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Spiragli di fiducia: frena inflazione cinese, Germania più morbida con Atene. Milano è positiva

FIRSTonline

FRENA L’INFLAZIONE CINESE, GERMANIA “MORBIDA” CON ATENE
MA SULLE BORSE PESA LA RECESSIONE. AL VIA OGGI BTP ITALIA

Frena l’inflazione cinese (+1,9% a settembre), cresce lo spazio per un eventuale stimolo dell’economia da parte di Pechino. l’autorevole “Der Spiegel” anticipa che Belino potrebbe , nel vertice Ue del 18-19 prossimi, dare il suo assenso alla moratoria per la Grecia.

Due buone notizie che fanno da cornice al varo della terza emissione di Btp Italia, il titolo di Stato rivolto alle famiglie in offerta da stamane a giovedì. L’emisisone, durata quattro anni, prevede un rendimento minimo del 2,25% (comunicato venerdì sorso) e un tasso effettivo lordo che, considerando un’inflazione al 3%, dovrebbe arrivare al 5,5%. Il titolo può essere comprato, oltre alo sportello bancario, anche via Internet.

ASIA

La settimana borsistica si apre in maniera contrastata. Risale il Giappone +0,5%, segnano il passo Hong Kong e Shangai, entrambe -0,1%, nonostante gli ultimi dati segnalino un miglioramento inatteso della congiuntura atre setimane dall’inizio del congresso del partito cinese.

Crescono, a sorpresa, le esportazioni di Pechino :+9,9% a settembre (2,7% ad agosto). Anche l’export verso gli Usa rimbalza (+5,5%), cosa che suscita reazioni negative negli States, a venti giorni dalle elezioni.

A chiudere il meeting del Fondo Monetario di Tokyo ci ha pensato Ben Bernanke. Il presidente della Federal Reserve ha difeso, davanti ai rappresentanti dei Brics, l’iniezione di liquidità del QE3. Non è vero, come continua a sostenere ad esempio il ministro brasiliano Mantega, che le scelte Usa mirano ad indebolire il dollaro e, perciò, scatenare la guerra valutaria. Semmai sono le economie emergenti a praticare il dumping valutario: ogni allusione alla Cina non è casuale.

Prevale la paura della recessione o la speranza nelle terapie delle banche centrali? A Tokyo l’allarme del Fmi è risuonato forte e chiaro. “Stanley Fisher, governatore della banca centrale di Israele, già insegnante sia di Ben Bernanke che di Mario Draghi, è dratico: “Il mondo è pericolosamente vicino ad una forte recessione – dice – Dopo il meetind del Fmi ne sono ancora più convinto”. Ma i mercati affrontano l’ultimo tratto dell’annata borsistica in condizioni di relativa forza.

EUROPA 

Da primo gennaio a venerdì 12 ottobre, la performance di Piazza Affari si è ridotta, dopo il calo dell’ultima settimana (-2,3%) a un modesto +3%. Ma nello stesso periodo, la Borsa di Francoforte è salita del 23%, Parigi +7%, Londra +4%.

La forbice tra centro e periferia d’Europa in Borsa resta ampia, ma sul fronte dei bond il recupero sembra ben avviato: Lo spread decennale Btp/Bund tedesco si contrae a 348 punti base per un rendimento del Btp 10 anni che scivola di nuovo sotto il 5%. Bene anche la Spagna e la sempre più sorprendente Grecia il cui decennale rende il 17,8% per uno spread a quota 1.630, entrambi sui minimi da marzo.

A raffreddare gli eccessivi ottimismi ci sono però da rilevare i rendimenti negativi dei titoli di Stato fino a 2 anni di Danimarca -0,09% e Svizzera -0,26%, segno dell’ancora elevata ritrosia di molti investitori istituzionali ad acquistare bond rischiosi.

Pesa, al solito, l’incertezza su Spagna e Grecia. Ormai il rapporto della Troika degli ispettori che monitorano l’andamento della finanza di Atene è pronto. Il premier Antonis Samaras, inoltre, ha incassato il sostegno appassionato di Christine Lagarde e di Olivier Blanchard, rispettivamente direttore generale e capo economista del Fondo Monetario, ad una moratoria di due anni per gli obblighi presi dalla Grecia.

La palla, in vista del vertice europeo che comincerà giovedì, torna in campo tedesco. Angela Merkel, che pure ha reagito con grande fastidio al “pressing” del Fmi a favore di Atene, sembra orientata a dare l’assenso alla moratoria sugli impegni greci. Una svolta legata ai problemi di casa: la Merkel spinge per una riduzione delle tasse al fine di stimolare l’economia nazionale ed europea. Proposta già respinta dall’opposizione la scorsa primavera. Ma ora la congiuntura è peggiorata e probabilmente il governo dovrà rivedere le stime del Pil del prossimo anno all’1% dall’1,6%. Uno stimolo in arrivo dalla Germania potrebbe far rivedere, in meglio, le stime sul pil della periferia, Italia compresa.

STATI UNITI

Venerdì l’indice dell’Università del Michigan sulla fiducia dei consumatori Usa è salito al livello più alto degli ultimi cinque anni, cioè dall’inizio della crisi. Un dato che fa il paio con il calo della disoccupazione mentre gli indici azionari sono sui livelli del 2007 (+15% da gennaio) prima dello scoppio della crisi.

