Ci risiamo. A soli due mesi e mezzo di distanza dalla formazione di un nuovo Governo, la Spagna potrebbe precipitare in un nuovo terremoto politico. Il motivo? La legge sull’amnistia nei confronti degli attivisti catalani coinvolti nel referendum secessionista del 2017 che tiene in piedi il traballante Governo di Pedro Sanchez. Martedì scorso, infatti, il Congresso ha respinto la legge con 179 voti contrari contro 171 a favore. Nulla di strano fin qui, se non fosse che a determinare l’affossamento della norma che ora dovrà tornare in Commissione Giustizia è stato proprio il partito indipendentista catalano Junts per Catalunya, con cui la legge era stata concordata e i cui rappresentanti sono vicini a coloro che avrebbero beneficiato dell’amnistia. Un controsenso che molti non sono riusciti a comprendere e che potrebbe dar vita a mesi di tira e molla politico, lasciando Sanchez in balia degli eventi.
Legge sull’amnistia: il riassunto delle puntate precedenti
Ma veniamo ai fatti. Lo scorso novembre il leader del Partito Socialista Pedro Sanchez è riuscito a tornare alla Moncloa per la terza volta consecutiva ponendosi alla guida di un esecutivo di minoranza che comprende il Psoe Sumar e gode dell’appoggio di tutti i partiti nazionalisti e indipendentisti di Catalogna, Paesi Baschi, Galizia e Canarie. A votare Sì anche i sette parlamentari di Junts per Catalunya, partito indipendentista catalano guidato da Carles Puigdemont diventato una stampella fondamentale per tenere in piedi il nuovo Governo. L’appoggio degli indipendentisti catalani però ha avuto un prezzo molto, troppo alto secondo molti osservatori: la concessione dell’amnistia agli oltre 300 leader indipendentisti incriminati e ai 73 poliziotti finiti a processo per le violenze contro i manifestanti nei giorni caldi dell’ottobre del 2017, quando in Catalogna si svolse un referendum per l’indipendenza, considerato illegale dallo Stato spagnolo.
La legge sull’amnistia: cosa è successo al Congresso
Martedì il disegno di legge sull’amnistia è arrivato in aula. Nel corso del dibattito parlamentare che ha preceduto la votazione è però accaduto qualcosa che ne ha ribaltato le sorti: Junts por Catalunya aveva infatti presentato degli emendamenti volti ad allargare ulteriormente le maglie dell’amnistia, garantendone l’applicazione anche a Carles Puigdemont, leader di Junts e principale responsabile del tentativo di secessione della Catalogna nel 2017, fuggito in Belgio all’indomani della dichiarazione di indipendenza. Le modifiche però sono state tutte respinte, grazie anche ai voti contrari dei rappresentanti del Partito Socialista. A quel punto Junts ha deciso di votare contro il disegno di legge.
“Trovo incomprensibile che Junts per Catalunya voti contro una legge che ha contribuito a negoziare”, ha commentato il ministro della giustizia Félix Bolaños.
Le inchieste dei magistrati sugli indipendentisti e Puidgemont
Alla base degli emendamenti respinti e del conseguente No del partito catalano ci sono anche le inchieste riaperte dai magistrati sui disordini che nel 2019 hanno visto protagonisti gli indipendentisti di Tsunami Democratic e dei comitati di difesa della repubblica, accusati in alcuni casi di terrorismo. A queste si aggiunge infine l’inchiesta in corso presso l’alto tribunale dell’Audiencia Nacional, che ipotizza per Carles Puigdemont e il suo entourage nuovi presunti collegamenti e “relazioni personali” nella cosiddetta “trama russa” tessuta dall’intelligence del Cremlino prima del referendum unilaterale secessionista dell’ottobre 2017 allo scopo di “destabilizzare l’Unione Europea”. I titolari delle due inchieste non solo hanno prorogato di sei mesi le indagini, ma hanno confermato che indagano l’ex presidente catalano per i reati di terrorismo e alto tradimento.
Legge sull’amnistia: cosa succede adesso?
Ora il testo di legge tornerà in commissione Giustizia, dove Junts spera di poter guadagnare un mese di tempo per apportare le modifiche reclamate. Una volta licenziato dalla commissione, dovrà tornare al Congresso per un nuovo voto, per poi passare al Senato, controllato a maggioranza dal Partito Popolare, che ha già modificato il regolamento della Camera alta per rallentare il più possibile l’esame del testo. Se il Senato, come probabile, apporterà dei cambiamenti, il disegno di legge dovrà tornare di nuovo alla Camera bassa per il voto definitivo.
Nel frattempo il Primo Ministro Pedro Sanchez cerca un nuovo compromesso. Come spiega El Pais, il Premier ha già messo sul tavolo una possibile soluzione, definita creativa”, per sbloccare la trattativa sull’amnistia. Sanchez ha ribadito di non aver alcuna intenzione di modificare la legge, al di là di qualche aggiustamento tecnico, perché ritiene che andare oltre significhi mettere a rischio la norma davanti alla Corte Costituzionale o alla giustizia europea. Ciò che propone è modificare la legge di procedura penale (Lecrim) per limitare le indagini giudiziarie e porre fine alle continue proroghe. Quello su Tsunami democratic e Puidgemont è infatti un caso che ha richiesto quattro anni e mezzo di indagini e il magistrato ha ora chiesto altri sei mesi di tempo. Junts teme che le indagini verranno prorogate indefinitamente e che Puigdemont non potrà accedere all’amnistia per molto tempo, motivo per cui insiste di non avere intenzione di accettare “un’amnistia differita”. Con i cambiamenti proposti da Lecrim, le preoccupazioni del partito verrebbero messe a tacere.
Il contraccolpo politico per Sanchez e il suo Governo
Comunque vada a finire, il contraccolpo politico per Pedro Sanchez è fortissimo. L’amnistia è una questione che scalda molto l’opinione pubblica spagnola. Ad essere contrari non sono solo gli esponenti della destra e del centrodestra, ma anche diversi rappresentanti del Psoe che la considerano una “concessione eccessiva” ai catalani. Non solo. Secondo i sondaggi più della metà dei cittadini spagnoli è contraria all’amnistia. Facile dunque capire perché la bocciatura di martedì abbia fatto parecchio rumore.
“Ogni votazione è un calvario”, ha ironizzato Alberto Núñez Feijóo, numero uno del Partito Popolare, che il 28 gennaio ha portato in piazza a Madrid 45mila persone contrarie all’amnistia.
E proprio questo “calvario” è diventato l’argomento centrale del dibattito politico iberico. Il No a sorpresa di Junts ha infatti palesato tutta la fragilità dell’esecutivo Sanchez a cui è bastato poco per andare incontro ad una sonora bocciatura in Parlamento su un disegno di legge che, almeno al Congresso, sembrava blindato. “Succederà ogni volta?”, è la domanda che si pongono in molti. Considerando le ripetute intemperanze di Junts & Co. il sì sembra la risposta più probabile.