Potrebbe essere il Brasile a risolvere il caso Leapmotor per Stellantis. Leapmotor International è la joint venture tra il gruppo italo-francese e quello cinese, con il primo che detiene il 51% del capitale e soprattutto i diritti esclusivi per produrre e vendere i veicoli elettrici fuori dalla Cina. È proprio su questo punto che sono nate delle divergenze: nel 2023 Stellantis è diventata azionista strategico dei cinesi di Leapmotor con un investimento da 1,5 miliardi di euro e il chiaro obiettivo di puntare sull’elettrico. Oggi quello del partner cinese è ancora un marchio minore del gruppo, con un posizionamento inferiore a quello della Fiat e della Citroën, ma la joint venture prevede di poter arrivare a vendere 500.000 unità all’anno entro il 2030. Bisogna trovare però un posto dove produrre questi veicoli, dato che da Pechino è arrivato il diktat di non voler investire nei Paesi che hanno sostenuto i dazi alle auto cinesi, e dunque tendenzialmente in Europa, dopo che Bruxelles aveva imposto nuove tariffe.
Leapmotor: interrotta la produzione in Polonia
Il problema però è che Stellantis aveva scelto per Leapmotor il polo di Tychy, in Polonia, peraltro non senza polemiche visto che si sarebbe potuto rilanciare l’impianto di Mirafiori, in Italia. Ora Stellantis si è trovata costretta ad interrompere la produzione della vettura cinese Leapmotor T03 presso lo stabilimento polacco: come anticipato dal quotidiano francese Les Echos il gruppo “non sta più assemblando il modello in Polonia dal 30 marzo: la società rimane pienamente impegnata nel programma di lancio dei veicoli Leapmotor in Europa, ma al momento sta valutando diverse opzioni per la loro produzione”. I progetti di Stellantis e Leapmotor sono quindi stati bloccati dal governo cinese furioso per l’introduzione dei dazi europei sulle elettriche prodotte in Cina, ma soprattutto coi Paesi che hanno espressamente sostenuto la misura protezionistica varata dalla Commissione Ue. Ecco perché ancora ci sarebbe speranza di restare in qualche modo in Europa, ma purtroppo non a Torino: una soluzione, in virtù dell’amicizia tra Xi Jinping e Viktor Orban sarebbe l’Ungheria, ma Stellantis non è presente nel Paese.
Leapmotor: dalla Spagna al Brasile
Si sta così pensando alla Spagna, che si è opposta ai dazi e che dispone del polo di Zaragoza: a rivelarlo è stata l’agenzia Reuters. Va anche ricordato che l’investimento di Stellantis sull’elettrico non si limita alla joint venture con Leapmotor ma è contenuto in un piano complessivo da 50 miliardi di euro e che sono stati spesi 4,1 miliardi di euro per una fabbrica di batterie di litio-ferro-fosfato, di nuovo in partnership al 50% con un’azienda cinese, la CATL. Secondo la stampa brasiliana la soluzione a cui ora si pensa in casa italo-francese è proprio il Brasile, un mercato dove Fiat è fortissima da decenni e molto gradito a Pechino, che già vi costruisce auto elettriche. Il Paese sudamericano ha costi di manodopera più bassi ed è anche un interessante mercato di sbocco, così come tutta l’America Latina, dove le auto del futuro sono ad oggi ancora meno diffuse che in Europa ma proprio per questo hanno margini di crescita. A gennaio, il nuovo CEO di Stellantis in Sudamerica, il 49 enne Emanuele Cappellano, aveva annunciato assunzioni nei poli di Betim e di Porto Real, nello Stato di Rio de Janeiro.
Sembra proprio quest’ultimo l’impianto più adatto ad ospitare la produzione elettrica di Leapmotor, come ha ammesso lo stesso manager che ha chiarito che non tutti i modelli della joint venture cinese sono interessanti per il mercato brasiliano e che all’inizio i veicoli saranno importati dalla Cina, ma che l’obiettivo è effettivamente di portare la produzione in Brasile: “Ci stiamo pensando, è una possibilità concreta”, ha detto Cappellano in conferenza stampa. In tutto il Sudamerica, compresa anche l’Argentina dove Stellantis ha recentemente annunciato investimenti da quasi 400 milioni di dollari nel polo di Cordoba, il gruppo nato dalla fusione tra Fiat e Peugeot vanta i seguenti numeri: una capacità di produzione da 1,3 milioni di automobili l’anno (soprattutto in Brasile e Argentina ma pure in Uruguay), 4 centri di ricerca e sviluppo, 30.000 impiegati diretti, oltre 2 mila ingegneri e tecnici. In Brasile il primo marchio è da quattro anni di fila Fiat, che nel 2024 ha venduto nel Paese lusofono oltre mezzo milione di auto, con una quota di mercato del 21%.