A fronte di questi dai positivi stanno le attese, non positive, per l’esito della campagna delle trimestrali. I primi conti hanno confermato, da Alcoa a Wells Fargo a JP Morgan utili in calo anche se migliori delle previsioni (riviste al ribasso nelle scorse settimane): èer la prima volta dal 2009 i profitti dovrebbero calare del 3% a ricavi invariati.

Nonostante questi segnali, la maggioranza degli esperti è positiva sul 2013: finché la Fed pomperà sul mercato 85 miliardi di liquidità al mese non si deve temere granché sulla sorte di Wall Street.

Anche in Usa, comunque, nei prossimi giorni la politica sarà in primo piano. Tra pochi giorni Barack Obama cercherà di ribaltare, nel match televisivo in programma a New York, l’esito del primo round dominato da Mitt Romney. Negli States, com’è noto, si voterà il 6 novembre.

PIAZZA AFFARI

In Piazza Affari la settimana si apre sotto il segno dell’energia.

Ansaldo Energia dovrebbe restare sotto il controllo di azionisti italiani. Il Fondo strategico italiano controllato dalla Cassa Depositi e Prestiti ha siglato venerdì un memorandum di intesa con il Gruppo Energia Brescia (coordinato dal Gruppo Camozzi), il Gruppo Acciaierie Venete e l’imprenditore Davide Usberti “finalizzato ad un possibile investimento di minoranza significativa in Ansaldo Energia”, controllata al 55% da Finmeccanica, al 45% dal fondo Usa First Reserve.

Qualora l’operazione andasse in porto, la nuova cordata (in cui il Fondo avrebbe la maggioranza) disporrebbe del 30% , Finmeccanica ancora del 25%. In questo modo: a) la maggioranza resterebbe in mano italiana; b) Finmeccanica potrebbe deconsolidare i debiti di Ansaldo Energia; c) Il Fondo strategico non disporrebbe di una partecipazione maggioritaria, come vietato dal suo statuto.

In termini “politici” la mossa di Fsi può essere letta come un’affermazione di Alessandro Pansa, dg di Finmeccanica e consigliere del Fondo Strategico. Al contrario, l’ad Orsi si è speso per caldeggiare la proposta Siemens. Gossip destinati a restar tali anche perché l’attesso verice di governo sulle strategie ella holding della Difesa non si terrà: il fallimento delle trattative tra Eads e Bae ha reso meno urgente il confronto sul futuro del gruppo pubblico.

Tutto è pronto per l’uscita di Iren da Edipower. L’utility del Nord Ovest sarà liquidata con due centrali, la termoelettrica di Turbigo e l’idroelettrica di Tusciano. Il 21% di Edipower passerà così nelle mani di A2A che acquisirà la maggioranza assoluta. L’operazione non pregiudicherà le possibili nozze tra le utilities ma, al contrario, le faciliterà, secondo gli osservatori. Anche se prima A2A dovrà scegliere quale futuro scegliere per Edipower: procedere alla quotazione in Borsa oppure alla fusione con la controllata, dopo uno scambio di titoli con gli altri soci finanziari.

Oggi, dopo la maratona di 186 consigli comunali in Emilia ed in Romagna, l’assemblea di Hera approverà la fusione con la triestina Acegas. Dopo il sì, verrà dato il ia libra al nuovo cda di cui farà parte tra glia altri anche l’ex ad delle Generali Giovanni Perissinotto. E’ probabile che la nuova Hera, in cui presto avrà una partecipazione anche il Fondo Strategico Italiano, si ponga come polo aggregatore per le utilities, a partire dal Veneto. Infine, il tema dell’energia riguarda, seppur solo idirettamente, le sorti della Tassara di Romain Zaleski. Una volta completata l’uscita da Edison, la holdig Tassara registra un debito complessivo di 2,56 miliardi a fronte di partecipazioni (Mittel, Generali, Intesa, A2A, Ubi, Mps e Bpm) per meno di un miliardo Alle banche creditrici l’ardua sentenza.

Venerdì, dopo una mattina positiva, le banche hanno ripiegato andando a chiudere in ribasso: Unicredit -1,7%, Intesa -0,8%, Popolare Milano-0,2%.

Oggi a Londra viene presentato lo studio di Mediobanca Securities sulle banche. Secondo gli analisti della filiale londinese dell’istituto le prime 10 banche italiane quotate avranno bisogno di ulteriori 22 miliardi di capitale per fronteggiare le perdite sui crediti nein prossimi 4-5 anni che eroderanno i mezzi propri. Sono fuori dalla mischa Intesa ed Unicredit, cui basteranno i quattrini già raccolti, ad alto rischio Mps e Banco Popolare. Dallo studio si rileva che l’incidenza dei crediti dubbi sui mezzi propri sale in Italia più che altrove: i crediti aumentano del 2% tra il 2008 ed il 2011, mentre sofferenze ed incagli più che raddoppiano (+112%).

Da seguire stamane anche StM indiscussa protagonista dellla seduta di fine settimana: il titolo ha chiuso in rialzo del 6,5%, dopo essere balzata fino a segnare +17%. A spingere gli acquisti sono state le indiscrezioni di Bloomberg su un progetto di spin off della società, che vedrebbe il management intenzionato a separare in un’azienda a parte le attività di produzione di chip per telefoni mobili, compresa la controllata St-Ericsson, endemicamente in perdita. L’obiettivo sarebbe vendere il tutto, probabilmente a Samsung. StM ha smentito il piano di spin off.

Mediaset è salita venerdì del 2,3% su vaghe ipotesi di ingresso nel capitale di investitori arabi.

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Categories: Finanza e Mercati