Non ci sono solo il reddito di cittadinanza e quota 100 a infestare i sogni dell’Inps. Quest’anno l’Istituto di previdenza è chiamato a compiere anche un’altra missione: recuperare i soldi in più che i pensionati italiani hanno incassato a fronte del blocco dell’indicizzazione. Cosa vuol dire? Andiamo con ordine.
Per far quadrare i conti pubblici, il governo gialloverde ha imposto – attraverso un emendamento all’ultima legge di Bilancio – un nuovo blocco triennale all’indicizzazione delle pensioni superiori a tre volte il minimo (1.539 euro lordi al mese). Significa che il 58% degli assegni pensionistici non sarà completamente rivalutato tenendo conto dell’inflazione, misura normalmente utilizzata per mantenere stabile il potere d’acquisto dei pensionati.
Lo schema in vigore da quest’anno è il seguente:
- 97% di indicizzazione sulla parte eccedente le 3 volte e fino a 4 volte il minimo;
- 77% di indicizzazione sulla parte eccedente le 4 volte e fino a 5 volte il minimo;
- 52% di indicizzazione sulla parte eccedente le 5 volte e fino a 6 volte il minimo;
- 47% di indicizzazione sulla parte eccedente le 6 volte e fino a 8 volte il minimo;
- 45% di indicizzazione sulla parte eccedente le 8 volte e fino a 9 volte il minimo;
- 40% di indicizzazione sulla parte eccedente le 9 volte il minimo.
Questo impianto è meno penalizzante del meccanismo in vigore dal 2013 al 2018, ma, se il governo gialloverde non fosse intervenuto, dal 2019 sarebbe tornato in vigore il vecchio schema di indicizzazione, che prevedeva solo due scaglioni: 90% di indicizzazione sulla parte eccedente le 3 volte e fino a 5 volte il minimo e 75% sulla parte eccedente le 5 volte il minimo.
Le nuove percentuali dovevano entrare in vigore a gennaio, ma la burocrazia italiana ha tempi lenti, per cui in questi primi mesi del 2019 i pensionati hanno ricevuto un assegno più alto del dovuto. Ora l’Inps deve riprendersi questi soldi in più: lo farà retroattivamente, in un unico prelievo.
Di quanto stiamo parlando? Non moltissimo: si calcola che il taglio valga all’incirca 170 euro l’anno per le pensioni di poco superiori ai duemila euro al mese. Soldi che, per le casse pubbliche, dovrebbero tradursi in un risparmio di 3,6 miliardi entro il 2021.
A livello tecnico la questione non presenta incertezze: il problema è politico. Il governo infatti non ha alcuna intenzione di adottare una misura così impopolare prima delle elezioni europee, in calendario per il 26 maggio.
Sennonché, “più si ritarda, più alto sarà il conguaglio”, come fanno notare Tommaso Nannicini e Chiara Gribaudo, i due parlamentari del Pd che sull’argomento hanno presentato un’interrogazione parlamentare urgente.
Intanto, Pasquale Tridico è stato nominato commissario dell’Inps, mentre Adriano Morrone sarà sub-commissario. Il decreto di nomina è stato firmato oggi dal ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, e dal ministro dell’Economia, Giovanni Tria.