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Stellantis, una creatura di Tavares. Ecco la vera storia

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Non sempre le cessioni vengono per nuocere. L’ex Magneti Marelli, ora semplicemente Marelli, ceduta da Fca alla giapponese Calsonic Kansai per 6,5 miliardi di dollari, ha annunciato l’avvio in Germania della produzione di trasmissioni per l’auto elettrica. L’impianto, realizzato al posto di un vecchio stabilimento dismesso da Ford, sorgerà in un punto strategico, nei pressi della fabbrica Porsche in cui viene prodotta la Taycan e di un impianto Audi anch’esso dedicato aduna nuova elettronica Audi. Completa il polo di cui fa parte Marelli (160 addetti più altri 60 nel 2022) la nuova fabbrica Ford che utilizza la piattaforma Meb, sviluppata da Volkswagen per la Id-3, la nuova vettura di massa elettrica ma aperta anche al concorrente Usa per abbassare i costi.

La notizia, in un certo senso, suona di buon augurio per Fiat Chrysler che tra un mese esatto entrerà nell’orbita di Stellantis, la holding che riunirà i marchi del gruppo con quelli di Psa, dando vita al quarto gruppo mondiale a quattro ruote.  E’ la conferma che l’auto opera in un ambiente altamente competitivo che impone scambi di tecnologie, sinergie ed alleanze ad ogni livello, è senz’altro importante specializzarsi (come fa Marelli) ma anche condividere i propri punti di forza con i possibili partner. E’ il criterio che sta alla base del “merger of equals” tra Fca e Psa che appare ad una prima lettura, una cessione del gruppo italo-americano al partner francese che disporrà, oltre a cinque consiglieri nel board a fronte dei cinque di nomina Exor, del voto determinante di Carlos Tavares, l’attuale Pdg del gruppo transalpino. Ma Tavares non è un uomo Peugeot più di quanto Sergio Marchionne non fosse a suo tempo un uomo Fiat. In realtà è riduttivo comprimere la figura del manager portoghese che in questi anni ha raddrizzato i conti sia della casa francese che, a tempi record, di Opel a “uomo Peugeot”. 

Dalla lettura delle 372 pagine del prospetto di nascita di Stellantis, che sarà quotata ad Amsterdam, emerge qualcosa di più di una semplice acquisizione o di un’operazione finanziaria qualsiasi. Come nel caso della nascita di Fiat Chrylser impressiona l’investimento personale di Tavares, la figura-chiave dell’operazione che fin da subito appare come l’uomo solo al comando, seppur abile a coinvolgere gli azionisti in ogni passaggio. 

  E’ lui che il 21 dicembre del 2018 prende l’iniziativa di proporre a Michael Manley, ceo di Fiat Chrysler, un incontro da tenersi a Ginevra in occasione del Salone dell’auto a metà marzo del 2019 con l’obiettivo, si legge nel documento allegato al prospetto, di “esplorare la possibilità di collaborazione tra i due gruppi”. L’incontro, avvenuto il 4 marzo, apre la strada ad un patto di riservatezza tra i due, siglato il 1° aprile, per approfondire i contatti di cui sono a conoscenza i grandi azionisti. Proprio in quei giorni, infatti, Robert Peugeot parlando di Fiat in un’intervista a Les Echos dichiara che “i pianeti potrebbero essere allineati. Ma vale anche per altri”. 

Proprio il quotidiano francese permette di seguire lo sviluppo dei contatti successivi tra Detroit e lo studio legale Bredin Prat, consulente di Peugeot. IL 14 maggio i consulenti di Mc Kinsey convocano Manley e Tavares: questa fusione, dicono, s’ha da fare. Ma c’è un terzo incomodo: Renault. Il 26 maggio John Elkann comunica a cena a Robert Peugeot di aver sottoscritto un patto, non vincolante per una fusione 50/50 con Renault.

A reagire è Carlos Tavares in persona che si incarica di spiegare al governo francese che “quell’operazione è priva di senso, specie per Renault”. Ma sarà John Elkann, il 6 giugno a ritirare l’offerta alla Régie. Lo stesso giorno Tavares telefona a Manley per riallacciare la trattativa. In realtà famiglia Peugeot propone in un primo momento un acquisto tout court: 4,25 miliardi subito sotto forma di dividendo straordinario per i soci Fca più un pagamento tra cash ed azioni rimasto riservato. Elkann rifiuta. Per la prima volta, il 10 agosto, arriva la prima proposta per un merger of equals in una riunione a Boulogne Billancourt, sede di Peugeot. Ma  il presidente di Exor dice no a Tavares e al presidente di Psa Louis Gallois.

Tocca proprio a Tavares trasformare quel no in un sì. E’ lui che organizza un altro incontro, stavolta a Francoforte con Mike Manley proponendogli una visita al centro ricerche di Ferté-Vidame nell’Eure-et Loire ove Peugeot applica quelle tecnologie al litio che Fiat Chryler non possiede. In parallelo i banchieri studiano un extra-dividendo in gradi di convincere Elkann.  L’11 ottobre le trattative riprendono ad oltranza. Il giorno 27 a Versailles c’è la fumata bianca, seguita dagli aggiustamenti imposti anche alla luce dell’emergenza Covid. Ma le basi dell’intesa reggono. Come dice a Les Echos  un protagonista della trattativa “Tavares teneva all’accordo più di tutti. E ce l’ha fatta perché ha avuto l‘intelligenza di non prevaricare gli azionisti nei momenti chiave”.  

Oggi lui ha l’occasione per entrare nell’olimpo di grandissimi nella storia delle quattro ruote. Per ora, a fusione avvenuta, gli spetterà un bonus di 1,7 milioni di euro. E Manley? Gli arriverà un premio pari a cinque volte lo stipendio annuale, vedi 7,15 milioni, legato ad una clausola di non concorrenza nel caso lasci il gruppo. Ma per ora non è previsto, assicurano a Torino e a Parigi: il bonus vale come ricompensa per la perdita del ruolo di ad e di membro del board. Quasi il  riconoscimento che, come sempre nel mondo dell’auto, a guidare è uno solo.  

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Categories: Economia e Imprese