Torna d’attualità, con il decollo della manovra, l’”effetto P” come privatizzazioni. Anche se non a breve scadenza. Che impatto può avere un annuncio come quello di Tremonti per il mercato finanziario? E’ la strada giusta per un rilancio? “Più che giusta mi sembra inevitabile. Anche se temo che in termini finanziari l’impatto non potrà che essere relativo”. Parla così Gianni Tamburi, amministratore della Tamburi Investment Partners, la merchant bank delle medie imprese, quelle che continano a far shopping e crescere, come dimostra l’acquisto di ieri da parte di Interpump (uno dei “gioielli “ scoperti da Tamburi) della emiliana Galtech.
Ma il provvedimento dovrebe riguardare sia le grandi società che le utilities locali. Non è sufficiente?
“L’impatto delle mini-privatizzazioni, agli occhi del mercato, sarà comunque trascurabile. Altro discorso riguarda Eni, Enel o Finmeccanica. In questo caso, l’impatto “politico” di un’uscita dello Stato sarebbe significativo”.
Perché?
“Mi metto nei panni di un investitore internazionale. In questi giorni ha preso atto, grazie alle cronache in arrivo dall’Italia, che un certo Milanese gestiva le nomine di secondo, terzo e quarto livello di società del calibro di Finmeccanica o magari pure dell’Eni. Non mi stupisco se, una volta avuta la conferma di questo andazzo, un gestore di Black rock o di Fidelity vende tutto e se ne va. L’uscita o, quantomeno, una forte riduzione del peso della Stato sarebbe giudicato in maniera positiva, dopo queste vicende”.
Intanto facciamo i conti con una caduta dell’indice più forte del previsto. O no?
“Avevo messo nel conto un luglio difficile, tra problemi dell’area euro ed incertezze sul bilancio Usa. Ma sinceramente non mi aspettavo una botta così pesante. La responsabilità risiede nelle incertezze che hanno accompagnato il varo della manovra fino al colpo di acceleratore di ieri. Un provvedimento che appariva troppo timido e dilatorio, quasi che il governo non credesse in sé stesso.”
E adesso?
“Non è successo nulla di irreparabile. Anzi, potremmo parlare di lezione salutare se la classe politica, governo in testa, ne traesse le giuste conseguenze. Certo, è una lezione che è stata pagata salata: l’aumento dei rendimenti dei Bot, a questi livelli, ha già bruciato una buona metà della manovra di qui al 2014. Non è il caso perciò di lasciarsi andare all’euforia. Ma chi segue una strategia precisa, senza inseguire speculazioni a breve, ha di fronte un periodo di grandi opportunità”.
Agosto, insomma, potrebbe essere un mese di rialzi?
“Io credo di sì, a patto che si concluda in maniera positiva la trattativa sul tetto al deficit federale negli Stati Uniti. In questo caso, ci sono le premesse per una fase di crescita dell’equity. Per almeno tre buone ragionI”.
Quali?
“Innanzitutto perché tutti i grandi operatori sono sottopesati. Anzi, i più maligni sostengono che certe pressioni internazionali, a partire dal pressing delle agenzie di rating nasce proprio dalla volontà di favorire le ricoperture e il rientro sul mercato dei grandi operatori, dopo i profitti conseguiti grazie allo scoperto”.
I prezzi sono convenienti?
“Ecco la seconda ragione per un rialzo. In questa fase, anche in relazione ai tassi che restano comunque bassi mentre l’inflazione è sotto controllo, il valore delle aziende è senz’altro sacrificato, come confermano gli indicatori di mercato. Naturalmente bisogna saper scegliere le imprese giuste secondo i soliti criteri: le leadership di mercato, la presenza sui mercati più dinamici e, soprattutto, la credibilità dei manager e degli imprenditori”.
Il rapporto prezzo/utili è, infatti, assai sotto la media. Intanto i rendimenti fanno la concorrenza al reddito fisso.
“Terza ragione per puntare sull’equity. In questo momento i titoli di Stato non sono concorrenziali né per rendimento né per protezione dal rischio. Per questo l’equity può andare verso una stagione positiva”.
Anche per le privatizzazioni. Lega permettendo.