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Tassa di soggiorno: dal 2025 tutti i Comuni potranno applicarla

Riforma della tassa di soggiorno, prevista una revisione delle tariffe e l’estensione della tassa anche ai visitatori senza pernottamento. Ecco come funziona e come potrebbe cambierà

Tassa di soggiorno: dal 2025 tutti i Comuni potranno applicarla

Presto tutti i Comuni italiani potranno applicare la tassa di soggiorno ai turisti che pernottano sul proprio territorio. Attualmente, l’imposta è limitata a capoluoghi di provincia, unioni di comuni, località turistiche, città d’arte e comuni su isole minori. La riforma, in discussione tra il governo e l’Associazione nazionale Comuni italiani (Anci), potrebbe entrare in vigore nel 2025 e consentire a oltre 7.000 comuni di introdurre la tassa su base volontaria, con un potenziale incremento del gettito, che oggi ammonta a circa 700 milioni di euro annui.

La revisione prevede di trasformare l’imposta in una tassa di scopo, con fondi destinati al settore turistico, al decoro urbano e alla sicurezza. Nelle prossime settimane sarà istituito un tavolo tecnico per esaminare una revisione delle fasce di prezzo, rendendole proporzionali al costo della stanza e applicabili per persona. La riforma include anche la possibilità di estendere la tassa ai turisti di passaggio, senza obbligo di pernottamento.

L’imposta di soggiorno: come funziona oggi

L’imposta di soggiorno è attualmente applicata in circa 1.200 comuni italiani, principalmente in base alla tipologia della struttura ricettiva, con tariffe che oscillano tra 1 e 8 euro a notte. L’importo viene stabilito localmente, tenendo conto di fattori come la categoria dell’alloggio e il livello di affluenza turistica. Tra i comuni che già adottano questa tassa figurano importanti città d’arte come Roma, Venezia e Firenze, oltre a numerose località turistiche molto frequentate.

Al momento, l’imposta può essere applicata solo da un gruppo ristretto di comuni: capoluoghi di provincia, città d’arte e località turistiche riconosciute, nonché dai comuni situati su isole minori. Questa restrizione ha creato una disparità nell’adozione della tassa, con le principali mete turistiche che contribuiscono in modo significativo al gettito, mentre altre aree restano escluse da questa fonte di entrata.

L’intesa tra governo e Anci

L’accordo tra la ministra del Turismo, Daniela Santanchè, il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, e il presidente dell’Anci, Roberto Pella, prevede una riforma dell’imposta di soggiorno. L’obiettivo è rendere l’imposta disponibile a tutti i comuni, su base volontaria, e uniformarne le regole su tutto il territorio nazionale. Il nuovo sistema prevederebbe tariffe proporzionate al costo della camera e pagabili per ogni persona, con l’intento di semplificare l’onere burocratico per gli albergatori e facilitare i controlli.

“Le parti – si legge in una nota al termine dell’incontro tra le parti – hanno convenuto la necessità di uniformare e semplificare la disciplina su tutto il territorio nazionale e di renderla applicabile a tutti i comuni su base volontaria. Il tavolo studierà le fasce di prezzo per rendere l’imposta proporzionale al costo della stanza e pagabile a persona”.

Un’imposta di scopo

Una delle principali novità riguarda la destinazione dei proventi dell’imposta. L’intenzione è di trasformarla in un’imposta di scopo, con i fondi raccolti destinati al miglioramento delle infrastrutture turistiche, al decoro urbano e alla sicurezza, come richiesto dall’Anci. Questo permetterebbe di reinvestire direttamente nel settore del turismo, promuovendo una maggiore sostenibilità economica e sociale per le comunità locali.

“L’industria del turismo è importante per il Pil e anche per i comuni e i soldi vanno quindi rilasciati sul settore – ha commentato la ministra del Turismo, Daniela Santanchè – Non dobbiamo far vivere ai residenti il turismo come una minaccia ma come un’opportunità. Non dobbiamo essere ideologici quando ci sediamo al tavolo per trovare soluzioni. Noi cerchiamo di distribuire meglio questa imposta”.

“Apprezziamo la decisione di ampliare la platea a tutti i comuni perché è giusto dare opportunità a tutti. Condividiamo il tema della semplificazione e trovare garanzie per tutelare gli albergatori e i Sindaci”, ha aggiunto infine il presidente Anci, Roberto Pella.

Critiche le associazioni dei consumatori

Nonostante l’accordo tra governo e comuni, la proposta di estensione della tassa di soggiorno non è priva di critiche, soprattutto da parte delle associazioni dei consumatori. Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori (UNC), ha espresso preoccupazione per un’applicazione indiscriminata della tassa, senza una chiara strategia: “No a una generica estensione della tassa di soggiorno a tutti i Comuni. Secondo Dona, una tassa eccessiva potrebbe spingere i turisti, soprattutto italiani, “a preferire mete all’estero”. Dona ha inoltre criticato l’approccio del governo, accusandolo di voler scaricare la responsabilità sui comuni.

Anche il Codacons si è espresso contro la misura, affermando che “i turisti non dovrebbero essere usati come bancomat” per finanziare i comuni, soprattutto in assenza di trasparenza sull’uso dei proventi. Secondo l’associazione, l’implementazione della tassa deve essere accompagnata da garanzie sull’effettivo utilizzo dei fondi per migliorare i servizi turistici.

Un’opportunità per le piccole città

L’allargamento della possibilità di applicare la tassa di soggiorno potrebbe rappresentare una risorsa economica per i piccoli comuni, specialmente quelli con una crescente affluenza turistica che finora non hanno potuto sfruttare questa fonte di entrata. Per le città meno conosciute, la tassa potrebbe essere uno strumento utile per investire in infrastrutture turistiche e attrarre nuovi visitatori, rendendo più sostenibile il settore.

Sebbene la semplificazione della tassa sia uno degli obiettivi principali della riforma, resta la sfida di garantire una corretta gestione amministrativa da parte dei comuni, molti dei quali potrebbero non avere le risorse necessarie per applicare la tassa in modo efficiente. Il rischio, sottolineato dalle associazioni di categoria, è che la mancanza di uniformità possa portare a una gestione disorganizzata e, in alcuni casi, controproducente per l’immagine turistica del paese.

Secondo la ministra Santanchè, è, però, essenziale che la tassa non venga percepita come un peso per i turisti, ma come un’opportunità per migliorare la qualità dei servizi. Il governo mira a trovare un equilibrio tra l’esigenza di garantire entrate ai comuni e la necessità di mantenere l’Italia competitiva sul mercato turistico internazionale.

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