Un’operazione di cassa del governo sulle rinnovabili che non andrà a buon fine. La commissione Ambiente della Camera ha approvato un emendamento al decreto Energia che abolisce la norma che introduceva un contributo di 10 euro per ogni kW prodotto da impianti di potenza superiore a 20 kW. Chi ha un impianto di produzione elettrica con fonti rinnovabili sarebbe stato tassato su ciò che consuma o immette nella rete elettrica nazionale.
Rinnovabili, che cosa prevedeva la tassa
Una tassa che raffreddava il potenziale di crescita delle fonti non inquinanti, in particolare per gli investimenti previsti per quest’anno. La norma era in contraddizione con gli incentivi che lo stesso governo ha inserito nel Decreto Energia. Probabilmente voleva colpire anche chi ha usufruito del Superbonus 110%. Avrebbe portato altri soldi nelle casse dello Stato senza troppi scrupoli. Sia sotto l’aspetto energetico sia ambientale i motivi della norma non erano molto chiari.
Se l’obiettivo italiano è di triplicare la quantità di energia da rinnovabili entro il 2030 ci sono due strade: o si agevolano i produttori o li si penalizza. Senza dire che dal punto di vista di famiglie e imprese il costo dell’energia, in arrivo da quegli impianti, sarebbe sicuramente aumentato.
Insomma non è caricando di nuove tasse i produttori che si avanza nella sostenibilità del Paese. Anche perché in generale l’impianto del decreto favorisce le imprese energivore per allinearle alle indicazioni europee sugli aiuti statali per clima, ambiente e risparmi. Nella fase preparatoria del decreto le imprese hanno ottenuto diverse misure per aumentare l’autoproduzione di energia rinnovabile. Una mano dà e l’altra toglie.
Rinnovabili, un salutare passo indietro
Sul passaggio dell’emendamento abrogativo alla Camera interviene l’associazione Alleanza per il Fotovoltaico. “Si tratta di un’ottima notizia per tutto il settore delle rinnovabili e in particolare per le imprese che sviluppano il fotovoltaico in Italia” dice una nota. “Esprimiamo soddisfazione per la cancellazione della tassa che rappresenta un’inversione di rotta fondamentale, coerente con gli impegni assunti dal governo di triplicare la quantità di energia proveniente da rinnovabili”. Le imprese prevedevano contraccolpi anche sull’occupazione generata dalle nuove installazioni.
Al netto delle polemiche sul Superbonus che ha comunque generato posti di lavoro, costruttori e imprese energetiche con la nuova tassa prefiguravano un indebolimento degli investimenti propri. Un taglione politico rispetto allo sviluppo delle Comunità energetiche faticosamente avviate.