Non date retta a Pinocchio Powell. Racconta una bugia che serve a spaventare i tanti Lucignoli che, non solo negli Stati Uniti, hanno scambiato la Borsa per il Paese dei balocchi e s’illudono che, grazie ai sostegni di Stato, si possa comunque campare senza troppa fatica. Ancora una volta Gianni Tamburi, fondatore, presidente e Ceo di Tip e amministratore sapiente del quarto capitalismo di casa nostra, va controcorrente. In attesa di riprendere il tour delle imprese di casa nostra che, bollette del gas permettendo, si confermano le più dinamiche e capaci ad intercettare la voglia di ripresa post-Covid. “Finalmente – dice – l’hanno capito in molti. Un anno fa c’ero solo io”. Ma nemmeno lui ha una chiave per capire la politica di questi tempi, “dominata da una deriva sovranista spaventosa”, la vera incognita di un autunno che, a leggere i titoli dei giornali, promette solo sangue e lacrime. Forse troppe. Ecco le sue riflessioni in questa intervista a FIRSTonline,
Dottor Tamburi, ma è proprio così brutto il mondo alla vigilia dell’autunno? Chi cosa è cambiato negli ultimi mesi?
“Direi che il presidente della Fed, Jerome Powell sta drammatizzando la situazione”.
Tesi singolare. Perché la Fed dovrebbe alzare i tassi senza una necessità immediata?
“Quello che va dicendo Powell è totalmente sbagliato. La medicina dei tassi di questi tempi non serve a frenare l’economia vista la domanda spaventosa che circola sui mercati”
La Fed sbaglia, dunque.
“Non è detto. Ma racconta una bugia per raggiungere il risultato voluto”.
Cioè?
“Il vero obiettivo è quello di far fuori i cosiddetti Robin Hooders, cioè quei milioni di americani che si sono improvvisati speculatori dopo aver incassato durante la pandemia sostegni pubblici che hanno utilizzato per giocare in Borsa. E’ la punta dell’iceberg di un fenomeno che riguarda milioni di persone che si sono convinte che si può campare senza lavorare o quasi. La Fed sta dipingendo un quadro tragico, con l’obiettivo psicologico di spaventare il pubblico e spegnere qualsiasi euforia pericolosa. Una strategia che può funzionare. Almeno per quelli che si fermano a leggere i titoli dei giornali o dei tg senza andare oltre”.
Messa così, sembra un gioco pericoloso. Forse troppo rischioso per un’economia attraversata da più di uno stress: il Covid, la guerra in Ucraina, la fine della globalizzazione e così via.
“Proviamo a guardare l’economia reale. Il dato dominante è che la congiuntura è dominata da una domanda spaventosa che si fa fatica a soddisfare. Tutte le mie aziende, quelle che fanno capo agli investimenti di Tip, vanno benissimo. Saranno particolarmente fortunate, forse. Ma il dato comune è che non riescono a tener dietro alla domanda”.
Colpa del dopo Covid, probabilmente. È stata la malattia a far saltare le catene produttive, a partire dai componenti, e a far saltare le catene logistiche. O no?
“Vero. Ma questi fenomeni vanno rientrando. L’aspetto nuovo, davvero dirompente, è che siamo di fronte ad una domanda impetuosa. Mettiamola così: il Covid ci ha fatto vedere la morte in faccia. E così, come avviene dopo le guerre, adesso tutti noi vogliamo comprare, consumare, investire. Il mercato è dominato dal fatto che tutti noi consumeremo di più e risparmieremo di meno. Questo sta creando una domanda di ogni tipo: cappe, pompe, cavi, vedo ovunque voglia di comprare. Il cavallo, insomma, vuole bere- Il quadro che emerge dalle aziende del nostro network che è uno specchio abbastanza fedele della manifattura, conferma l’esistenza di questa domanda eccezionale. Ci sono imprese che hanno ordini almeno doppi rispetto ad un anno fa. Non sto parlando del 30 o del 40 per cento, na del 100 e anche più. Un fenomeno di queste proporzioni non lo freni muovendo la leva dei tassi. Cosa frega a Prysmian o ad Interpump se i tassi sono al 2 o al 4?”
A Prysmian forse no. Ma agli altri?
“Il vero problema è riuscire a produrre. Certo, Powell ha paura che la pressione della domanda a lungo andare possa creare inflazione. Ma, per me, ha soprattutto paura che i mercati possano riprendere la corsa alla grandissima, facendo risorgere la finanza facile che tanti guai ha combinato. Per questo drammatizza la situazione”.
Ma a guardare la corsa del gas, la situazione è davvero drammatica.
“La speculazione ha preso il sopravvento. Ci sono aziende che soffrono moltissimo perché non riescono a recuperare i costi. E vanno aiutate a superare la congiuntura drammatica. Ma c’è un’altra emergenza non meno grave: nei prossimi anni il costo del lavoro sarà la componente strutturale più importante per le aziende”.
Una mensilità in più, la riduzione del cuneo fiscale. Se ne parla molto in campagna elettorale. Se ne farà qualcosa dopo il voto?
“Non lo so, ma non credo si debba fare troppo affidamento sulle ricette della politica. Mi limito a dire che, non solo in Italia, si stanno affermando modi più semplici per vivere grazie a sostegni pubblici di vario genere. Non entro nel merito del reddito di cittadinanza o altri sostegni, ma credo che sia essenziale ristabilire un forte divario tra il reddito di base, quello per garantire la sopravvivenza, e lo stipendio. Altrimenti la gente starà a casa. Io dico alle mie aziende: alzate gli stipendi, a prescindere dalle chiacchiere della politica. Tenetevi stretti la gente, non rischiate di perdete un buon dipendente per 200 euro in più al mese, con il rischio di dover andare a cercare sostituti che magari non riuscite a trovare. Avete aziende buone, guadagnate il 10-15 in più, avete buone prospettive. Datene una parte al dipendente: sarà un buon investimento”.
