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Sud: in 25 anni persi 1,6 milioni di giovani

Lo sostiene uno studio di Confcommercio, spiegando che il calo demografico dovuto alla migrazione ha portato il Sud ad avere una crescita dell’occupazione quattro volte inferiore a quella della media italiana

Sud: in 25 anni persi 1,6 milioni di giovani

Negli ultimi 25 anni l’occupazione al Sud è cresciuta a un ritmo quattro volte inferiore rispetto alla media italiana: +4,1% contro +16,4%. Lo sostiene l’ufficio studi di Confcommercio in un’analisi sull’economia del Mezzogiorno dal 1995 al 2020.

Dal rapporto emerge inoltre che, nello stesso periodo, la quota di Pil italiano prodotta al Sud si è ridotta dal 24 al 22% e – secondo l’associazione – le ragioni principali sono due: la flessione della produttività e, appunto, quella degli occupati, dovuta a sua volta al calo dei residenti.

Nello stesso periodo, infatti, il peso del Sud si è ridotto anche in termini di popolazione (dal 36,3% al 33,8%), un fenomeno legato interamente alla migrazione dei giovani, che in un quarto di secolo si sono ridotti di un milione e seicentomila unità. L’equivalente della popolazione di Milano più quella di Trieste.

Quanto al Pil pro-capite, quello del Mezzogiorno è rimasto costantemente la metà di quello del Nord: nel 2020 il dato meridionale era pari a 18.200 euro, contro i 34.300 euro del Nord-Ovest e i 32.900 euro del Nord-Est.

Magra consolazione: l’anno scorso il Pil del Sud (-8,4%) è sceso meno di quello del Nord (-9,1%), perché il blocco delle attività produttive ha pesato meno sull’economia meridionale.

“Rilancio dell’economia, grazie ai vaccini, e piano nazionale di ripresa sono un’opportunità irripetibile per il nostro Mezzogiorno – commenta Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio – In particolare, le risorse del Pnrr destinate al Sud, circa 82 miliardi, permettono di sviluppare e innovare le infrastrutture di quest’area. E migliori infrastrutture significano anche migliore offerta turistica che è la straordinaria risorsa del meridione”.

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