Inquinamento processuale e depistaggio: finalmente – e proprio in coincidenza con l’anniversario della strage di Bologna – la commissione Giustizia del Senato ha avviato la discussione del disegno di legge (che già da quasi un anno ha avuto il via libera della Camera) che introduce nel codice penale il reato di inquinamento processuale e depistaggio.
Un iter lunghisimo ha caratterizzato questa proposta di legge, voluta e promossa da Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione delle vittime della strage della stazione di Bologna e deputato Pd. Approvata dalla Camera nel settembre dello scorso anno, era approdata al Senato e assegnata alla commissione Giustizia il 3 ottobre e qui era ormai ferma da 300 giorni. Finalmente venerdì la commissione Giustizia ne ha avviato l’esame.
E non a caso il presidente di turno della commissione, Casson, ha rimarcato come l’avvio della discussione del ddl sia “un atto di doverosa attenzione anche in considerazione dell’avvicinarsi – il prossimo 2 agosto –
dell’anniversario della strage di Bologna”.
Il disegno di legge, composto di un unico articolo, introduce all’art. 375 del codice penale, la nuova fattispecie delittuosa di inquinamento processuale. Si tratta di una fattispecie caratterizzata dal dolo specifico della finalità di impedire, ostacolare o sviare un’indagine o un processo penale, e integrata alternativamente da tre ipotesi di condotta:
1) la prima ipotesi consiste nel modificare artificiosamente il corpo del reato ovvero lo stato dei luoghi, delle cose o delle persone connessi al reato;
2) la seconda nel distruggere, sopprimere, occultare o rendere comunque inservibili, in tutto o in parte, un documento o un oggetto da impiegare come elemento di prova o comunque utile alla scoperta di un reato o al suo accertamento;
3) la terza nell’alterare artificiosamente, in tutto o in parte, i documenti o gli oggetti.
Sono previsti degli appesantimenti di pena:
1) per la prima ipotesi di condotta un aumento della pena da un terzo alla metà, se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio nell’esercizio delle funzioni, e
2) per la seconda ipotesi di condotta l’applicabilità della pena della reclusione da sei a dodici anni.