Durante questo periodo di emergenza sanitaria da Covid-19 che ci vede preoccupati ma anche più vicini, abbiamo pensato di pubblicare ogni giorno una lettura: momenti di #storia, di #società o pagine commentate dei grandi #classici della letteratura. Un modo semplice per riscoprire insieme la cultura perché #laculturanonsiferma per donare anche un solo attimo di bellezza e serenità nell’importanza di rispettare tutti #iorestoacasa. Grazie
L’Europa era prospera e in pace in quella radiosa mattinata di maggio in cui nove sovrani cavalcarono dietro al feretro di Edoardo VII d’Inghilterra, per rendergli gli estremi onori. Ma già in quel momento si approntavano i cannoni dell’agosto 1914 e il mondo si avvicinava a un punto senza ritorno.
In azzurro e scarlatto, in verde e in viola, a tre per tre, i sovrani a cavallo passarono i cancelli del palazzo di Buckingham, rutilanti di elmi piumati, di galloni d’oro, di sciarpe vermiglie, di ordini cavallereschi. Li seguivano cinque principi ereditari, quadrante e più altezze reali e imperiali, sette regine e un numero di ambasciatori e inviati straordinari di Paesi repubblicani. Tra teste coronate e alti dignitari, essi rappresentavano 70 nazioni nella più grande parata che si fosse mai vista e nell’ultima del suo genere.
I intocchi smorzati di Big Ben, l’orologio della torre di Westminster, battevano le nove mentre il corteo si preparava a lasciare il palazzo reale, ma all’orologio della storia era l’ora del tramonto e il sole del vecchio mondo calava in un ultimo sprazzo di luce, per non risorgere mai più.
Al centro della prima fila il nuovo re, Giorgio V. Gl8 stava alla destra un personaggio che, a detta di una nota apparsa sul Times “anche nei momenti più critici dei nostri rapporti, non ha mai perso la sua popolarità tra di noi” : Guglielmo II, Imperatore di Germania. Montato su cavallo grigio, vestito dell’uniforme scarlatta di un Maresciallo britannico, il Kaiser, aveva il viso, ornato dei celebri baffi all’insu, omposto di un’espressione di gravità quasi severa.
Guglielmo II era cugino del nuovo sovrano d’Inghilterra; ed era inoltre un uomo senza peli sulla lingua. Pochi giorni prima aveva detto a Theodore Roosevelt, inviato speciale degli Stati Uniti al funerale che Giorgio V era “ un gran bravo ragazzo di 45 anni” “ È un perfetto inglese e detesta tutti gli stranieri, ma io non ci faccio caso, fintanto che non detesta i tedeschi più degli altri.”
Ora, a fianco di re Giorgio, il Kaiser cavalcava sicuro di sé. Una volta aveva distribuito certe sue fotografie che portavano sopra la sua firma, il motto oracolare: “Attendo la mia ora.” Infine la sua ora era venuta: era il più potente monarca d’Europa. Era a Londra per seppellire re Edoardo, il suo incubo; Edoardo,l’arcinemico della Germania, com’egli lo vedeva; Edoardo, il fratello di sua madre, che non si lasciava né intimidire né dettar legge da lui.
Nei nove anni del regno di Edoardo, lo splendido isolamento dell’Inghilterra, lo splendido isolamento dell’Inghilterra aveva ceduto a una serie di intese non proprio alleanze con due tradizionali nemici, la Francia e la Russia, e con una nuova nazione di grande avvenire, il Giappone.
Nel giudizio di Guglielmo II, Edoardo aveva fatto una visita ingiustificata prima al re di Spagna e poi al re d’Italia, con l’evidente intenzione di staccare quest’ultima dalla Triplice Aleeanza con la Germania e l’Austria. Il Kaiser era montato su tutte le furie perciò che considerava manovre diaboliche per accerchiare la Germania.
Guglielmo era roso dall’invidia per le nazioni più antiche della sua. Si sentiva poco apprezzato. “In tutti i lunghi anni del mio regno” aveva detto al re d’Italia “i miei colleghi, i monarchi d’Europa, non hanno mai preso considerazione la mia opinione.”
Dietro Guglielmo II, nel corteo cavalcavano i due fratelli della vedova Alessandra, il re Federico di Danimarca e il re Giorgio di Grecia; il nipote, il re Haakon di Norvegia; e tre re che erano destinati a perdere il trono: Alfonso di Spagna, Manuel di Portogallo, Manuel del Portogallo e Ferdinando di Bulgaria che infastidiva i suoi colleghi facendosi chiamare Zar.
Il nuovo sovrano, e il solo che doveva dimostrarsi grande come uomo era re Slberto del Belgio che gradiva poco la pompa delle cerimonie regali, e riusciva in tale compagnia ad avere l’aria imbarazzata e distratta.
Alto, grosso, stretto nel busto, colui che doveva essere l’origine dell’immane conflitto, l’arciduca Francesco Ferdinando d’Austria, erede del vecchio imperatore Francesco Giuseppe, cavalcava alla destra di re Alberto. L’attentato in cui si trovò il 28 giugno 1914, a Sarajevo, sarebbe stata la scintilla che avrebbe fatto divampare la prima guerrra mondiale.
Durante il corteo funebre, il comportamento di Guglielmo fu irreprensibile. Quando la processione raggiunse Westminster, fu il primo a smontare e a correre incontro alla carrozza della regina Alessandra con tanta alaritá che fu allo sportello prima dei valletti, accorgendosi soltanto all’ultimo momento che la regina si accingeva a scendere dall’altra parte. Per fortuna, re Giorgio sopraggiunge in aiuto alla madre: poiché la regina danese di nascita, detestava il Kaiser, sia per motivi personali sia per la perdita dei Ducati di Scleswing-Holstein, che la Germania aveva preso con la forza alla Danimarca. E sebbene Guglielmo avesse avuto allora solo otto anni, la regina non aveva perdonato mai né a lui né al suo Paese.
Un rullo di tamburi velati echeggiò insieme al suono lamentoso delle cornamuse mentre la bara veniva portata fuori dai granatieri della guardia. Con un improvviso balenare di sciabole nel sole, la cavalleria si mise sull’attenti. Londra non era mai stata affollata, né tanto silenziosa.
Ai lati e dietro il fusto di cannone marciavano i 63 aiutanti di campo del Re defunto, tutti i comandanti di terra e di mare tra cui du nei, marchesi e conti.
Una nota personale e commovente era data del cavallo di Edoardo, con la sella vuota, seguito da Caesar, il suo terrier bianco.
Il lungo corteo si snodò lungo whitehall, il Mall, Piccadilly e Hyde Park fino alla stazione di Paddington, di dove la salma avrebbe proseguito fino a Windsor, per essere sepolta. la banda della Brigata delle Guardie sonava la Marcia Funebre del Saul. Il lento passo cadenzato, la musica solenne davano alla fola il senso del distacco definitivo.
L’immediato futuro Aveva in serbo il colpo di pistola dell’assassino di Sarajevo, i cannoni di quel fatidico agosto 1914, l’invasione del Belgio neutrale da parte della Germania, la battaglia della Marna.
Da quel momento, non ci sarebbe stato più modo di tornare indietro. Le nazioni erano prese ina una trappola mortale da cui non ci fu, e non c’é stata, nessuna via di uscita.