Non capita spesso ad un amministratore di essere accusato da un’azionista di maggioranza per voler distribuire troppi dividendi. Tanto onore è toccato giusto due anni fa a Carlo Bozotti, ceo di Stm. In una memorabile seduta al Senato francese, il ministro dell’Economia, titolare del 27,5% del capitale (la stessa quota in mano al partner pubblico italiano) sferrò un duro attacco al manager. “Ho chiesto più volte a Bpi, la banca pubblica he ha il controllo della nostra quota, di tagliare il dividendo. Penso che non l’abbiamo ridotto abbastanza”. Di qui l’invettiva contro Bozotti: “Il management non risponde più ai nostri obiettivi e a più riprese ha dimostrato di non agire nell’interesse della società”. Accuse pesanti da parte di un ministro di peso: Emmanuel Macron, di lì a poco mesi avviato alla corsa verso l’Eliseo.
La rabbia del futuro presidente nasceva dalla decisione del gruppo italo francese di chiudere l’attività dei decoder digitali, che avrebbe comportato 430 tagli di posti di lavoro in Francia su 1.400. “. Non ci interessa una logica di breve termine che ha l’obiettivo di tenere alto il prezzo dell’azione, non è la nostra priorità – sillabò il futuro presidente- Dobbiamo liberare risorse per destinarle allo sviluppo del business”. Difficile valutare quanto fosse genuina l’ira di Macron ovvero quanto non dipendesse dalla volontà di ingraziarsi appoggi in vista della futura carriera politica. Quel che sappiamo è che Bozotti, deciso a concentrare le energie dell’azienda nei settori con le migliori prospettive (automotive, industria e memorie), seppe tener duro. Cosa non facile, anche perché all’epoca l’azienda era reduce da quello che Bozotti ricorda come “un dei momenti più difficili dei miei 41 anni in Stm”: la liquidazione di St-Ericsson, l’ultimo tentativo (fallito) di risanare le attività legate alla “vecchia” Nokia, già driver della crescita impetuosa a cavallo del Duemila, poi zavorra che ha seriamente rischiato di compromettere le chances del gruppo dei semiconduttori.
Val la pena di dedicare un flash a quel momento difficile oggi, a pochi giorni dall’assemblea che a fine mese decreterà la staffetta tra Bozotti, amministratore e presidente dal 2005 e Jean-Marc Chery, che in 22 anni ha guidato un po’tutte le attività produttive e commerciali del gruppo. Un novellino, se si pensa all’anzianità di servizio di Bozotti, entrato in St (allora Sgs) per uno stage nel 1975 ancor prima della tesi di laurea sui transistor. L’episodio, infatti, dà una misura dello spirito di corpo che distingue la più fortunata joint venture tra Italia e Francia, cresciuta grazie alla competenza dello staff ed all’indipendenza rispetto ai due soci di riferimento, gli azionisti pubblici italiani e francesi. Una strategia che ha spinto la società a diversificare aree di attività, mercati di sbocco e rapporto con la domanda. Oggi Stm può vantare un portafoglio ben differenziato, come dimostra la top ten dei clienti: Apple. Bosch, Cisco, conti, Hp, Huawei, Nintendo, Samsung, Seagate e Western Digital.
Ovvero videogiochi (non ci sarebbe Wii, forse, senza le soluzioni escogitate da Benedetto Vigna, il genio che guida la divisa Mems e Sensor Group), smartphone (con un occhio particolare al tema della sicurezza dei pagamenti) automazione industriale (intelligenza artificiale ma non solo applicata al 4.0) e tanta automotive, sia quella di oggi (specie elettrica ed ibrida) che quella a guida autonoma. Anche ad uno sguardo sommario emerge che Stm ha messo assieme un catalogo di applicazioni d’avanguardia, una delle poche realtà di eccellenza tecnologica italiana, così apprezzata dal mercato che Bozotti, prima sdi passar la mano ha potuto annunciare la revisione al rialzo del capex a 1,4 miliardi, resa possibile dalla crescita della domanda su prodotti che nascono quasi solo nel manufacturing Stm.
Fa piacere scoprire che la killer application che consente di aumentare in maniera molto sensibile (almeno il 20%) l’autonomia della batteria dell’auto elettrica oltre a ridurre il costo è una tecnologia sviluppata in Italia, la SiC, cioè carburo di silicio, che permette di ridurre fortemente la potenza dissipata e di operare a temperature più elevate, ma anche di essere utilizzata negli inverter per impianti di energia solare e negli alimentatori a commutazione. Una proposta che ha incontrato un tale successo che, per far fronte alle richieste (specie dei gruppi cinesi automotive), Stm ha potenziato l’impianto di Catania con un investimento di 300 milioni di euro. Si tratta del più grande investimento industriale nell’alta tecnologia nel Sud d’Italia, uno dei più importanti a livello europeo.
“Il comparto che pesa di più sui nostri conti è quello dell’automobile – sottolinea Bozotti -. Che vuol dire un numero crescente di cose: dall’auto elettrica alla guida assistita, fino ad arrivare alla guida completamente automatica. Ma non dobbiamo dimenticare anche la parte più “tradizionale” dell’innovazione nell’automobile, quella che vede crescere in maniera esponenziale il contenuto di elettronica in un’auto”. Senza dimenticare che Stm è stato il primo partner di Mobileye, l’ex startup israeliana poi entrata nell’orbita di Intel, una delle aziende più avanzate nella fornitura di componenti essenziali per la guida autonoma e per quella assistita oggi partner con la quarta generazione di microprocessori complessi che elaborano i dati dei sensori per auto, in grado di assistere in maniera crescente la guida.
Ci vorrebbe competenza e tanto spazio per illustrare il catalogo delle meraviglie sfornate dai tecnici radunati dalla jv italo-francese a partire dalle applicazioni Mems, uno dei tasselli chiave dell’Internet delle cose che rendono possibili centinaia di soluzioni per rendere più “intelligente” la casa, la fabbrica o tanti altri aspetti della vita quotidiana. Limitiamoci a sottolineare che anche l’Italia contribuisce con tanta intelligenza e mezzi finanziari limitati a disegnare il futuro. Anche per merito di chi, come Bozotti, ha saputo dire qualche no coraggioso.