Oggi paghi, domani ti rimborso. È questo il meccanismo alla base della possibile mediazione sulla tassa sugli extraprofitti delle banche che il Governo starebbe studiando al doppio scopo di fare cassa in vista della difficile legge di Bilancio 2024 e di placare i malumori della maggioranza e dei banchieri, ma anche i timori della Banca d’Italia e della Bce. Lo riferisce il Corriere della Sera, secondo cui i tecnici del Governo e dei partiti sarebbero al lavoro da giorni sulla possibilità di trovare un compromesso che consenta di “salvare capra e cavoli”. E questo compromesso si configurerebbe sotto forma di un credito d’imposta di cui le banche potranno usufruire a partire dal prossimo anno.
Tassa sugli extraprofitti delle banche: si cerca una mediazione
L’annuncio a sorpresa dell’introduzione di una tassa gli extraprofitti delle banche ha destato malumori praticamente ovunque: nella maggioranza, con Forza Italia che più volte ha criticato la decisione rivendicata con forza dalla Premier Giorgia Meloni. Nel mondo del credito, con i banchieri chiusi un rumorosissimo silenzio che ha ben palesato il loro malcontento. Nella Banca d’Italia e nella Bce. La prima praticamente ignorata, la seconda consultata dal Mef solo a cose fatte. Per non parlare dei mercati, con le banche quotate che in una sola seduta hanno perso 10 miliardi di capitalizzazione, salvo poi recuperare parte del terreno perso dopo la specifica del ministero dell’Economia sul tetto massimo dello 0,1% sugli attivi. Gli unici a non protestare, paradossalmente, sono stati i principali partiti dell’opposizione che, anzi, si sono intestati la paternità della misura, criticando però “il metodo”.
Dopo giorni di polemiche, il Governo avrebbe dunque deciso di tornare a più miti consigli, varando dei correttivi che plachino le preoccupazioni di tutti, ma garantendosi comunque un gettito extra per il 2023. Tornare indietro non si può e il motivo è presto detto: sulla legge di bilancio 2024 la coperta è corta, molto corta, e l’Esecutivo non può permettersi di perdere neanche un euro delle risorse necessarie per varare le misure promesse, dal taglio al cuneo alla riforma fiscale. Già considerando la tassa sugli extraprofitti delle banche, secondo il numero uno dell’Osservatorio sui Conti Pubblici, Giampaolo Galli, mancherebbero all’appello circa 40 miliardi.
Tassa sugli extraprofitti: verso un credito d’imposta per le banche
La principale soluzione allo studio sarebbe dunque la seguente: far pagare alle banche la tassa sugli extraprofitti per il 2023, garantendosi un gettito di 2-3 miliardi di euro, per poi restituire tutto, o quasi, nei prossimi anni tramite credito d’imposta che gli istituti di credito potranno utilizzare per compensare le normali imposte da pagare.
Secondo il Corriere, il credito d’imposta potrebbe avere una durata di cinque o dieci anni, mentre sarebbe ancora da valutare la misura dello stesso, se pari al 100% del prelievo sugli extraprofitti o ad una quota inferiore.
In arrivo tasse extra su altri settori?
Il giornale di via Solferino riferisce inoltre che potrebbero presto arrivare ulteriori interventi “mirati”sotto forma di prelievi straordinari sui settori economici che hanno gonfiato gli utili grazie alle particolari congiunture economico-politiche degli ultimi anni.
Tra essi potrebbero esserci i produttori di farmaci che, grazie alla pandemia di Covid hanno visto i loro profitti aumentare in modo considerevole. “Spero che una misura simile non sia stata neanche pensata. Chiederemo rassicurazioni”, ha affermato il presidente della Farmindustria, Marcello Cattani, secondo cui: “In primo luogo gli extraprofitti nel settore farmaceutico non ci sono. Poi è una questione ideologica: cosa vuol dire extraprofitto quando le imprese competono in un mercato concorrenziale e pagano regolarmente le tasse?”.