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Spagna in recessione, bisogna iniziare a parlare di crescita

Ma il premier Rajoy non sembra avere nessuna strategia al riguardo – Dopo la riforma del sistema bancario, le preoccupazioni di Madrid sono gli attivi tossici legati al mattone e i tagli all’educazione e alla sanità – Nel frattempo il Pil decresce e la disoccupazione giovanile supera il 50% – I mercati esprimono il loro disappunto: Ibex perde 24% da gennaio

Spagna in recessione, bisogna iniziare a parlare di crescita

La Spagna soffre. E i cittadini spagnoli ne pagano le conseguenze. Nella periferia di Madrid nuovissimi appartamenti, pensati per le famiglie di classe media, vengono svenduti a meno della metà del loro prezzo originario, anche per 70 mila euro. Le banche, pur di eliminarli dai propri asset, offrono mutui fino al 100% del valore dell’immobile. Recidivi? Sembra. Gli errori di Bankia, la quarta banca del Paese che ha in portafoglio oltre 20 miliardi di sofferenze legate al settore del mattone e che ha subito una semi-nazionalizzazione del Governo per non implodere, non sembrano fare scuola.

Il Governo di Mariano Rajoy, qualche giorno fa, ha varato una seconda riforma del sistema finanziario mirata alla ricapitalizzazione delle banche e alla riconversione degli assets spazzatura del mercato immobiliare. Ai 54 miliardi di accantonamenti che Madrid aveva chiesto a febbraio agli istituti di credito, se ne aggiungeranno altri 30. La Banca centrale europea si è schierata a favore di Rajoy e ha deciso di collaborare nella riforma del sistema bancario per quanto riguarda la valutazione degli attivi e la creazione di una “bad bank” per liquidare gli attivi tossici.

Ma nel frattempo, a livello macro-economico, i dati spagnoli continuano a deludere. La disoccupazione ha segnato un nuovo record, confermandosi il Paese con il maggiore numero di non occupati nell’Unione Europea. Nel primo trimestre del 2012 i senza lavoro sono arrivati al 24,44% e tra i giovani con meno di 25 anni la percentuale supera il 50%. L’economia è in piena recessione: nei primi tre mesi del 2012, per il secondo trimestre consecutivo, il Pil ha segnato un -0,3%. E le manifestazioni degli “indignados” del 15-M (15 maggio), che nei giorni scorsi, dopo un anno, si sono nuovamente riversati nella Plaza del Sol per sottolineare come nulla sia cambiato da allora, sono un esempio dello scontento sociale che pervade il Paese.

Proposte per la crescita però Madrid non ne ha ancora fatte. In questi giorni si sta dibattendo un taglio da oltre 10 miliardi di euro in sanità ed educazione che, salvo cambiamenti dell’ultima ora, verrà approvato nei prossimi giorni. Il partito socialista Psoe calcola che ciò comporterebbe il licenziamento di oltre 40mila professori.

In tempo di crisi si sa, ci sono delle priorità. E per il primo ministro spagnolo tra queste c’è la semi-nazionalizzazione da quasi 5 miliardi di euro di Bankia ma nessun piano per rilanciare il Paese. I mercati però non sono dello stesso avviso. Il titolo di Bankia questo giovedì ha perso quasi il 30% toccando il minimo dalla sua quotazione in Borsa nel luglio 2011. La Piazza di Madrid continua a soffrire e l’Ibex, l’indice che racchiude le 35 principali società spagnole, ha perso dal primo gennaio il 24%.

Sul mercato obbligazionario i Bonos decennali, benchmark per il calcolo dello spread con il Bund, hanno raggiunto un rendimento del 6,33% che non si registrava da gennaio quando la crisi si era fatta più acuta e si era toccato il massimo del 6,7%. Il differenziale con i Bund oggi ha superato i 490 punti base. Ormai la Spagna è entrata nell’occhio del ciclone. Bisogna che il nostro vicino iberico trovi il modo per rilanciare la propria economia al più presto, altrimenti c’è il rischio che il vortice abbraccerà anche noi.

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