Nel 2023 secondo le ultime stime di Svimez, il Sud Italia è cresciuto più della media nazionale, cosa che non accadeva da 9 anni. Numeri alla mano, lo scorso anno il Pil del Mezzogiorno è salito dell’1,3% contro lo 0,9% nazionale. Il merito? Degli investimenti del Pnrr. Ma, avverte il direttore Bianchi, “con l’autonomia differenziata non avremmo avuto questa crescita”.
Nel 2023 crescita boom del mezzo, bene anche l’occupazione
La Svimez segnala che “il Sud non cresceva più del resto del Paese dal 2015 (+1,4% contro il +0,6% del Centro-Nord). E invece nel 2023 quel +1,3% si confronta con il +1% registrato nel Nord Ovest, con il +0,9% del Nord Est e con il +0,4% del Centro che resta indietro rispetto alle altre zone del Paese.
Positivo per il Sud anche il dato relativo alla dinamica occupazionale, con gli occupati che nel Mezzogiorno sono aumentati del +2,6% su base annua, più che nelle altre macro-aree e a fronte di una media nazionale del +1,8%.
“Non si tratta di un anno isolato – sottolinea Luca Bianchi, direttore della Svimez – dal Covid in poi il Sud si è allineato al Centro-Nord e questo è dovuto al fatto che c’è stata una risposta alla crisi diversa dalle precedenti, all’insegna di politiche espansive e non dell’austerity”.
Svimez: crescita trainata dal Pnrr
La crescita più accentuata del Pil meridionale è stata sostenuta soprattutto dalle costruzioni (+4,5%, quasi un punto percentuale in più della media del Centro-Nord), a fronte di una più contenuta contrazione del comparto industriale (-0,5%) e di una crescita dei servizi dell’1,8%. La spinta è arrivata soprattutto dagli invesimenti pubblici che nel 2023 sono cresciuti del 16,8% al Sud, contro il +7,2% del Centro-Nord. Nel complesso delle regioni meridionali gli investimenti in opere pubbliche sono passati da 8,7 a 13 miliardi tra il 2022 e il 2023 (+50,1% contro il +37,6% nel Centro-Nord).
“Una dinamica su cui hanno giocato un ruolo fondamentale gli investimenti del Pnrr – spiega Bianchi – e l’accelerazione della spesa dei fondi europei di coesione – Questo dimostra che il potenziale di crescita del Mezzogiorno può essere riattivato e che le politiche di investimento servono, soprattutto se gli interventi vengono collocati all’interno di una strategia nazionale o ancora meglio europea. È una logica opposta a quella dell’autonomia differenziata che indebolisce la capacità competitiva del Paese”.
Svimez: la classifica delle regioni, Sicilia in vetta
È la Sicilia la Regione del Sud Italia che è cresciuta di più nel 2023. Secondo i dati Svimez, l’economia della Trinacria ha fatto registrare il +2,2%. Un risultato sul quale “hanno influito dinamiche ancor più favorevoli che nel resto del Mezzogiorno delle opere pubbliche (+60,4%) e più in generale degli investimenti pubblici (+26%); anche l’industria è cresciuta significativamente (+3,4%), arrestando una tendenza di medio periodo alla deindustrializzazione”. Crescita sostenuta anche in Abruzzo, Molise (+1,4%), Campania (1,3%) e Calabria (1,2%), mentre risulta più contenuto l’aumento del Pil in Basilicata (+0,9%) e Puglia (+0,7%). La Sardegna ha infine registrato una crescita pari a +1%.
Sul Nord pesa invece il rallentamento dell’industria, con Svimez che sottolinea in particolare il dato della Lombardia (+0,9%), influenzato dal calo registrato nel comparto industriale (-2,5%), uno dei più forti tra le regioni centro-settentrionali, sul quale ha inciso il dato deludente dell’export (+1,2%). Anche l’Emilia-Romagna (+0,6%), ha subìto la frenata del commercio estero per effetto del rallentamento dell’economia tedesca, in stagnazione nel 2023.
Bianchi: “Con l’autonomia differenziata crescita inferiore”
“Con l’autonomia differenziata probabilmente non avremmo avuto una crescita così sostenuta“, ha detto il direttore di Swimez, evidenziando che “il Sud ha bisogno di investimenti e di una politica coordinata a livello nazionale, se non addirittura a livello europeo come per il Pnrr”. L’autonomia, frammentando le politiche pubbliche, “porterà un progressivo disinvestimento nelle regioni del Mezzogiorno, deprivando dal potenziale di crescita il Sud e aumentando la dipendenza dell’economica del Nord dalla Germania”.
La crescita del centro e del Nord
Mentre il Sud avanzava a spron battuto, la dinamica del Pil è stata debole nelle regioni del Centro (+0,4%), cresciute meno della metà della media nazionale. Il motivo? Un calo del valore aggiunto industriale più che doppio rispetto alla media nazionale (-2,6%; -1,1% il dato Italia) e una crescita dei servizi che si è fermata al +1,1% (+1,6% la media nazionale, +1,8% il Sud), che hanno sterilizzato la buona dinamica delle costruzioni (+6,2%).
Nel Nord-Ovest la crescita del Pil, pari all’1%, è stata invece condizionata dal calo del valore aggiunto industriale (-1,4%) e dalla crescita molto più contenuta della media nazionale delle costruzioni (+2,5%). Nel Nord-Est, è stata soprattutto la dinamica piatta del valore aggiunto industriale a contenere la crescita del Pil al +0,9%.