A proposito di politica. Il giocattolo rischia di rompersi dopo il voto del 25 settembre?
“So poco di politica. O quantomeno ci sono tante cose che non capisco. E’ un fatto, però, che la comunità finanziaria internazionale è allarmatissima dal fatto che queste destre, non la destra, possano prendere il sopravvento in un Paese come il nostro grazie a promesse elettorali campate in aria. Se una volta eletti dovessero fare anche in piccola parte quel che hanno promesso, potrebbero mandare il bilancio statale allo sfascio”.
Come mai, secondo Lei, nonostante i buoni risultati conseguiti nei 18 mesi del governo Draghi, non si riesce a far prevalere il buon senso nei programmi e negli atteggiamenti della politica?
“E’ una domanda che rivolgo a voi giornalisti. Io guardo alla mia azienda, alla mia famiglia e, tutto sommato, sono libero dai condizionamenti della politica. Ma nelle riunioni che frequento non mi astengo dal dire ai miei interlocutori che sbagliano di consegnarci ad una destra che è un disastro. Eppure tanta gente vota così fingendo di credere a balle pazzesche con cui Berlusconi è riuscito ad attrarre sotto questa inesistente Forza Italia nomi che non avrei mai sospettato”.
È il populismo, bellezza.
“Siamo in una deriva populista mondiale spaventosa. Basta pensare a Boris Johnson o alle polemiche in Francia sui voli privati. Io per fortuna opero entro una dimensione finanziaria razionale. Ma guardo con preoccupazione a questa voglia di spaventare, di sorprendere, di suscitare emozioni piuttosto che stimolare. ragionamenti. I giornali ci mettono del loro. Se dico tre cose positive e due negative il titolo sarà su queste ultime. Il gusto di spaventare- E poi, diciamolo, prevale l’incompetenza. Torniamo a Powell; basta lanciare un titolo, tanto la maggior parte si ferma lì, senza leggere. E così anche il presidente della Fed ci prende in giro. La gente legge un titolo di Powell e ci crede, ci sta prendendo in giro. Per carità, è solo una mia opinione. Ma ci sta”.
Date queste premesse, quale strategia consiglia alla vigilia di un anno caldo, sicuramente non facile?
“E’ il momento di cominciare ad investire, a mano a mano che si presentano prezzi convenienti. Ci sono aziende buone che hanno resistito a congiunture molto difficili e ne sono uscite alla grande. Aziende che, se non crolla il mondo, continueranno a produrre quelle dieci-venti cose che si venderanno sempre. E’ il ragionamento che mi ha fatto un cliente eccellente, uno che non sbaglia quasi mai. Vale la pena di guardare all’economia reale. Tra l’altro siamo reduci dal disastro delle obbligazioni, ma così male da decenni”.
E il caso di guardare alle banche?
“Direi di no. La prossima crisi, ovvero la probabile recessione, peserà soprattutto sulle banche. E gli Stati, dopo gli aiuti elargiti durante la pandemia, saranno assai meno generosi. Meglio manifattura e servizi”.
Ma ha senso muoversi alla vigilia di una possibile recessione?
“E quanto può durare la recessione? Forse 7, forse 8 mesi. Poi il motore dell’economia ripartirà, probabilmente dall’Asia”.
A proposito: meglio l’America, l’Europa o forse proprio l’Asia?
“Ci sono buone occasioni ovunque. Ma parlerei di aziende più che di mercati. Un esempio: Interpump oggi ha trenta partecipate negli Stati Uniti. Tu pensi di investire a Sant’Ilario e ti ritrovi nel cuore degli Usa”.
Un’ultima domanda sulle Borse. Il sistema, non solo i Italia, non gode di buona salute: sono più numerosi i delisting delle muove quotazioni. Perché?
“In questi anni le Borse si sono gravate di molti vincoli che condizionano l’attività. Penso alle quote rosa, ma non solo. E questo ha favorito l’espansione dei private equity: invece di caricarmi di oneri vari, cedo tutto ad un private che si finanzia a costo zero o quasi, raccoglie cifre pazzesche, può pagare le aziende più di quel che le prezza il mercato azionario. L’eccesso di regolazione si è rivelato un errore”.
In questo modo si riduce l’offerta al mondo dei risparmiatori.
“Purtroppo è così. Ha preso piede la moda di creare un fondo, metterci dentro un immobile e qualche titolo illiquido. Poi, tra qualche anno, ai vedrà. Qualcuno ci guadagnerà, molti, ingolositi dalla possibilità di investire a leva, no”.
E c’è un altro limite: un minor richiamo della Borsa intralcia il processo di M&A necessario per avere aziende più grandi e solide. Non è così?
“Ma no, questo è vero solo in teoria. La realtà è che le nostre aziende così come sono si sono rivelate bravissime ad affrontare le emergenze di questi anni. Il nostro capitalismo, un mix di cultura familiare e di grandi capacità manageriali, ha retto alle emergenze meglio degli altri. E mi sembra in buona salute”.
E Tamburi ci saluta: le vacanze (brevi) sono finite. Riprende il tour alla ricerca di nuovi gioielli da aggiungere al salotto del capitalismo nostrano così ruspante e spesso sorprendente, a prova di politica e tassi.