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Stampa, editoria, Intelligenza artificiale: la morte del refuso e i più clamorosi errori di composizione

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Se c’è una cosa che l’intelligenza artificiale generativa (AI) ha risolto definitivamente è un problema che ha afflitto, sin dalla sua comparsa l’industria editoriale: il refuso. Già l’etimo di questa parola prova di quanto vada indietro nella storia il manifestarsi di questo problema che nasce con la stampa a caratteri mobili e che implica il “rifondere” la cassa della riga dove si è verificato lo spostamento di uno o più caratteri.

Un bel servizio di tutoraggio

Nelle risposte dell’AI generativa si può trovare veramente di tutto, ma è difficile imbattersi in refusi o, in una cosa ancor più grave, negli errori di ortografia. 

L’Ai generativa ha portato alla sua massima potenzialità i tool di controllo ortografico che esistono da più di venti anni particolarmente nei word processor. Successivamente tale funzione si è estesa un po’ a tutti i tool di scrittura. 

Credo che molti di noi siano andati nella maschera di ricerca di Google per verificare l’ortografia corretta di una parola che abbiamo incollato o digitato nella casella di ricerca, per esempio “accellerazione”, per farsi dire: “forse intendevi ‘accelerazione’”. Oppure “Dhal scrittore” per farsi correggere in “Risultati relativi a Dahl scrittore”. Funzione eccezionale questa di Google che, a differenza di altri contesti, si attiva anche sui nomi propri.

Le competizioni di spelling

Alle volte è più l’ortografia a difettare che il refuso a farsi avanti. A Miami negli Stati Uniti, ogni anno, si svolge una popolarissima competizione che si chiama Scripps National Spelling Bee. Si tratta di una gara di ortografia con premio in denaro di 50mila dollari e gratifica in beni di pari valore.

La competizione è riservata a chi frequenta le scuole elementari e medie di tutto il paese.

L’edizione del 2023 è stata vinta dal 14enne di origine indiana Dev Shah che ha fatto il corretto spelling della impossibile parola “psammophile”. 

I più dotati in queste competizioni ortografiche sono proprio i giovani e le giovani di famiglie di origine indiana. Un finalista o un vincitore di origine indiana compare sempre nelle ultime dieci edizioni.

Ortografia incerta

Si dice che lo stesso Shakespeare, il bardo della lingua inglese, avesse qualche difficoltà a scrivere correttamente il proprio nome. In realtà quel nome dà molti problemi anche a noi madrelingua differente dall’inglese. Io ho dovuto memorizzarlo nel suono della nostra lingua per poterlo scrivere correttamente. 

Pensate quanto è difficile scrivere per bene “Massachusetts”, anche per i madrelingua stessi i quali nelle bibliografie scrivono Cambridge, Mass. Dicono che lo fanno perché scriverlo per intero prenderebbe troppo spazio. Però, chi poi capisce il significato di questo “Mass” è uno Sherlock Holmes.

I due più grandi presidenti degli Stati Uniti avevano qualche difficoltà con l’ortografia dell’inglese. 

Un errore frequente di Washington era l’uso delle doppie seguite da vocale. Scriveva “happned” al posto di “happened” o “addressd” al posto di “addressed”. 

In errori simili incorreva anche Lincoln, un oratore fuori dal comune, che, tra altri svarioni, sbagliava a scrivere anche i campi di battaglia che vedevano impegnato il suo esercito: la battaglia di Fort Sumter per lui era quella di Fort Sumpter. 

Anche scrittori di eccezionale talento come F. Scott Fitzgerald, Ernest Hemingway, Mark Twain e il nostro Italo Svevo, che però ha vissuto in un territorio dell’impero austriaco per 60 anni, avevano dei problemi con l’ortografia e gli editori avevano un bel daffare (che non si scrive d’affare) a mettere a posto i loro manoscritti.

Gli errori nelle Bibbia a stampa

Anche la Bibbia è un libro, anzi il primo libro ad essere composto a caratteri mobili e stampato in una tipografia. 

Sulla Bibbia sono capitati del refusi clamorosi. Il più eclatante è avvenuto in quella che poi è stata definita la “Bibbia del Peccatore” (Sinner’s Bible) conosciuta anche nelle varianti di “The Wicked Bible” o “The Adulterous Bible”. 

Chi desiderasse divertirsi a scoprire molti clamorosi refusi commessi durante la composizione della Bibbia di Re Giacomo può recarsi sul sito del “Guardian” e leggere The 10 worst typos in the Bible di David Shariatmadari dal quale traggo le informazioni che seguono.

7. Sii adultero/a

D’accordo un libro, ma un po’ speciale come verificato da uno sventurato tipografo inglese. Nel 1631 una bella e ricca edizione della Bibbia di San Giacomo, pubblicata da Robert Barker e Martin Lucas di Londra, si beccò, come abbiamo detto l’appellativo di “Bibbia del peccatore”.

Solo 11, oggi stimatissimi, esemplari della Sinner’s Bible sopravvissero all’immediato ordine di macero dell’intera tiratura. Nel 2015 una copia è stata battuta all’asta per 10mila sterline.

