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Suning nei guai e per l’Inter c’è nebbia sul futuro

Imagoeconomica

Non tira una bella aria sul futuro dell’Inter, e lo si era capito già dalle circostanze dell’addio dell’allenatore Antonio Conte. Nonostante un 2021 trionfale con la vittoria dello scudetto e nonostante il prestito ponte da 260 milioni garantito dal fondo Oaktree, il club di proprietà del gruppo cinese Suning continua infatti a navigare in acque torbide. Intanto, il maxi prestito ottenuto (che dovrà essere rimborsato entro tre anni) dà sicuramente una boccata d’ossigeno ai conti e garantisce il pagamento quanto meno di stipendi, premi e costi di gestione, ma in compenso il 30% della cifra finirà in mano alla banca creditrice Lion Rock e in ogni caso non rimarrebbe nulla per il mercato, che andrebbe così autofinanziato. Con quali soldi?

Non è dato saperlo, e le premesse sono tutt’altro che rosee visto che il titolo Suning Group è stato sospeso alla Borsa cinese di Shenzhen e soprattutto il 5,8% del capitale in mano alla famiglia Zhang, che dal 2016 è proprietaria del 70% dell’Inter, è stato congelato dopo che nella seduta di martedì 15 giugno le azioni erano crollate del 10%, il record di sempre in una singola seduta sull’indice di Shenzhen. La decisione è stata presa dopo che un Tribunale di Pechino ha disposto il congelamento di oltre un quarto delle azioni del fondatore Zhang Jindong. Suning è dunque in gravi difficoltà finanziarie (da inizio anno il titolo ha perso quasi il 30%) e sta preoccupando non poco le autorità e gli investitori del suo Paese, che tengono sotto strettissima osservazione il conglomerato di cui fa parte, insieme al gruppo immobiliare Evergrande e all’asset management Huarong.

Se dall’Italia la vicenda di Suning interessa quasi solo dal punto di vista calcistico, per la Cina invece si tratta di un vera e propria bomba a orologeria: gli Zhang, che da anni ricevono miliardi di dollari di sovvenzioni statali, sono anche proprietari della catena di supermercati Carrefour in territorio cinese e detengono una partecipazione anche nel gigante dell’e-commerce Alibaba. Secondo S&P, il debito della società ammontava a oltre 6,6 miliardi di dollari alla fine del terzo trimestre dello scorso anno, con circa due terzi in obbligazioni a breve termine. Il Covid ha peggiorato le cose, perché il business online non ha dato i risultati sperati e Suning, che nasce come commerciante di elettrodomestici, ha pagato a caro prezzo il calo di vendite nei negozi fisici.

Tornando a questioni più profane, cosa significa tutto questo per l’Inter? Un ridimensionamento del progetto era già stato ampiamente messo in conto, tant’è vero che è proprio per quel motivo che Conte ha dato l’addio e che il club ha ripiegato su un allenatore giovane e con meno pretese, Simone Inzaghi. Che non a caso sul mercato finora ha chiesto solo due suoi fedelissimi low cost: il veterano Stefan Radu e l’attaccante che alla Lazio faceva panchina Felipe Caicedo. Il primo sarebbe libero a parametro zero, mentre per il secondo basterebbero in teoria pochi milioni di euro, anche se il presidente biancoceleste Claudio Lotito si sta impuntando e per dispetto potrebbe negare il ricongiungimento dei due con l’ex allenatore.

Come se non bastasse, sull’Inter si è abbattuta pure la tegola dello sponsor principale, quello che appare sulle maglie da gioco: il 30 giugno scade il contratto con Pirelli dopo un sodalizio durato 26 anni. E salvo sorprese dell’ultimo momento non sarà rinnovato. Il nuovo sponsor dovrebbe arrivare dai Paesi arabi, con un impegno che l’Inter vorrebbe chiudere per non meno di 30 milioni. Soldi utili, ma che difficilmente basteranno per un progetto di vertice.

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