Il reddito di cittadinanza ha un moltiplicatore sullo sviluppo del Sud pari ad un terzo di quello che avrebbe un investimento nei settori delle pubbliche utilities. La Svimez ha analizzato di nuovo lo stato dei servizi di pubblica utilità nelle Regioni meridionali concludendo che il divario Nord-Sud c’è e che le misure del governo sul reddito di cittadinanza avranno effetti differenziati.
Il Rapporto della storica struttura di analisi, presentato a Bari al meeting “Servizi idrici e ambientali nel Mezzogiorno: proposte di sviluppo” è concentrato sui servizi di pubblica utilità. Lo ha redatto insieme ad Utilitalia e ci offre uno spaccato interessante per capire su larga scala il livello di innovazione nei servizi essenziali. Il divario Nord-Sud influisce sulla qualità dei servizi erogati ai cittadini senza dubbio e le due Italie, che continuano a coesistere, sono ormai un problema per tutti. In particolare per quel che riguarda raccolta rifiuti, reti idriche, produzione di energia bisogna fare salti di qualità. La situazione non affatto ottimale si fa sentire sullo sviluppo delle imprese meridionali presenti in questi servizi.
La ricerca è datata 2016. Chiarisce che la produzione dei servizi realizzata da 245 aziende partecipate dagli Enti Locali, con sede nelle Regioni del Mezzogiorno, è esigua rispetto a quelle del Centro-Nord. Siamo davanti – spiega Svimez – al fatto che le imprese meridionali del settore sono troppo poche e spesso sottodimensionate economicamente. Un dato pressoché consolidato, nonostante le politiche di sgravi fiscali e gli incentivi pubblici. I numeri? La produzione per abitante dei servizi necessari al Sud è di circa 201 euro. Meno di un quarto di quella del resto del Paese, dove è di 972 euro per abitante.
Il trend è confermato anche dagli investimenti, laddove c’è la necessità di aumentarli. Come? Con quali strumenti? Svimez ha accertato poco più di 22 euro per abitante, contro gli oltre 124 nelle regioni del Centro e Nord Italia. Ma non mancano nemmeno differenze territoriali tra le Regioni. Puglia e Campania vengono messe a confronto certificando investimenti di oltre 44,6 euro per abitante nella regione adriatica, rispetto alla Campania ferma poco sopra i 13 euro. Un’analisi impietosa con i ricercatori che lanciano segnali di ottimismo. Hanno spiegato, infatti, che gli investimenti sono da rilanciare. Che le partecipate possono riappropriarsi di un ruolo strategico e fare la loro parte nella crescita di un Mezzogiorno trascurato.
Uno scenario, ci par di capire, ottimistico solo se si hanno volontà, strategie e mezzi. Soldi alla mano, l’effetto moltiplicatore sarebbe assicurato. Con un miliardo di investimenti aggiuntivi (il doppio di quanto è realizzato nel 2016) nella raccolta della spazzatura, nella gestione del ciclo dell’acqua e nel comparto energetico si avrebbe un incremento di produzione di quasi 900 milioni di euro. Il Pil aggiuntivo meridionale sarebbe di poco più di mezzo miliardo e il mercato del lavoro se ne avvantaggerebbe con 11mila posti di lavoro in più. Una prospettiva di medio periodo che coinvolge certamente anche gli enti locali partecipanti agli asset delle pubbliche utilities, ma può porre queste ultime davanti a scelte importanti sulla continuità o meno di gestire servizi fondamentali.