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Stretta fiscale sulla crescita e fine del Superbonus: recessione in vista per le costruzioni secondo Ref Ricerche

Il rapporto congiunturale di Ref Ricerche: i contraccolpi della stretta fiscale sulla crescita con le maggiori incertezze che riguardano la tenuta della filiera delle costruzioni. Probabile una fase di recessione nonostante il recupero delle opere pubbliche ne attenui la contrazione

Stretta fiscale sulla crescita e fine del Superbonus: recessione in vista per le costruzioni secondo Ref Ricerche

Crescita a ritmi modesti per le economie dell’area euro dalla fine della pandemia in avanti. Quel che preme, tuttavia, è che secondo gli indicatori più recenti la congiuntura europea rimarrà debole anche nella seconda parte del 2024. La frenata – sottolinea il rapporto stilato da Ref Ricerche – rispecchia anche il percorso di normalizzazione delle politiche europee: quella monetaria è diventata restrittiva già dal 2022, ma ha da poco iniziato un nuovo ciclo di tagli dei tassi d’interesse; quella di bilancio vede molte economie impegnate nel sentiero di miglioramento dei conti, per cui si annuncia di segno restrittivo.

Rapporto Ref, i contraccolpi della stretta fiscale

La politica di bilancio italiana è ambiziosa – dice ancora il rapporto Ref – Il deficit pubblico, che fra il 2020 e il 2023 ha oscillato su valori elevatissimi, nell’ordine del 7-8% del Pil, è programmato scendere al di sotto della soglia del 3 per cento nel 2026, con gran parte del miglioramento che sarebbe stato già realizzato quest’anno.

Qualche contraccolpo della stretta fiscale sulla crescita appare quindi fisiologico: le maggiori incertezze riguardano la tenuta della filiera delle costruzioni, che probabilmente entrerà in una fase di recessione, nonostante il recupero delle opere pubbliche ne attenui la contrazione. La nuova governance europea dovrà reggere non solo alla prova della congiuntura, ma anche a quella dell’instabilità politica.

Ref, i rischi sul versante politico

I rischi sul versante politico pongono il tema della sostenibilità sul piano del consenso delle strategie di correzione dei conti annunciate da tutti i Governi europei. D’altra parte, le regole della nuova governance europea sono state approvate solo recentemente, e sarebbe stato impensabile un disallineamento dei Paesi dai vincoli che da queste derivano.

Tuttavia, non è altrettanto scontato che ex-post, nell’arco di uno-due anni, le traiettorie di rientro saranno realizzate, tenendo conto delle spinte dell’opinione pubblica verso i Governi. La posizione dell’Italia dal lato della politica di bilancio è segnata dagli obiettivi annunciati dal Governo che, rispetto alle richieste iniziali della Commissione, ha rivisto addirittura in senso migliorativo il percorso di aggiustamento dei saldi, annunciando l’intenzione di portare il deficit sotto il 3 per cento del Pil già nel 2026. Considerando che fra il 2020 e il 2023 il deficit pubblico italiano è rimasto su valori compresi fra il 7 e l’8 per cento del Pil, ne deriva che la correzione è notevole, e anche gli esiti sulla crescita presentano notevoli incertezze.

Ref, spesa pubblica e investimenti: cosa può succedere?

L’aggiustamento dei conti così repentino riflette il venir meno di misure di segno espansivo per loro natura di carattere transitorio, come gli interventi contro il caro energia e il Superbonus, oltre al fatto che durante gli ultimi tre anni l’aumento dell’inflazione ha portato ad un’erosione del valore reale di diverse voci della spesa pubblica. Nella politica annunciata dal Governo, le risorse vengono assorbite da due tipi di politiche, ovvero la conferma degli obiettivi sulla crescita degli investimenti pubblici e il rinnovo della riduzione del cuneo fiscale, che viene resa strutturale. Si tratta evidentemente di due misure che assorbono risorse significative, di fatto necessitando esse stesse di interventi almeno parziali di copertura, e lasciando quindi spazi limitati per supportare la crescita di altre voci della spesa pubblica. Il problema che ne deriva è l’effetto di compressione di diverse voci della spesa che vengono previste su livelli relativamente stabili, e quindi in contrazione in termini reali.

Di fatto, la politica di bilancio segue un orientamento restrittivo. Per questo, il punto fondamentale della previsione è rappresentato proprio dalla valutazione dell’impatto che il cambiamento della politica fiscale avrà sulla crescita dell’economia italiana. Il principale impulso negativo alla domanda sarà evidentemente quello legato alla fine del Superbonus, e agli effetti sulla filiera delle costruzioni. Sinora gli investimenti in costruzioni hanno retto, probabilmente anche perché parte degli investimenti finanziati con il 110 sono stati fatturati entro fine 2023 e completati quest’anno, e per effetto della fase di crescita degli investimenti pubblici legata all’avanzamento delle opere del Pnrr.

Tuttavia, sottolinea Ref, un contraccolpo dell’aggiustamento della politica di bilancio sulla domanda interna è del tutto fisiologico, e contribuirà a mantenere la crescita dell’economia italiana su ritmi contenuti. Va considerato che nel 2025, secondo i programmi annunciati dai Governi, tutti i Paesi europei adotteranno una politica di bilancio di segno restrittivo; non solo la Francia ha annunciato una manovra di ampia correzione del saldo, ma anche in Germania si punta a ridurre il deficit in misura significativa, nonostante questo sia già al di sotto del 3% del Pil.

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