L’intera edizione fu distrutta per via di una madornale svista del proto che compose la lastra della pagina del Libro dell’Esodo con i 10 comandamenti.

Il 6°, per i cattolici e i luterani, e il 7°, per gli ebrei e i protestanti: “Thou shalt not commit adultery” era diventato nientepopodimeno “Thou shalt commit adultery” (Desidera la donna d’altri). Il meschino proto aveva trascurato di inserire nella riga le tre lettere di “n-o-t”.

Barker fu multato, gli fu tolta la licenza di stampare e fu rinchiuso, a meditare sulla delicatezza della sua professione, nella Torre di Londra dove morì 15 anni dopo.

A guardar bene più di un errore sembrerebbe quasi essere una sorta di sabotaggio, magari di un concorrente, perché le bozze, anche allora, erano controllate, come ci ricorda il “Guardian”, da almeno 4 editor.

Il refuso protofemminista

Un dattiloscritto danneggiato ingannò il proto nel comporre il versetto 5:22 della Lettera di Paolo agli Efesini in una edizione del 1944 della Bibbia di Re Giacomo. Invece di comporre “Wives, in the same way submit yourselves to your OWN husbands” immesse nella Lynotype il ben più eccitante “Wives, in the same way submit yourselves to your OWL husbands” In questo modo il versetto diventava il  ben più eccitante “Mogli, allo stesso modo, siate sottomesse ai mariti gufi”, trasformando il versetto in un eufemismo ornitologico. Forse il proto era una donna.

Il marito cannibale

Il versetto 24:3 del Deuteronomio fa parte di una sezione che regola il divorzio nel Vecchio Testamento. Anche qui si è verificato un errore di stampa clamoroso sempre in una edizione del 1682 della Bibbia di Re Giacomo. La frase: “If the latter husband HATE her” è divenuto “If the latter husband ATE her”.

Anche qui aleggia uno spirito protofemminista.

D’Annunzio e Mondadori

Quando nel 1937 D’Annunzio ebbe modo di mettere gli occhi sulla sua opera completa, appena stampata da Mondadori senza badare a spese, andò su tutte le furie.

Nell’atto 3, scena 5 della Francesca da Rimini, D’Annunzio costruisce una scenetta tra Paolo e Francesca su una ciocca di Basilico. Francesca porge il basilico a Paolo e gli dice:

Ecco, tenete. Odoratelo. È buono.

[…]

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A Firenze, ogni donna tiene sul davanzale il suo basilico.

Quando D’Annunzio legge nell’edizione Mondadori che al posto di “basilico” c’è “basilisco” si imbufalisce e si getta come un ciclone a rileggere tutto il corpo della sua opus magnum.

Vi trova una manciata di refusi nei 49 volumi editi da Mondadori. Per lui è intollerabile. Allora chiama al Vittoriale un torcoliere e gli fa stampare a proprie spese tre o quattro esemplari senza quei refusi.

Su queste copie D’Annunzio fa applicare una plaquette a scorno del buon Angelo Sodini, amico del Vate e curatore dell’opera, che non aveva supervisionato adeguatamente il lavoro. Un’amicizia andata per via di quella “manciata di orrendi refusi che deturpavano l’opera”.

Joyce l’anarchico

Nel 1984 un team internazionale di studiosi ha prodotto un’edizione in tre volumi dell’Ulisse diJames Joyce dove sono stati corretti quasi 5.000 omissioni, trasposizioni e altri errori presenti nelle precedenti edizioni di uno dei più grandi romanzi del XX secolo.

Questa nuova edizione ha trovato e corretto una media di sette errori per ogni pagina stampata dell’Ulisse — errori di punteggiatura, parole mancanti, frasi tronche e persino intere frasi omesse. Joyce stesso era molto irritato dagli errori, ma riuscì a correggerne solo una piccola parte prima di rivolgere la sua attenzione ad altri libri.

C’erano così tanti refusi perché Joyce scrisse il testo a mano, spesso in modo illeggibile, con una penna a sfera, quindi aggiunse altre 100.000 parole alle bozze di stampa.

Inoltre i 26 proto francesi che montarono i caratteri a mano non conoscevano l’inglese e copiavano da un dattiloscritto a spaziatura singola impresso su carta molto sottile.

Gli esperti che hanno curato la nuova edizione sono convinti che i pochi lettori che hanno lottato con le molte oscurità del romanzo da quando è stato pubblicato per la prima volta nel 1922 si sono certamente resi conto che l’Ulisse era uno dei romanzi più zeppi di errori tra le grandi opere letterarie.

Il libro, composto a Digione, 200 km da Parigi, uscì dalla stamperia per il 40° compleanno di Joyce. Ogni copia del libro portava un inserto che dichiarava:

“L’editore chiede l’indulgenza del lettore per gli inevitabili errori tipografici nelle circostanze eccezionali in cui è stato prodotto”.

Indulgenza concessa. Guardate, qui sotto, una copia del manoscritto originale di James Joyce.

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