A un anno dall’avvio della pandemia che ha portato a oggi oltre 90.000 morti in Italia e oltre 2 milioni nel mondo, la ricerca è in grado di fornire nuovi dati che illustrano le caratteristiche del virus, il suo comportamento e la sua relazione con l’umano. Una delle più recenti e interessati ricerche mette a fuoco un curioso comportamento della proteina spike, quella che abbiamo imparato a conoscere come la punta con cui il Covid, come un ariete, penetra nelle cellule umane. Questo virus ama riprodursi in un ambiente “zuccherino” e proprio la proteina spike va a “sposarsi” nell’organismo umano con quelle cellule che portano addosso zuccheri, indossando un abito nuziale “caramellato” per camuffarsi
“In questo modo confonde il sistema immunitario, impedendogli di contrastarla, visto che gli zuccheri sono fonte d’energia per l’organismo dall’inizio dell’evoluzione” dice Attilio Speciani, medico immunologo e allergologo e anche direttore sanitario di SMA e GEK. “La proteina spike riesce tanto ad entrare nell’organismo umano quanto più è “zuccherata” o – meglio – “glicosilata o glicata”. Un po’ come potrebbe fare un calabrone attirato dal miele. Ma il calabrone probabilmente trova nel miele la morte perché ne rimane intrappolato, il virus al contrario trova proprio il suo habitat ideale per “riprodursi, riprodursi, riprodursi…”, l’unica attività che gli interessi.
“La scoperta è stata fatta da un gruppo di ricercatori statunitensi della Harvard Medical School e della Jolla University in base alla quale è la glicosilazione (cioè la presenza di residui zuccherini) a rendere possibile l’infezione del virus, facilitando le complicanze successive. Un tema importante perché la glicosilazione è molto spesso presente quando è elevata la glicazione, dovuta all’assunzione individualmente eccessiva di zuccheri”, dice Speciani intervistato da FIRSTonline.
Professore, come si muove il Covid nelle società del mondo?
“I soggetti con diabete o con iperglicemia non controllata hanno un tempo di degenza da Covid decisamente più elevato di chi abbia metabolismo zuccherino e glicemia controllati e hanno, purtroppo, un indice di letalità marcatamente più alto, come descritto sul Journal of Diabetes and Science Technology. Nel Regno Unito per esempio si è visto che in relazione all’età, l’indice di letalità da Covid per i diabetici varia da 2 a 6,5 volte l’indice di letalità della popolazione normale. Così come risulta ben evidente la correlazione diabete-obesità-Covid in paesi come gli Stati Uniti, il Messico e persino la Cina, dove il relativamente recente cambiamento delle abitudini alimentari ha portato a un aumento dei casi di diabete e a una drammatica espansione numerica dei casi di pre-diabete. Questo è un virus che si “trova bene” in società in cui diabete e obesità hanno raggiunto un livello epidemico mai raggiunto prima. Dunque è estremamente importante essere consapevoli del proprio livello di zuccheri nel sangue, anche con test e valutazioni che vanno oltre la semplice misurazione della glicemia ed evidenzino i danni da zuccheri, che esistono già molto tempo prima che il diabete si manifesti in modo palese”.
Ora però arrivano i vaccini… Qual è la sua opinione al riguardo? Lei si vaccinerà?
“Ho messo sulla bilancia le opinioni dei tanti esperti che nel corso di questi ultimi mesi si sono pronunciati sul piano medico, epidemiologico, virologico e psicologico confrontandole con le mie personali valutazioni immunologiche e ovviamente con quelle della comunità scientifica. Ora vince sicuramente la vaccinazione. Da immunologo mi sento anche di segnalare a chi è ancora dubbioso circa la vaccinazione che ammalarsi di Covid può portare le persone con patologie autoimmuni (dalla tiroidite di Hashimoto all’Artrite reumatoide) a improvvisi e severi aggravamenti immunologici che favoriscono le complicazioni della malattia, con probabilità ben più alta delle pur possibili, ma rare, attivazioni immunitarie dovute alla vaccinazione. La mia unica perplessità riguarda la vaccinazione nelle persone che sono già state infettate dal virus e che lo hanno superato (anche in modo asintomatico): queste con grande probabilità sono protette e immuni e se anche forse avranno bisogno di un “richiamo” in anni futuri, attualmente potrebbero aspettare a vaccinarsi e cedere il posto a persone che hanno bisogno della vaccinazione più di loro”.
Quindi tutto risolto con i vaccini? Deleghiamo al vaccino la risoluzione del problema-Covid?
“Non esattamente. Torniamo al discorso della conoscenza dello status del proprio organismo. I ricercatori hanno fatto un’altra importante scoperta: quella maggiore glicazione (la “caramellatura”) della proteina spike di cui parlavamo può anche essere in grado di schermare l’arrivo degli anticorpi, sia quelli ottenuti dalla vaccinazione o quelli derivanti dall’infezione pregressa (il cosiddetto effetto “shield”). Ecco il perché dell’importanza di conoscere il proprio status zuccherino: per consentire anche una maggiore e più prolungata efficacia dei vaccini”.
Zuccheri quindi. Ma quali zuccheri ?
“Possono essere coinvolti tutti i tipi di zuccheri e gli alimenti che li contengono, compresi i carboidrati raffinati, gli alcolici e i dolcificanti. Ma occorre fare dei distinguo. L’essere umano possiede addirittura un ormone (NPY) che stimola la ricerca di zuccheri, quindi gli zuccheri possono essere benefici e sbaglia gravemente chi li rimuove totalmente. D’altra parte occorre informare per esempio che tutta la dolcificazione (anche se fatta con il miele, che rimane il prodotto dolcificante più naturale) può essere dannosa. La frutta è in genere un alimento sano e positivo, ma sul piano individuale, in condizioni genetiche alte-rate o in caso di eccessi di altri zuccheri, potrebbe essere da limitare ad un quantitativo più controllato, preferendo l’uso della verdura (che non contiene fruttosio) per l’alimentazione. Ed è d’obbligo ricordare che anche i dolcificanti a zero calorie stimolano nell’organismo l’assunzione di calorie compensative nel pasto successivo e sono quindi da bandire. Ma tutto dipende dalla situazione individuale. Oggi abbiamo a disposizione molti test facili e nello stesso tempo approfonditi che evidenziano i precoci danni da zuccheri nascosti nell’organismo, raccontandoci il nostro status. A volte non basta la sola misurazione della glicemia (che già può essere una base), ma oc-orre indagare se esiste una predisposizione, un “pre-diabete” che potrebbe essere ancora più pericoloso se non lo si conosce anche per quella sua capacità di attivare il virus che abbiamo detto. Si può partire per esempio da un semplice Glyco Test seguito eventualmente da altre ricerche di infiammazioni con il test PerMè. Probabilmente, gli attuali e i prossimi vaccini anti COVID dovranno affiancare una attenzione dietetica alla somministrazione vaccinale”.