L’ecosistema italiano degli incubatori e acceleratori di startup si consolida, registrando una crescita significativa in termini di occupazione, fatturato e numero di startup supportate. Secondo il recente report del Social Innovation Monitor (Sim) del Politecnico di Torino, presentato il 27 marzo 2025, in Italia operano attualmente 239 incubatori e acceleratori, con una maggiore concentrazione nel Nord-Ovest, in particolare in Lombardia con 56 strutture.
La ricerca è stata condotta con il supporto di InnovUp, l’associazione che dal 2012 rappresenta e unisce la filiera dell’innovazione italiana, Main Partner dell’iniziativa, e di PNICube, Italian Competence Center for Social Innovation (ICCSI), Fondazione Giacomo Brodolini, Neolithic Evolution e Social Innovation Teams (SIT).
Crescita dell’occupazione e dell’impatto economico
I dati mostrano un forte aumento dell’occupazione nel settore: il numero di dipendenti è cresciuto del 156,4%, passando da 1.950 a circa 5.000 unità. Parallelamente, il numero di startup incubate ha raggiunto quota 5.780, segnando un incremento del 100% rispetto all’anno precedente. Il fatturato complessivo del settore ha superato i 600 milioni di euro, con un incremento del 20%.
Gli incubatori italiani operano attraverso diverse forme giuridiche: le Società a Responsabilità Limitata (Srl) costituiscono il 57%, mentre le Società per Azioni (SpA) rappresentano il 18%. Il resto è costituito da enti pubblici, associazioni e altre forme organizzative.
I servizi principali offerti includono accompagnamento manageriale, spazi fisici attrezzati, formazione imprenditoriale, supporto nella ricerca di finanziamenti e assistenza legale.
“Il numero di incubatori e acceleratori è diminuito rispetto all’anno precedente. Ma questo non deve essere visto come un problema, anzi, è possibile che sia in corso un positivo consolidamento e quindi rafforzamento di queste organizzazioni. Infatti, continuano comunque ad aumentare il numero di dipendenti e i fatturati complessivi” ha dichiarato Paolo Landoni, professore ordinario presso il dipartimento di ingegneria gestionale e della produzione del Politecnico di Torino e direttore del report.
Impatto sociale e ambientale
Circa il 54% degli incubatori italiani sostiene startup con un significativo impatto sociale o ambientale. Queste strutture si dividono in tre categorie: “Business Incubator”, che non supportano startup a impatto sociale, “Mixed”, in cui tra l’1% e il 50% delle startup incubate ha un impatto positivo, e “Social Incubator”, dove questa percentuale supera il 50%. I settori più rappresentati sono salute e benessere, sviluppo comunitario e innovazione sociale.
Nonostante i progressi, l’attrattività internazionale degli incubatori italiani rimane limitata: solo il 5% delle startup supportate ha sede all’estero, mentre il 75% si trova nella stessa regione dell’incubatore. Il miglioramento della visibilità globale rappresenta una delle principali sfide future.
“L’ecosistema degli incubatori e acceleratori italiani è ancora poco attrattivo a livello internazionale. Solo il 5% delle organizzazioni supportate ha sede all’estero, mentre il 75% si trova nella stessa regione dell’incubatore o in una confinante” ha spiegato Davide Moro, vicedirettore della ricerca.
Il sostegno istituzionale
Le istituzioni italiane stanno riconoscendo l’importanza strategica degli incubatori. Il recente Ddl Concorrenza ha introdotto due misure chiave: l’estensione della certificazione anche agli acceleratori (Art. 30) e un credito d’imposta dell’8% sugli investimenti effettuati in startup innovative (Art. 32). Alla presentazione del report erano presenti rappresentanti del Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT), oltre a esponenti di InnovUp, Plug and Play Tech Center e Crédit Agricole, segno di un crescente interesse istituzionale per il settore.
“Questi dati confermano quanto gli incubatori e acceleratori siano attori fondamentali per la crescita dell’innovazione nel nostro Paese, non solo come supporto alle startup, ma anche come motori di impatto sociale e territoriale. Per questo accogliamo con particolare favore le misure per questi attori introdotte dal Ddl Concorrenza l’estensione della certificazione anche agli acceleratori e il credito d’imposta dell’8% per investimenti diretti e indiretti in startup. Auspichiamo che tali norme siano attuate quanto prima e rilanciamo proponendo che la certificazione sia estesa anche a startup studio/venture builder, che gli incentivi previsti per gli incubatori siano estesi anche agli acceleratori e che il credito d’imposta sia reso permanente e non solo riservato agli investimenti fatti nel 2025″ ha commentato Giorgio Ciron, direttore di InnovUp.