Uno sciopero di nove settimane sembrerebbe aver messo in ginocchio la produzione di platino in Sud Africa. E’ quanto affermano i gestori delle miniere, secondo i quali i danni causati dalla mobilitazione sarebbero “irreparabili” e il costo per il settore raggiungerebbe il miliardo di dollari. Lo riporta oggi la Bbc.
I minatori di Anglo American Platinum, Lonmin e Impala Platinum protestano per le paghe troppo basse e chiedono un raddoppio dei salari. Ma le aziende in questione sostengono di non potersi permettere di soddisfare le richieste dei lavoratori.
“Le miniere e i pozzi stanno diventando impraticabili. La gente ha fame. I bambini non vanno più a scuola. Le attività commerciali stanno chiudendo e la criminalità cresce”, hanno dichiarato le società in un comunicato congiunto.
Il settore minerario avrebbe perso “circa 10 miliardi di rand (920 milioni di euro) di incassi”, hanno aggiunto.
I minatori – riporta la Bbc – sarebbero stati costretti a vendere il loro bestiame per compensare i loro salari, che – sommando le decine di migliaia di lavoratori – ammontano a 406 milioni di dollari.
Le imprese locali hanno registrato un forte calo del commercio e un gran numero di lavoratori migranti sono dovuti tornare a casa.
Il confronto tra i sindacati e i 3 principali produttori di platino è in stallo. I rappresentanti dei minatori chiedono l’aumento del salario minimo a 1155 dollari in un periodo di 4 anni. Anglo American Platinum ha dichiarato che questo rappresenterebbe un incremento annuale del 29%, un costo definito “insostenibile” dal gruppo. Le aziende si sono dette disponibili a trattare, ma “entro margini ragionevoli”.
Lo sciopero è il più grande dai tempi dell’Apartheid e ha colpito il 40% della produzione mondiale di platino.
Tutto accade mentre il Sud Africa vive un rallentamento della crescita economica, con un cittadino su quattro senza lavoro.
E le nubi all’orizzonte sono ancora più fosche. Le aziende del settore minerario hanno fatto sapere di aver intenzione di ristrutturarsi nel lungo termine e di procedere a dei tagli dei posti di lavoro in un’industria che impiega più di 100 mila persone.
“Purtroppo – hanno dichiarato le aziende – dato che l’industria va verso una sempre maggiore meccanizzazione e specializzazione, per avere più guadagni e più produttività, il numero dei lavoratori è destinato a scendere”.