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Tajarin al tartufo: la ricetta che profuma di bosco e di Langhe dello chef Daniel Zeilinga

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Da non confondere con i capellini perché sono più larghi ma neanche con le tagliatelle  perché sono più sottili. E ci tengono a distinguersi perché la loro storia parte da molto lontano: In Piemonte i Tajarin fanno la loro comparsa verso la metà del 400, nelle cucine delle cascine delle Langhe e del Monferrato. Le loro origini sono povere perché durante la settimana, la vita era quella del duro lavoro nei campi e solo in occasione delle feste o di celebrazioni importanti le donne potevano rubare tempo alle fatiche per mettersi alla spianatoia e lavorare a mano questa gustosa pasta. Molto gustosa in virtù dei tanti tuorli che servivano per la sua preparazione, si capisce pertanto perché si potessero mangiare solo nei giorni di festa. Infatti, a differenza dei vari tipi di pasta fatta in casa in tutta Italia per un chilo di Tajarin di uova ne occorrevano una quindicina e addirittura i tradizionalisti in alcune zone del Piemonte ne prevedevano ben 30, con buona pace del colesterolo. Il risultato è quello che sappiamo una pasta carica di sapore e di colore unica nel suo genere.

Quella dei tajarin non è la classica ricetta di pasta all’uovo diffusa in tutta Italia con 1 uovo intero per ogni etto di farina. Infatti, il colore giallo carico e il sapore intenso dei tagliolini piemontesi sono dati dall’abbondanza di uova con cui sono prodotti. Ma quanti tuorli sono previsti dalla ricetta originale? Come accade spesso nella tradizione culinaria italiana, anche in questo caso la risposta non è semplice. In parte, il numero delle uova varia a seconda delle zone, anche perché molto dipende dalla grandezza del tuorlo e dalla capacità di assorbimento della farina, ma i puristi del tajarin arrivano a 30 tuorli per chilogrammo di farina (sì, avete capito bene). Sono comunque diffuse ottime ricette che prevedono 10-15 tuorli per chilo di farina più qualche uovo intero. Quale che sia il numero di tuorli del tajarin, l’obiettivo è sempre lo stesso: ottenere una pasta lunga, sottile, profumatissima e color dell’oro. Paese che vai condimento che trovi per questa pasta tradizionale piemontese: un ragù langarolo a base di lardo, salvia, rosmarino e rigaglie di cortile (fegatini di pollame e coniglio, creste, reni, i cuori, con salsiccia di Bra, con sugo d’arrosto e quello a base di pancetta, cipolla e vino rosso che si mangia nel Cuneese.

Novembre in Alta Langa significa tartufo bianco, soprattutto nel Faula Ristorante di Casa di Langa, il raffinato resort di Cerreto Langhe collocato tra le regioni vinicole del Barolo, del Barbaresco e dell’Alta Langa immerso in un parco di 40 ettari dove ci si può cimentare nella caccia al tartufo fra querce, pioppi e tigli, specie che contribuiscono alla nascita dei funghi. 

In cucina regna lo chef altoatesino Daniel Zeilinga, 34 anni, la cui cucina è l’equivalente di un libro che  racconta il territorio esprimendo  una filosofia gastronomica ben precisa che parla di Piemonte contemporaneo.  Una cucina formata e raffinata con importanti esperienze a fianco dello chef Karl Baumgartner, al ristorante Schoneck di Falzes, al ristorante due stelle Michelin dell’hotel Louis C. Jacob di Amburgo in Germania, a La Ciau del Tornavento a Treiso (Cuneo), 1 stella Michelin, soprattutto per due anni accanto a Enrico Crippa di Piazza Duomo ad Alba, 3 stelle Michelin, “Un’esperienza altamente formativa sia a livello umano che professionale”, Crippa dove sviluppa un’attenzione importante per la materia prima vegetale, che lo porta a realizzare un menu degustazione green e a costruire un orto e una serra per il periodo invernale.

In abbinamento al tartufo, lo chef suggerisce i piatti tradizionali, classici come l’uovo fondente, la crema di patate o i Tortelli di faraona e castagne. “Si può utilizzare anche su battuta di Fassona o piatti freddi, ma suggerisco quelli caldi, perché col calore si sprigiona ancor meglio il penetrante profumo del tartufo”, spiega lo chef. Ma il matrimonio perfetto e con i Tajarin.

La ricetta dei Tajarin del Fàula al tartufo bianco

Ingredienti

625 g semola rimacinata di grano duro •

 75 g farina 00

• 550 g tuorlo d’uovo (30 tuorli circa) 

Tartufo bianco a piacere

Procedimento

Pesare separatamente tutti gli ingredienti. Unire le due farine e mescolarle con l’aiuto di una frusta. Mettere nell’impastatrice, aggiungere i tuorli e far impastare fino ad ottenere un impasto omogeneo. Oppure manualmente, disporre le farine miscelate a fontana sulla spianatoia di legno, versare poco alla volta i tuorli nel centro ed iniziare ad impostare fino ad ottenere un composto omogeneo.  Coprire e lasciar riposare un paio d’ore in frigo.

Stendere con la macchina a rulli oppure con il mattarello una striscia della larghezza omogenea fino ad uno spessore di 1-2 mm. Tagliare le striscia di pasta della misura o del peso desiderato. Far riposare per qualche minuto. Arrotolare le strisce su sé stesse e procedere tagliando finemente – a filanger – e successivamente, con l’aiuto di entrambe le mani, manipolare la pasta per svolgere i tajarin.

Formare delle matassine e consumare freschi oppure essiccare a temperatura ambiente e conservare in un barattolo chiuso ermeticamente, in luogo fresco e asciutto. 

Cuocere in acqua bollente salata per 3 minuti circa, poi saltare in padella con burro di qualità. Impiattare e cospargere di scaglie di tartufo bianco a piacere!

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