Il Superbonus e il bonus facciate sono costati allo Stato oltre 170 miliardi di euro tra il 2021 e il 2023, pari a circa tre punti percentuali del Pil annuo. Sorprendentemente, un quarto di questa cifra, ben 45 miliardi di euro, è stato sprecato: quegli investimenti edilizi si sarebbero realizzati comunque, senza alcun bisogno di incentivi pubblici. Questa “perdita secca”, mai prima quantificata, è ora certificato per la prima volta da Bankitalia. Non solo. Secondo Via Nazionale la misura non si è autofinanziata. Le entrate fiscali generate dai bonus sono state significativamente inferiori al loro costo, aumentando ulteriormente il debito pubblico che verrà rimborsato in futuro.
La crisi edilizia e i bonus del 2020 per la ripresa
Durante gli anni 2010, il settore delle costruzioni in Italia ha affrontato una grave crisi a causa di fattori strutturali e ciclici, comprese la crisi finanziaria globale e quella del debito sovrano. Gli investimenti nelle abitazioni hanno subito una significativa contrazione, riflesso della fragilità del settore immobiliare dovuta alla diminuzione demografica e alla crescita economica lenta.
La pandemia da Covid-19 ha accentuato questa crisi, con un forte calo degli investimenti nel secondo trimestre del 2020. Tuttavia, l’introduzione del bonus facciate, che offriva fino al 90% di detrazione fiscale per il recupero delle facciate esterne, e del Superbonus 110%, che permetteva detrazioni fino al 110% per miglioramenti energetici e strutturali, ha stimolato una rapida ripresa. Questi incentivi hanno permesso ai beneficiari di scegliere tra lo sconto diretto in fattura e la cessione dei crediti d’imposta, incentivando investimenti significativi nel settore delle costruzioni.
Tuttavia, secondo Bankitalia, sebbene i bonus abbiano svolto un ruolo cruciale nel rilancio del settore, hanno comportato un elevato costo per le finanze pubbliche, senza generare entrate fiscali sufficienti per coprirne i costi.
Superbonus e bonus facciate: l’impatto su investimenti e Pil
Per esaminare l’impatto economico dei due crediti di imposta, i ricercatori di Palazzo Koch hanno utilizzato il metodo del controllo sintetico, una variante dell’approccio delle differenze-in-differenze. Hanno creato un gruppo di controllo sintetico composto da paesi che non hanno ricevuto l’incentivo, mirando a riprodurre le caratteristiche dell’unità trattata nel periodo precedente all’intervento. Confrontando l’andamento successivo degli investimenti per abitante in termini reali tra il gruppo di controllo sintetico e l’Italia, hanno stimato l’effetto del trattamento.
Superbonus e bonus facciate hanno sicuramente incentivato entrambi, ma non al punto di autofinanziarsi. Alla fine del 2023, gli investimenti immobiliari pro capite in termini reali erano superiori del 67% rispetto a un “gruppo di controllo” di Paesi europei comparabili che non avevano adottato programmi simili. Tuttavia, un quarto di questi investimenti sarebbe stato realizzato comunque. Solo il 73% era veramente aggiuntivo.
La spinta al Pil non è stata completa. Il moltiplicatore fiscale è leggermente inferiore a uno, il che significa che il rapporto tra il Pil generato dai bonus e il loro costo non era paritario. Ogni euro di spesa pubblica ha prodotto meno di un euro di entrate fiscali. Il moltiplicatore più basso è coerente con la “perdita secca”, ovvero il finanziamento quasi gratuito di ristrutturazioni che sarebbero state fatte comunque. Così, se il Pil dell’Italia è cresciuto del 13,5% tra il 2021 e il 2023, i due bonus edilizi sono responsabili di circa 2,6-3,4 punti, circa un punto di Pil all’anno contro tre di costo.
Incentivi troppo generosi
Bankitalia conferma che Superbonus e bonus facciate hanno contribuito per tre quarti alla crescita del valore aggiunto nel settore edile. Al contrario, altri settori hanno mostrato una ripresa più moderata. Viene comunque sottolineato che l’analisi effettuata non consente una valutazione completa del programma. Gli economisti hanno limitato l’indagine agli investimenti addizionali e al Pil, trascurando l’impatto ambientale e l’efficienza energetica degli edifici, la sicurezza antisismica, la trasferibilità dei crediti di imposta e l’effetto sui prezzi dell’edilizia. Tuttavia, è possibile che alcune delle problematiche non prese in esame da Bankitalia potrebbero aver avuto conseguenze negative, creando incertezza tra i beneficiari delle sovvenzioni e implicazioni per il bilancio pubblico.
La conclusione è chiara: incentivi troppo generosi, senza limiti di reddito e con aliquote elevate che implicavano costi nulli o minimi grazie alla cessione del credito e allo sconto in fattura.
Una situazione fuori controllo: la critica di Bankitalia
Durante la pandemia del 2020, le decisioni relative ai bonus sono state prese in condizioni non ottimali, mancando un processo decisionale ponderato. Tuttavia, Bankitalia critica aspramente la gestione successiva, accusando normative troppo ampie e persistenti fino allo stop quasi definitivo di aprile.
Questo ha portato quello che è stato definito “il più grande stimolo fiscale per il settore delle costruzioni introdotto in tutta l’Ue negli ultimi due decenni” ad uscire di controllo, con conseguenze devastanti sul deficit e sul debito pubblico, le cui ripercussioni si faranno sentire per anni.