Continua l’impennata dei rendimenti sui titoli italiani con la conseguente galoppata dello spread tra Btp e Bund. Il livello di quest’ultimo è ormai stabile sopra i 300 punti base – attualmente il differenziale si attesta a quota 314 punti – e le previsioni per il futuro non sembrano presagire un ritorno a quella che fino allo scorso 4 marzo pareva essere diventata la normalità.
In soli 8 mesi infatti, il divario tra decennali italiani e tedeschi si è più che raddoppiato, salendo dai 131 punti del 28 febbraio ai 314 di oggi. Non va meglio sul fronte rendimenti, aumentati sui titoli a 10 anni dall’1,98 al 3,54%.
SPREAD E RENDIMENTI: COSA SONO
Lo spread, come abbiamo spiegato tante volte, è la differenza tra il rendimento dei titoli decennali di un Paese dell’Eurozona e quello dei bund tedeschi, considerati unanimemente i titoli di Stato più sicuri dell’area euro. Più il divario con il benchmark si amplia, più il Paese viene considerato a rischio.
Con l’aumento dei rendimenti infatti, diventa più alto anche il pericolo che uno Stato, alla scadenza del titolo, non riesca a ripagare le cedole sugli interessi e dunque a restituire i soldi che ha ricevuto in prestito dai mercati. Il motivo è presto detto: se salgono i rendimenti sale anche la cifra che un determinato paese deve rimborsare ai creditori.
TITOLI DI STATO EUROPEI: LA CLASSIFICA DEI RENDIMENTI
La volatilità che si è riversata sul mercato italiano dallo scorso 4 marzo, vale a dire dal giorno delle elezioni, oltre a colpire pesantemente la Borsa – Piazza Affari ha perso quasi il 17% dal 28 febbraio – ha comportato una forte crescita dei rendimenti sui titoli del nostro debito sovrano sia a breve che a lungo termine. Prendendo in considerazione solo il Btp a 10 anni, il tasso è salito di oltre 1 punto e mezzo percentuale, facendo diventare i nostri rendimenti i più alti dopo quelli della Grecia.
Il tasso sul bond governativo ellenico viaggia al momento a quota 4,3%, posizionandosi all’ultimo posto nella classifica dell’Eurozona. Peggio di noi fa anche l’Ungheria, che però non appartiene all’area euro, con un rendimento al 3,8%. Segue l’Italia con un tasso sul decennale pari al 3,5%. Poi il vuoto.
Sia le prime due economie dell’area euro, vale a dire Francia e Germania, sia Paesi tradizionalmente considerati più vicini a noi per storia e vicissitudini economiche, come Spagna e Portogallo, hanno rendimenti sui titoli di stato molto inferiori rispetto ai nostri. Parlando in percentuali:
- Portogallo: 1,98%,
- Spagna: 1,62%,
- Francia: 0,78%,
- Germania: 0,41%.
LA CLASSIFICA DEGLI SPREAD
Il divario creatosi con i rendimenti degli altri Paesi dell’Eurozona si ripercuote sullo spread con il Bund tedesco. Anche in questo caso, in fondo alla classifica troviamo la Grecia, con un differenziale rispetto ai decennali tedeschi di 389 punti base.
I bond italiani si attestano a 314 punti base di distanza da quelli di Berlino, mentre la lo spread tra Ot decennali portoghesi e Bund è pari a 157 punti. I bonos spagnoli si distanziano dal benchmark di 121 punti e lo spread tra decennali francesi e tedeschi è quasi nullo: 37 punti base.
LO SPREAD TRA L’ITALIA E GLI ALTRI PAESI
Ad oggi è difficile ignorare la realtà: l’Italia è lontana anni luce dai due Paesi più solidi dell’Eurozona, cioè Francia e Germania. Rispetto a Spagna e Portogallo, le due economie periferiche che come e più di noi dal 2011 hanno sofferto le bordate della crisi, il divario diventa di giorno in giorno più ampio. Il Belpaese invece è sempre più vicino a quella Grecia che fino a ieri subiva i diktat della Troika allo scopo di evitare un default che molti davano praticamente per certo.
Non a caso, lo spread tra i Btp a 10 anni e i corrispondenti ellenici è pari oggi a 76 punti base (dopo aver toccato un minimo di 69 in apertura), quattro volte meno di quello che ci separa da Berlino. Per trovare un altro livello sotto i 100 punti base occorre tornare indietro fino al 2009. A gennaio 2018 la distanza era per esempio di 197 punti.
E rispetto agli altri? I bonos spagnoli ci distanziano di 192 punti base, livello mai raggiunto nemmeno durante la crisi del 2011, quando lo spread toccò quota 575 punti sul bund – gli OT portoghesi di 156, quelli francesi di 276 punti.
E il meglio, forse, deve ancora venire. L’Italia dovrà affrontare ancora molti appuntamenti importanti, primo fra tutti il giudizio di Standard & Poor’s che dovrebbe arrivare il prossimo 26 ottobre e che potrebbe portare a un nuovo declassamento dopo quello stabilito da Moody’s. Per non parlare della Manovra: dopo la bocciatura dell’Unione europea il nostro Paese ha tre settimane di tempo per correggere il tiro. I principali rappresentanti del Governo sembrano però intenzionati a tirare dritto rendendo dunque inevitabile l’avvio da parte di Bruxelles di un’inedita procedura d’infrazione per debito eccessivo. La volatilità sul mercato italiano sembra dunque assicurata.