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Tari: l’esenzione cambia per imprese e negozi

Due emendamenti al decreto Sostegni (ancora da approvare) rendono effettiva la possibilità per aziende ed esercizi commerciali di non pagare più la tassa sui rifiuti rivolgendosi agli operatori privati anziché alle municipalizzate

Tari: l’esenzione cambia per imprese e negozi

Migliaia di imprese e di esercizi commerciali potrebbero smettere presto di pagare la Tari. Due emendamenti al decreto Sostegni, infatti, puntano a rendere effettiva l’esenzione dal pagamento della tassa sui rifiuti per le aziende e i negozi che si rivolgono agli operatori privati anziché alle municipalizzate. Le proposte di modifica sono state presentate dalle senatrici Patty L’Abbate (Movimento 5 Stelle) e Maria Alessandra Gallone (Forza Italia). Non è detto che passino: in tutto, gli emendamenti presentati al decreto Sostegni sono circa 2.800 e il tesoretto a disposizione per finanziarli è insufficiente (550 milioni). Palazzo Madama ha però congelato l’esame dei correttivi nella speranza che il governo raddoppi la dote a disposizione, destinando a questo scopo una parte dello scostamento di Bilancio da 40 miliardi che la Camera voterà giovedì.

LA CORREZIONE DELLA LEGGE ISTITUTIVA DELLA TARI…

In una memoria presentata pochi giorni fa davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, l’associazione delle imprese del riciclo (Unirima) afferma che è “necessario adeguare la Legge 127 dicembre 2013 n.147 istitutiva della Tari (Legge di Bilancio 2014)” alle disposizioni introdotte dal decreto legislativo del 3 settembre 2020 (n.116), che ha modificato il Testo Unico dell’Ambiente (Tua) per recepire una direttiva europea del 2018 (la numero 851). In sostanza, la nuova disciplina – in vigore dal primo gennaio 2021 – ha tolto ai Comuni il monopolio sui rifiuti prodotti dalle utenze non domestiche, stabilendo inoltre che chi si rivolge a soggetti privati deve essere esentato dal pagamento della Tari. La correzione della manovra 2014 è affidata all’emendamento L’Abbate.

…E QUELLA DEL TESTO UNICO DELL’AMBIENTE

Ma la questione è più complessa di così, come spiega il numero uno dell’Antitrust, Roberto Rustichelli, in un documento inviato lo scorso 23 marzo al presidente del Consiglio. Nel testo, che raccoglie una serie di proposte in vista di una nuova legge sulla concorrenza, Rustichelli rileva che anche la nuova versione del Tua “stabilisce la necessità di stipulare con il gestore pubblico o con l’operatore privato prescelto un accordo contrattuale con una durata minima quinquennale stabilita ope legis. Tale previsione – continua il Presidente dell’Antitrust – appare tuttavia discriminatoria per i gestori privati, in quanto, mentre è possibile rientrare nella gestione pubblica in ogni momento, e, quindi, anche prima del decorso dei cinque anni, non è consentito il contrario. Al fine di non ostacolare la concorrenza fra i diversi operatori (privati e pubblico) del servizio di raccolta e avvio a recupero dei rifiuti estendendo impropriamente la privativa (il monopolio, ndr) delle gestioni pubbliche si ritiene dunque necessaria l’eliminazione della durata minima quinquennale dell’accordo”.

La proposta è recepita dall’emendamento Gallone, che cancella l’obbligo dei cinque anni.

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