Per non fermare il futuro e governarlo non serve una tassa sui robot, ma l’esatto contrario e cioè favorire chi investe in tecnologia, innovazione e formazione, diminuendo le tasse sul lavoro. L’esatto contrario della ricetta di Salvini, che con questa proposta vuole tassare le imprese, penalizzando soprattutto quelle piccole e medie, quelle cioè che grazie agli investimenti tecnologici si avvantaggerebbero di quella tecnologia necessaria per essere competitivi, perché il costo del lavoro per unità di prodotto è tanto più alto quanto è più piccola è l’impresa.
Forse il segretario della Lega non lo sa, ma in questi anni di crisi molti degli accordi sindacali che abbiamo fatto per tenere il lavoro in Italia, o farlo rientrare – reshoring – hanno visto proprio negli investimenti in tecnologia la leva principale per rilanciare il lavoro e l’occupazione.
La risposta quindi non è tassare i robot ma detassare il lavoro riducendo subito il cuneo fiscale che oggi nel nostro paese è superiore di 10 punti rispetto alla media europea.
Capisco che visti i dati, lo sgomento che si vada esaurendo il dibattito sul migrante come oggetto di paura, faccia nascere in Salvini la necessità di trovare altri simboli per seminare paura e tesaurizzare l’odio nelle urne. Ma la tecnologia può essere un gran alleato per l’umanizzazione del lavoro e il rientro di molte produzioni delocalizzate.
°° L’autore è il Segretario Generale della Fim-Cisl