Il nome sembra quasi un vezzeggiativo con quella desinenza che richiama per assonanza le atmosfere agresti delle villanelle campagnole. Eppure nonostante siano state fatte diverse ricerche storiche, perché le sue origini si perdono nella notte dei tempi, nessuno è riuscito a individuarne le ragioni etimologiche. Di certo quando si parla di questa prelibatezza gastronomica viterbese si parla della storia gloriosa di Viterbo. Ma qualcuno azzarda e va anche oltre.
Perché in realtà questa prelibatezza Viterbese risalirebbe addirittura ai tempi degli Etruschi. Nessuno sa perché sia stata chiamata così e da chi sia stata chiamata così. Per trovare le prime testimonianze di questo misterioso nome bisogna arrivare alla fine dell’800, ci sono riusciti gli storici delle tradizioni popolari che hanno interrogato gli anziani delle campagne e anche di Viterbo stessa sollecitando la loro memoria e quella dei loro padri.
Parliamo della Susianella, nome leggiadro e delicato per un salume dalle caratteristiche molto decise, dal gusto indubbiamente intenso ma molto intrigante, soprattutto un salame assolutamente atipico rispetto agli altri insaccati perché la Susianella di Viterbo, al di là del suo nome carezzevole e aggraziato in realtà è confezionata con gli scarti della lavorazione del maiale, la corata ovvero la lingua il cuore il fegato, il pancreas illeggiadrita da tagli di carne generici, magro di spalla, guanciale e pancetta e condita con finocchietto e spezie.
E’ proprio questo uso delle frattaglie che ha spinto qualcuno a cercare quarti di nobiltà per questo insaccato di materia povera richiamandosi agli Etruschi.
Secondo una scuola di pensiero infatti i Rasenna popolo Etrusco che occupava larga parte della Toscana, dell’alto Lazio e dell’Umbria aveva un ottimo rapporto con la tavola e con il vino, come rivelano le loro tombe, e avevano, maturato la capacità di essiccare le cosce di maiale salandole e per mantenerle a lungo nel tempo, anticipando di secoli in un certo qual senso l’avvento del prosciutto, così come avrebbero usato cuocere le frattaglie degli animali e conservarle cosa che può richiamare alla lontana quelli che poi, successivamente, diventeranno i salami.
Ma molto più credibile è la tesi che farebbe risalire la nascita della Susianella al medioevo.
Il cibo povero ma saporito dei pellegrini della Francigena
Viterbo si trovava sulla rotta della via Francigena, la via Sacra dei Pellegrini che dal nord d’Europa e d’Italia attraversavano lo stivale per raggiungere il papato a Roma e ottenere benedizioni e indulgenze. La cittadina che era allora ancora Castrum Viterbi per accogliere i pellegrini costruisce una Chiesa e poi anche un ospedale. Questo porta molta ricchezza alla città che può così permettersi di costruire una cinta muraria e diventa poi diventa Viterbo. Sorgono nuovi quartieri, nuove locande nuovi palazzi per i pellegrini.
Addirittura vi soggiornò Federico Barbarossa che concede alla città privilegi e il vessillo imperiale. Oltre un secolo dopo vi si rifugiò Alessandro IV, che fuggito da Roma stabilì qui la sua sede. Insomma la città visse un periodo molto florido di pellegrini, viaggiatori, commercianti, notabili tutti con loro seguito di guardie, scudieri, portantini, servitori. Che certo, non avevano accesso ai ricchi pranzi che si tenevano ai piani alti dei palazzi, ma potevano ben contare sugli avanzi delle ricche nobili libagioni. E con gli avanzi della Corata si industriarono su come rendere saporite quelle frattaglie aiutandosi con spezie ed erbe che nascondessero il sapore un po’ forte delle carni. Nacque così la Susianella che aveva forma di ferro di cavallo per essere più agevolmente portata appresso durante i viaggi. Un po’ quello che successe a Roma con uno dei piatti tipici della cucina ebraico-romanesca, la Pajata, formata dalle interiora dei vitelle macellate per il clero e la nobiltà papalina, che la popolazione ebraica tenuta in povertà assoluta recuperava dagli scarti.
La Susaniella ebbe notevole fortuna, a tal punto che è arrivata fino ai tempi nostri anche se quasi di nascosto dal momento che non si trovano testimonianze nei libri dei gastronomi dell’epoca, né, come accade sovente, nelle note di approvvigionamento di conventi e case private.
La riscoperta con Slow Food di sapori d’altri tempi
Purtroppo questa preziosa testimonianza di storia gastronomica stava scomparendo oscurata dai salami di fegato, più commerciali, e dai salami tradizionali dal gusto più delicato. Il gusto deciso della Susianella, che è stato il suo fattore di successo nei secoli scorsi prima è stato poi penalizzante in tempi moderni quando i palati hanno iniziato a raffinarsi e ad omologarsi, appiattendosi gustativamente alle produzioni commerciali.
Si deve a pochi appassionati se in tempi recenti su questo storico prodotto del mangiare plebeo si è nuovamente alzato il sipario. Fra questi è da annoverare il fiduciario slow food di Viterbo Patrizio Mastrogola e Mauro Stefanoni titolare di una delle tre aziende che si sono battute nel tempo per salvaguardare questa produzione di qualità.
Alcuni campioni di Susianella vennero portati a Bra, allo Slow Food e gli esperti ne hanno apprezzato talmente il sapore e il valore da inserire il salume nell’arca dei Presidi Slow Food. E di pari passo si è riacceso l’interesse di gourmet e Chef per questo eccellente insaccato.
