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Tamburi: “Dopo il caso Unicredit, nulla sarà più come prima nella finanza italiana”

INTERVISTA A GIANNI TAMBURI (Tip) – “Non mi aspettavo un tonfo così, ma il caso Unicredit è solo la punta estrema di una turbolenza generale che investe il sistema finanziario. Per il risparmio è meglio tenersi per ora lontani dalle banche. Anche per le Fondazioni bancarie si avvia un ripensamento generale, aprano il capitale ai privati”

Tamburi: “Dopo il caso Unicredit, nulla sarà più come prima nella finanza italiana”

Firstonline – Dottor Tamburi, si aspettava un avvio così devastante per l’operazione Unicredit?

Tamburi – “Francamente no. E non credo di essere il solo”.

Firstonline – Adesso, forse, è l’ora di approfittare delle  quotazioni a saldo. O no?

Tamburi – “E’ un consiglio che non mi sento di dare. Credo che sia saggio, per il risparmio, stare lontano di questi tempi dalle banche. Pur con le sue specificità, il caso  Unicredit è solo un episodio, estremo, di un quadro generale turbolento, non solo italiano. Prima è toccato a Dexia, presto potrebbe esserci tensioni su banche fino ad oggi insospettabili. Tipo Deutsche Bank o altri istituti che hanno fatto grande affidamento sui derivati o sui Reef, i fondi immobiliari che non è facile smobilitare di questi tempi”.

Parla così Gianni Tamburi, “anima” della Tip, il salotto buono della media impresa che nel 2011 ha messo a segno, tra dividendi e performance di Borsa un rispettabile rialzo del 10%, merce rara nell’anno della grande crisi. “Più che altro – precisa – l’anno che ha segnato, come farà ancor di più il 2012, un cambiamento epocale: nulla sarà più come prima. Proprio ieri un gruppo cinese ha comprato Ferretti yachting con grandi progetti”. 

Firstonline – Arrivano gli stranieri, dunque. Ovvero  la leadership delle banche rischia di passare dalle Fondazioni a qualche azionista che viene da fuori. Grazie ai prezzi in saldo. Anzi, c’è chi pensa che i ribassi siano legati ad un possibile prossimo shopping. E’ così?

Tamburi – “Non ho informazioni in merito. Ma la caduta dei prezzi conviene sia al consorzio di collocamento, chje così avrà meno difficoltà a piazzare le nuove azioni che agli attuali soci, che possono far media sui prezzi di carico”.

Firstonline – Il Financial Times sostiene che buona parte dei problemi di Unicredit derivano dall’aver rinviato, contro il parere di Banca d’Italia, l’aumento  di almeno un anno. Per poi presentarsi nel momento peggiore sul mercato.

Tamburi – “C’è senz’altro del vero in quest’ osservazione. Anche se nessuno poteva immaginare una crisi di queste dimensioni. Semmai, si poteva capire che il tempo del denaro facile, anche dal punto di vista della raccolta, era destinato a finire. Mediobanca, ad esempio, ha fatto una scelta corretta con il lancio di Che Banca!. Oggi un buon terzo della sua raccolta arriva di lì. Altri si sono seduti, senza cpaire che il mondo stava cambiando”.

Firstonline – Torniamo agli azionisti. Come vede le Fondazioni?

Tamburi – “Non è certo un bel segnale che Verona abbassi, in occasione dell’aumento di capitale, la quota in Unicredit. O, ancor peggio, i problemi che incontra la Fondazione Monte Paschi, costretta a chiedere una moratoria come Zaleski”.

Firstonline – Mesi fa Lei suggeriva di collocare sul mercato le Fondazioni, per distribuire poi i quattrini presso lo Stato, le Regioni ed i Comuni. Oggi non è più possibile.

Tamburi – “Ovviamente no. Ma resta il problema di valorizzare il patrimonio delle Fondazioni a fini generali”.

Firstonline – Cioè?

Tamburi – “Se aprissimo il capitale delle Fondazioni ai privati, con un successivo collocamento in Borsa, potremmo ottenere più obiettivi: rafforzare il patrimonio delle Fondazioni stesse, consentendo loro di agire in funzione anticiclica. In una situazione come l’attuale, avrebbe senso crescere nelle banche, non diminuire la quota per necessità”.

Firstonline – Ma perché un privato dovrebbe entrare nelle Fondazioni piuttosto che in una banca?

Tamburi – “Primo, perché il loro patrimonio è diversificato. E potrebbe diventarlo anche di più, una volta aumentato in maniera significativa il loro capitale. Secondo, perché esiste un legame tra il territorio e le fondazioni di riferimento, che può far da calamita nei confronti del risparmio. Soprattutto perché, terza considerazione, negli Statuti si può benissimo prevedere che una percentuale dei profitti venga destinata al no profit. In questo modo, con una governance adeguata, magari rafforzata da una prenseza del pubblico nel capitale, si potrebbe conciliare la missione sociale e l’attenzione alla gestione. Io credo che molti privati risponderebbero ad un appello del genere”.

Così parlò Tamburi, quasi sottovoce, gestore prudente ma accorto (“le aziende con cui collaboro – precisa – hanno fatto raccolta di fondi al momento giusto. E ora possono pensare a fare acquisizioni, a questi prezzi”) che non ha dimenticato la stagione in cui collaborò con Giuliano Amato, catapultato a Palazzo Chigi in un’emergenza grave quasi quanto questa. Allora, il cantiere delle idee avviò il processo che portò alla quotazione di colossi come Eni ed Enel. Oggi chissà.

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