Un polverone che rischia di avere strascichi enormi e anche di costare caro a quei Comuni che avrebbero sbagliato il calcolo della Tari, gonfiando le bollette dei cittadini per anni e anni, arrivando addirittura a raddoppiare l’importo della tassa sui rifiuti.
Un errore macroscopico evidenziato oggi, venerdì 10 novembre, dal sottosegretario all’economia Pier Carlo Baretta, su richiesta di un deputato del M5S, durante un question time alla Camera.
Cos’è successo? Andiamo con ordine. La Tari si compone di una quota fissa, relativa alla grandezza della casa, e di una quota variabile, dipendente dal numero degli abitanti dell’immobile. Ed è proprio su questa seconda parte che è intervenuto l’errore. La quota variabile, anziché essere calcolata una sola volta sull’insieme della casa è stata moltiplicata più e più volte in base al numero delle pertinenze, cioè posti auto, cantine, soffitte, garage,ecc., come se l’esistenza stessa di queste pertinenze incidesse sull’ammontare di immondizia prodotta dalla famiglia.
Per chiarire meglio la questione, utilizziamo lo stesso esempio usato alla Camera nel corso del question time e riportato da Repubblica: per un appartamento in cui vive una famiglia di 4 persone, con superficie complessiva di 150 mq., di cui 100 di casa, 30 di garage e 20 di cantina, la parte variabile della tariffa relativa ad autorimessa e cantina (come precisato dal punto 4.2 dell’allegato 1 al DPR n. 158/99) “va computata solo una volta, considerando l’intera superficie dell’utenza composta sia dalla parte abitativa che dalle pertinenze site nello stesso comune”. Pertanto l’importo da versare si otterrà sommando: tutte le quote fisse rispettivamente di casa, garage e cantina, a cui si aggiungerà una, e solo una volta, l’importo della quota variabile.
Come spiega Baretta, la norma stabilisce infatti che “le cantine, le autorimesse o altri simili luoghi di deposito, si considerano utenze domestiche condotte da un occupante, se persona fisica priva nel comune di utenze abitative. In difetto di tale condizione i medesimi luoghi si considerano utenze non domestiche”.
L’errore di calcolo sarebbe stato commesso da non pochi Comuni, tra i quali spiccano Milano, Genova, Ancona, Napoli, Catanzaro e Cagliari.
Come è ovvio che sia, le associazioni consumatori sono già sul piede di guerra intenzionati a richiedere ingenti rimborsi ai Comuni in relazione agli esborsi non dovuti negli ultimi anni.
Il Movimento difesa del cittadino ha già lanciato la campagna “Sos Tari” per richiedere la restituzione delle somme versate immotivatamente. Chiunque voglia aderirà dovrà inviare una mail alla sede locale più vicina e attendere che l’associazione verifichi gli avvisi di pagamento e invii le relative istanze di rimborso.
In alternativa ogni contribuente può decidere di agire da solo. In questo caso si dovranno superare vari step: prima occorre impugnare l’avviso di accertamento e poi, entro 60 giorni dalla notifica dell’avviso, presentare ricorso alla Commissione tributaria provinciale.
Nel caso in cui la riscossione della Tari sia effettuata da un ente diverso dal comune, occorre indirizzare l’istanza di rimborso alla società terza.
Da sottolineare inoltre che, a breve, il ministero dell’Economia diramerà una circolare ministeriale chiarendo la procedura da seguire per richiedere gli eventuali rimborsi cui i contribuenti vittime dell’errore avranno diritto.