A protezione e salvaguardia della sua originalità è stato delineato un disciplinare di produzione che prevede che I suini destinati alla macellazione devono avere un’età non inferiore a 12 mesi, ed un peso vivo non inferiore a 130kg. Sia il trasporto che la macellazione devono attenersi a pratiche adeguate al rispetto del benessere animale. La macellazione deve avvenire in macelli pubblici o autorizzati, il più vicino possibile al luogo di trasformazione.
Se un tempo per motivi di salubrità e conservazione la Susianella si produceva unicamente nel periodo invernale ora con il disciplinare consente di produrre la Susianella anche in altri mesi dell’anno o fin quando sussistano le necessarie condizioni atmosferiche, evitando di lavorare in periodi caratterizzati da temperature elevate.
E arriviamo alla composizione: “per prima cosa – detta il disciplinare – vengono scelte le carni di suino da utilizzare; in particolare vengono usati: magro di spalla, pancetta, guanciale, altri generici tagli di carne e corata, che comprende la lingua, il cuore e il fegato. Tutte queste carni vengono triturate meccanicamente a grana media. Le percentuali indicative delle varie carni sono: rapporto grasso/magro 70/80%, corata 20/30%. Successivamente si aggiunge alle carni la concia costituita da sale, pepe, peperoncino, fiori e semi di finocchio. Si impasta la concia con le carni fino a rendere la massa omogenea e pronta per l’insaccatura. L’insacco avviene in budello naturale bovino, chiamato budello torto di bue”.
Le dimensioni variano dai 30 ai 50 cm di lunghezza con un peso che oscilla tra i 300 e i 500 grammi secondo la stagionatura.
Dopo una breve asciugatura, le Susianelle sono trasferite in ambienti freschi e asciutti per una stagionatura che si protrae da un minimo 20 giorni fino ai sei mesi.
“Il Presidio – spiegano con orgoglio alla salumeria Sesto Coccia, oggi retta dalle tre nipoti del fondatore, che continuano a produrre lo storico insaccato secondo tutti i crismi e che l’hanno esportato anche all’estero – nasce per preservare la piccola produzione attuale di Susianella ma vuole coinvolgere in questo progetto altri norcini che oggi hanno abbandonato questa tradizione oppure hanno in parte snaturato la ricetta tradizionale del salume, togliendo quelle caratteristiche peculiari che lo caratterizzano e rendendolo più simile a un comune salame.
Solo se questi norcini riprenderanno la produzione storica, la Susianella potrà essere definitivamente salvata dal rischio di estinzione.
Ma il Presidio dovrà anche fare opera di educazione dei consumatori, per riportare in auge un sapore che si distoglie dalla omologazione imperante, facendolo apprezzare in primis a quei ristoratori e operatori del settore attenti alle produzioni locali di qualità”.
Nome di sicuro riferimento per la Susianella oltre alle tre sorelle del salumificio Coccia è quello di Mauro, Massimo e Piero Stefanoni, tre fratelli norcini che hanno un agriturismo nella campagna a nord di Viterbo in prima fila – come si è detto – nella battaglia per il recupero della Susianella secondo l’antica ricetta. Come per tutti i salumi prodotti dall’azienda gli Stefanoni curano l’intera filiera, dall’allevamento dei maiali (con un centinaio di scrofe fattrici) alla coltivazione del foraggio per l’alimentazione dei suini (orzo e mais no ogm), che compongono il pastone insieme a cruscello, farinaccio e soia.
Mauro Stefanoni tiene a sottolineare l’unicità della Susianella: “A differenza dei salumi tradizionali – dice – la Susaniella proprio perché formata da diverse componenti con differenti qualità organolettiche, non è la mai la stessa, fa sentire nel tempo ora un gusto ora un altro. E questa ricchezza di sensazioni non la troverete in nessun altro salume. Se la si mangia alla stagionatura minima dei due mesi si sente un sapore di selvatico, si avverte il finocchietto, si avverte moderatamente la parte grassa della pancetta e del guanciale. Poi via via il gusto cambia, a 8 mesi la parte grassa si attenua ed esce casomai con più vigoria il fegato e sapori di sottobosco ma in bocca tutti questi sapori si organizzano in sentori ben equilibrati e il peperoncino dà una sensazione di freschezza”.
Infine c’è da citare per livelli qualitativi un terzo produttore della zona, l’Agriturismo Il Casaletto che macella maiali propri lasciati liberi di muoversi nel pascolo, dove hanno anche un boschetto dove ripararsi, o tornare a rifugi più strutturati dove li aspetta un’integrazione di cibo fatto di mangimi selezionati.
C’è da chiedersi come sia stato possibile che la Susianella, con queste caratteristiche che oggi la rendono prelibata sulla tavola dei gourmet tanto più perché non è di facile reperibilità, abbia attraversato i secoli senza avere diritto di ingresso in uno dei tanti autorevoli libri di cucina che hanno cadenzato la storia della gastronomia italiana. Misteri di un Paese che è così ricco di tanti patrimoni alimentari che può permettersi il lusso di dimenticarsene qualcuno, nonostante la sua importanza storica, strada facendo.
Azienda Agricola F.lli Stefanoni
s.s. Cassia Nord, km 89,700
01100 Viterbo
tel. 0761 250425 cell: 338 6755058
stefanonifratelli@libero.it
Salumificio Coccia Sesto
Via Lega dei Dodici Popoli, 7D
01100 Viterbo VT
Tel. 0761 250879
www.salumificiococcia.it
Agriturismo Il Casaletto
Strada Grottana, 9
Grotte Santo Stefano (VT)
Tel: +39 0761-367077
cell: +39 338-9760016
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