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Stellantis perde auto, ma limita i danni. Soffre Volkswagen

Imagoeconomica

La carenza di chips è costata a Stellantis in volumi quasi un terzo della produzione del terzo trimestre, ovvero la bellezza di 600mila vetture. Ma, grazie alla maggiore offerta concentrata sui segmenti più redditizi, la perdita in termini di ricavi si riduce della metà, al 14% circa. E così, spiega il chief financial officer Richard Palmer, ”grazie alla combinazione dei recenti lanci di veicoli che includono le nuove offerte elettrificate” il gruppo “può confermare la guidance per l’intero anno, nonostante persista una scarsa visibilità sull’approvvigionamento di componenti”. Lo stesso Palmer ammette che, ad agosto, era stato troppo ottimista sulla crisi dei chips. Perciò fa gli scongiuri quando dice che “ad ottobre la situazione mostra segni di miglioramento”. A rendere credibile la previsione contribuisce lo stock di veicoli nuovi (689 mila unità al 30 settembre), in grado di mettere, almeno parzialmente, la casa guidata da Carlos Tavares al riparo da nuovi shock produttivi. Salvo brutte sorprese, comunque, il margine operativo a fine anno sarà attorno al 10%.

Il danno procurato dall’assenza di semiconduttori e di altri problemi alla catena produttiva, sono stati comunque pesanti: in volumi, le consegne del terzo trimestre sono scese per la mancanza di componenti del 27% rispetto al terzo trimestre del 2020 e del 30% sulla produzione prevista. In cifre, i ricavi netti si sono fermati a 32,6 miliardi di euro, in calo del 14%.  

Rispetto al primo semestre, vengono riviste a +5% da +10% le quote del Nord America, a +15% quelle del Sud America, a +15% quelle dell’Europa. Invariate a +10% le previsioni per l’India e la Cina.  

Questa, in estrema sintesi, la situazione al termine di uno dei trimestri più complessi per l’industria a quattro ruote. Il mercato azionario, ove a metà mattina sale dello 0,4%, dimostra di apprezzare il risultato di aver difeso la redditività sul mercato principale, il Nord America, ove la quota di mercato è cresciuta all’11,5%, e di aver mantenuto la leadership nel Sud America (il 24,4%). Da segnalare la crescita di Maserati al 2,4% su base annua in attesa del trasloco della produzione a Mirafiori in linea con la volontà, già alla base della riorganizzazione di Melfi, di aumentare la produttività degli impianti italiani.

La nota più rilevante del trimestre riguarda l’accelerazione della strategia di elettrificazione con l’annuncio di numerose partnership strategiche in America ed in Europa, specie nelle batterie. Il gruppo investirà 30 miliardi di euro sull’elettrico, un piano che prevede tra l’altro la costruzione di quattro piattaforme, flessibili ed in grado di sostenere la produzione annua fino a due milioni di vetture. Infine, l’acquisizione di First Investors Financial, aggiunge una nota del gruppo, “segna un’importante passo in avanti per la creazione di una società di servizi finanziari captive negli Stati Uniti”.  

Quasi in contemporanea con i numeri di Stellantis in arrivo dalla trimestrale approvata dal cda ad Amsterdam, sono arrivati i conti di Volkswagen da cui emergono costi e terapie in parte simili. Le consegne di vetture del colosso di Wolfburg accusano un calo del 24%, i ricavi solo del 12% grazie alla scelta di concentrare i chips a disposizione sui modelli di lusso, da Porsche ad Audi, a danno dei modelli più popolari. Secondo i sindacati, nel solo stabilimento di Wolfsburg, c’è un arretrato di 110 mila Golf.

Le Borse sono però assai più severe con Volkswagen rispetto a Stellantis. Il titolo arretra del 3% abbondante. E non piacerà agli investitori Usa la cancellazione del viaggio in Usa del ceo Herbert Diess che ha dovuto rinunciare agli incontri con gli analisti per presenziare il vertice indetto dai sindacati, mal disposti verso il boss da quando ha previsto un taglio di 30 mila posti con l’elettrico.   

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