Fritto, croccante e dal cuore filante. Il supplì è un’icona dello street food classico romano, perfetto per una golosa merenda durante un giro in città, per un pranzo veloce o per iniziare la cena in pizzeria. Perché Roma non c’è pizza senza supplì. Eppure, il re dei fritti della tradizione culinaria capitolina è tanto famoso dentro i confini dell’Urbe quanto sconosciuto fuori. Rispetto a piatti come i tonnarelli cacio e pepe, la carbonara o la trippa, il supplì è rimasto un “diamante grezzo” della tradizione culinaria capitolina rispetto al suo più grande competitor: l’arancino (o arancina) siciliano. Ecco la storia e la ricetta del supplì al telefono.
La storia del supplì: dalla Sicilia a Roma passando per Napoli
La storia del supplì varca confini, culture e dominazioni. Per indagare le origini del supplì dobbiamo tornare alla dominazione araba nel Regno di Sicilia, (tra il IX e l’XI secolo) quando gli arabi introdussero per la prima volta il riso nel nostro paese. Qualche secolo dopo, le tradizioni culinarie del Regno di Sicilia – dove già da tempo venivano preparate gustose crocchette di riso (gli antenati degli arancini) – furono introdotte dai Borbone nel Regno di Napoli, dove queste polpette fritte venivano chiamate “pall ‘e ris”, la palla di riso.
Da Napoli come è arrivato il supplì a Roma? Nei primi dell’800, con l’arrivo nella Capitale delle truppe di Napoleone: fu proprio un soldato francese che, assaggiando questa crocchetta la denominò “surprise”, cioè “sorpresa”, in quanto aprendola svelava al suo interno un gustoso ripieno. Il termine supplì probabilmente deriva proprio dall’italianizzazione del francese surprise.
Supplì al telefono: una ricetta che si è evoluta nel tempo
Questa specialità, come spesso accade per le ricette tradizionali, nasce come piatto povero. Infatti, il ripieno era costituito dagli avanzi in cucina, come il pollo, il ragù, e solo in un secondo momento è diventato un piatto specifico con l’aggiunta di tanti altri ingredienti che la tradizione romana mette in tavola. Ma vediamo la sua evoluzione nel tempo.
La prima testimonianza scritta risale al 1874 quando appare nel menu della Trattoria della Lepre a Roma con il nome “la soplis” (al femminile). Tra i primi ricettari in cui appare il “supplis”, troviamo “La cucina di famiglia di Adolfo Giaquinto (zio di Ada Boni) risalente al 1901 e rieditato nel 1917, in cui sono presenti due versioni del supplì:
- Con ripieno di provatura: un formaggio di pasta filata laziale, simile alla mozzarella e alla provola.
- Con ripieno di carne: prosciutto, magro di vitello o pollo, animelle, fegato e altre rigaglie (oggi invece si preferisce preparare il ragù con carne macinata per dare un sapore più delicato)
In queste ricette non c’era ancora il sugo, giusto per il ripieno.
Bisogna aspettare la pubblicazione de “La cucina romana” di Ada Boni, nel 1929, per trovare una ricetta del supplì simile a quella di oggi: una crocchetta ottenuta cuocendo del riso in un po’ di sugo di umido e condito con burro, parmigiano e uova. La crocchetta di riso (e non risotto) della Boni non contiene ancora il ripieno di mozzarella filante, ma un insieme di rigaglie.
Ma per arrivare al fritto romano come lo conosciamo oggi dobbiamo aspettare il secondo dopoguerra. Quando la ricetta del supplì verrà messa a punto nel corso degli anni da diversi cuochi e ristoratori, tra cui Giggi Fazi, che negli anni ‘50 lo proponeva nella sua Hostaria Romana: una crocchetta a base di risotto cotto nel pomodoro insieme alla carne.
Differenze tra supplì e arancini
Seppur molti li confondono, le differenze che li dividono sono numerose. Il fritto romano ha la forma di una polpetta allungata, è fatto esclusivamente con riso al ragù di carne e ha un cuore di mozzarella filante a cui deve il suo nome completo “supplì al telefono”: infatti al primo morso il filo di mozzarella si allunga ricordando proprio i fili del telefono di una volta quando non esisteva ancora il wireless.
L’arancino, invece, è più grande, e può avere svariate farciture. Un’altra differenza sostanziale è l’impanatura: i supplì vengono immersi nell’uovo per trattenere il pangrattato prima di essere fritti, mentre per gli arancini viene utilizzata la pastella.
Varianti: tutta la romanità in un fritto
Negli ultimi anni diverse pizzerie e friggitorie romane hanno iniziato a proporre le più svariate combinazioni di sapori all’interno del supplì, a partire dai must della tradizione culinaria capitolina: il supplì cacio e pepe (pecorino romano e pepe); alla carbonara (uova, guanciale e pecorino romano e pepe), alla gricia (pecorino romano, guanciale e pepe) alla amatriciana (pecorino romano, guanciale, pepe e pomodoro) fino ad arrivare al supplì con la trippa romana. Ma nel fritto di riso si può mettere di tutto: provola e porcini, nduja, zucca e così via. Queste nuove interpretazioni del tradizionale supplì si stanno affermando come nuove pietanze tipiche della cucina capitolina.
Ricetta tradizionale del supplì al telefono
Ingredienti per 3 Persone
- 100 grammi di riso (meglio se superfino per risotti)
- 75 grammi di passata di pomodoro
- 40 grammi di carne macinata
- 1/4 bicchiere di vino
- sale
- pepe nero
- 1/2 mozzarella
- Pangrattato
- Olio per friggere
- Brodo vegetale/acqua calda
- 1 uovo
Procedimento
Iniziare dal ragù a base di carne macinata, vino rosso e passata di pomodoro. Cuocere il riso direttamente nel ragù e allungarlo con brodo vegetale o acqua calda. A questo punto, far ritirare tutto il liquido di cottura (o scolarlo se troppo) prima di trasferire il riso in una ciotola e farlo raffreddare per bene dopo averlo aggiustato di sale e pepe nero.
Sbattere le uova e tagliare la mozzarella dadini e farla sgocciolare. Prendere una manciata di riso con le mani unte e adagiare al centro due dadini di mozzarella (ben asciutta) richiudendo in modo tale da dare una forma ovale al supplì.
Passare poi i supplì prima nell’uovo poi nel pangrattato facendo attenzione a non farlo rompere.
Scaldare benissimo l’olio e cuocere i supplì fin quando non risultano abbastanza dorati all’esterno. Scolarli e servirli caldi per avere l’effetto “telefono”. Per una frittura croccante e dorata si consiglia di usare una padella abbastanza capiente e alta e la temperatura dell’olio di frittura non deve superare i 170°. Infine, mai salare i supplì in superficie prima di friggerli perché il sale rilascia acqua che potrebbe condizionare la buona riuscita