà pagare nessun’altra imposta – ad eccezione dell’Iva – sull’eventuale eccedenza. Attenzione, non sono esclusi del tutto controlli successivi che possono condurre anche alla decadenza, qualora il soggetto dovesse alterare i dichiarativi con l’appostazione di elementi non veritieri.

Inoltre, i contribuenti non sarebbero obbligati ad accettare il concordato. L’impresa o il professionista possono decidere in piena autonomia. Ovviamente è conveniente se si prevede di aumentare il fatturato nel biennio successivo, in quanto si avrà la certezza di non vedersi aumentare il reddito oggetto di tassazione. Al contrario non sarà conveniente se si prevede una diminuizione.

Coinvolte 2,5 milioni di partite Iva

Si tratta di monitorare e inseguire almeno 2,5 milioni di partite Iva, ora sottoposte alle pagelle fiscali, e oltre 6.200 imprese. Sono gli ordini di grandezza su cui il governo, in primis il viceministro dell’Economia, muoverò il nuovo strumento, una volta che sarà approvato dal Senato il nuovo ddl di delega fiscale. L’intenzione del governo è quella di gradualmente superare il sistema delle pagelle che tecnicamente si chiamano Isa (indicatori sintetici di affidabilità fiscale) e che dal 2018 hanno preso il posto degli studi di settore.

Sogei-Sose a braccetto per favorire il nuovo concordato preventivo

Il lavoro preparatorio sul concordato preventivo potrà contare a breve su una super banca dati del Fisco. Il ministero dell’Economia starebbe infatti ultimando il progetto di fusione tra Sogei (il partner tecnologico del Mef) e Sose (la società partecipata da Mef e Banca d’Italia che gestiva prima gli studi di settore e ora le pagelle fiscali). Avendo già a disposizione le informazioni della Sose e quelle dell’Anagrafe tributaria, l’intenzione è quella di fare un passo in più ed utilizzare l’intelligenza artificiale, per cui ci si sta già attrezzando, in termini anche predittivi.

Il nuovo concordato preventivo però, oltre all’intelligenza artificiale, potrebbe continuare ad usare il sistema dei punteggi. L’orientamento è quello dell’attuale regime premiale: chi, infatti, raggiunge un voto dall’8 in sù, adeguandosi quindi al risultato atteso dagli indicatori del Fisco, potrà avere una corsia preferenziale per l’accesso al concordato. Un’ipotesi che potrebbe riguardare, stando ai dati sulle ultime dichiarazioni disponibili, quasi 1,1 milioni. Poco meno della metà della platea: ciò significa che bisognerà lavorare sul restante (circa il 55%) per fare in modo che il cambio di prospettiva funzioni davvero e non si riveli, come molti criticano, un regalo ai contribuenti disonesti.

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