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Sul Recovery Fund l’Italia non può sbagliare

FIRSTonline

Un nuovo rapporto fra governo e regioni, più due impegni da assumere – su base volontaria – nei confronti della Commissione europea. Questi i suggerimenti che gli economisti Marco Buti e Marcello Messori propongono alla politica italiana in un articolo pubblicato sul sito della “School of European Political Economy” (Sep) dell’Università Luiss di Roma. Il testo, dal titolo “Questa volta l’Italia non può sbagliare”, parla di come il nostro Paese dovrà gestire la pioggia di miliardi in arrivo dall’Europa. E dà quattro consigli di metodo.  

Innanzitutto, Buti, capo di gabinetto del Commissario europeo agli affari economici, e Messori, direttore della Sep e professore ordinario di economia alla Luiss, affermano che la strategia alla base dei progetti operativi non dovrà considerare “le iniziative che i vari ministeri o le singole regioni hanno nel cassetto oppure che elaborano indipendentemente l’uno dall’altro”, perché “i passati e ripetuti fallimenti che hanno caratterizzato l’utilizzazione dei fondi strutturali da parte dell’Italia dovrebbero rappresentare un’utile guida in negativo rispetto agli errori che vanno evitati”.

Questo però non significa “che il governo italiano possa accentrare tutte le analisi e le decisioni senza avvalersi dei contributi degli attori economico-sociali – proseguono Buti e Messori – Il governo dovrebbe fungere da collettore, coordinatore e selettore anche delle esigenze elaborate da istituzioni e da corpi intermedi che non agiscano come meri portatori di istanze settoriali o particolaristiche”.

Il terzo e il quarto suggerimento riguardano invece una fase successiva, quella in cui l’Italia dovrà definire i dettagli operativi dei singoli progetti selezionati: “Nel proporre le relative allocazioni delle risorse europee entro il 2023 – si legge ancora nell’articolo – l’Italia rafforzerebbe la sua credibilità nei confronti delle istituzioni europee e dei partner comunitari assumendo, su base volontaria, due irreversibili impegni nei confronti della Commissione: quello di scartare a priori tutte le iniziative operative che abbiano costi programmati superiori a un benchmark europeo per attività paragonabili; e quello di interrompere l’utilizzo dei fondi europei già stanziati per iniziative che, all’atto dell’effettiva esecuzione, sforino i costi programmati o non rispettino le scadenze temporali senza ragioni cogenti e straordinarie”.

Infine, Buti e Messori sottolineano che ormai i tempi sono strettissimi: “Se vuole attivare un’interazione informale con la Commissione prima dell’invio ufficiale entro la prima metà di ottobre 2020”, il governo italiano deve completare una prima versione del piano di riforme “già a metà settembre”, ma “per predisporre una versione articolata (pur se provvisoria) è necessario che il lavoro preparatorio subisca una drastica accelerazione quantitativa e qualitativa già nelle prossime settimane”. Insomma, non c’è un giorno da perdere.

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