La pressione si fa sentire da ogni lato. Sembra che tutti vogliano che la Spagna chieda aiuto al Fondo europeo di Stabilità Finanziaria (Efsf). Sembra volerlo Draghi, che si è detto disponibile a comprare obbligazioni dei Paesi in difficoltà ma solo quando questi siano disposti a chiedere aiuto al fondo salva-Stati. Il meccanismo che ha in mente il presidente della Bce è semplice: se il premier spagnolo Mariano Rajoy chiede aiuto all’Efsf, questo può comprare sul mercato primario i Bonos spagnoli che poi verrebbero nuovamente acquistati dalla Bce sul mercato secondario: un labirinto che non può suscitare le ire dei tedeschi perché nel pieno rispetto dei Trattati e che diffonderebbe un’aurea di fiducia sulla Spagna riducendo la forbice che allontana i Bonos dai Bund.
Ma a volere che Rajoy alzi bandiera bianca è anche il nostro premier Mario Monti, contento di lasciare alla vicina Spagna il rischio del primo passo e poter osservare senza sporcarsi le mani se in un futuro anche l’Italia potrà seguire lo stesso cammino.
Infine sono i mercati a sperare che la Spagna chieda gli aiuti. Dal giorno in cui Draghi ha pronunciato il suo discorso il rendimento dei Bonos a due anni è sceso dal 4,8% al 3,45%, il minimo degli ultimi tre mesi, e per le obbligazioni triennali la caduta è stata dal 7,67% della fine del mese scorso al 4,7%, miglior livello da inizio maggio.
Insomma lo vogliono tutti tranne lo stesso Rajoy che, comprensibilmente, non vuole rimetterci la faccia. Nel suo ultimo intervento pubblico ha dichiarato di voler prima “conoscere le misure straordinarie che prenderà la Bce, cosa significano, cosa chiedono e se sono adeguate. Solo allora, e a seconda delle circostanze, prenderemo una o l’altra decisione”.
Intanto il premier iberico ha presentato a Bruxelles un piano di tagli da 102 miliardi di euro da effettuare nei prossimi due anni per ottenere in cambio un anno in più per il raggiungimento dell’obiettivo di deficit pubblico. Nello specifico 13 miliardi di euro verranno tagliati quest’anno, 39 miliardi nel 2013 e altri 50 miliardi nel 2014. In questo modo l’esecutivo spagnolo prevede di raggiungere un deficit pubblico del 4,5% del Pil nel 2013 e del 2,8% nel 2014. Ma le stime di Madrid continuano a vedere una recessione del Pil nel 2013 (-0,5%), mentre l’economia tornerà a crescere solo nel 2014.
Sono quattro grandi punti su cui Rajoy ha deciso di centrare il suo piano di tagli. La grande fetta è incentrata sulle entrate fiscali: nel biennio è previsto un aumento del gettito di oltre 35 miliardi, attraverso sorpattutto l’aumento dell’Iva e dell’imposta sui carburanti. Il secondo punto riguarda la riforma delle Amministrazioni Locali che porterà un rispamio di circa 9 miliardi attraverso tagli alla sanità e all’istruzione. In terzo luogo è prevista una razionalizzazione delle Pubbliche amministrazioni e infine circa 13 miliardi entreranno al Tesoro di Madrid con le riduzioni dei sussidi di disoccupazioni e la lotta all’evasione fiscale.
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