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Spagna: Governo Sanchez più vicino, alla Camera eletta la socialista Armengol dopo un accordo con i catalani

Imagoeconomica

Colpo di scena in Spagna a tre settimane dalle elezioni generali in cui nessuna coalizione è riuscita a ottenere la maggioranza per formare il nuovo governo, nonostante il vantaggio del Partito Popolare. Il partito socialista è riuscito ad eleggere la sua candidata, Francina Armengol, alla presidenza del Congresso. Il Psoe ha ottenuto 178 voti contro i 139 del candidato del Partito Popolare, Cuca Gamarra. Due le svolte – quasi contemporanee – che hanno portato ad un voto che potrebbe essere decisivo per il futuro del Paese: da un lato l’accordo in extremis tra il Partito Socialista e gli indipendenti catalani di Junts per Catalunya (detto Junts) dall’altro il litigio tra il PP e il partito di estrema destra Vox, che ha ritirato l’appoggio a Gamarra, votando per un proprio candidato.

Spagna verso un nuovo Governo Sanchez?

Benché ancora non ci sia ancora nulla di stabilito e Junts abbia sottolineato che “l’accordo è circoscritto all’ufficio di presidenza del Congresso e non ha nulla a che fare con la trattativa sull’investitura”, secondo molti osservatori l’appoggio di Junts ad Armengol rende più probabile un sostegno del partito secessionista catalano a un possibile governo a guida Pedro Sanchez, allontanando l’ipotesi di nuove elezioni. Dopo le ultime politiche del 23 luglio, infatti, sia la coalizione di sinistra (composta da Psoe, Sumar e da altri piccoli partiti regionali baschi e catalani) sia quella di destra (PP e Vox) hanno un totale di 171 seggi  a fronte di una maggioranza pari a 176. Con il supporto dei 7 deputati di Junts, la sinistra arriverebbe a 178, 2 seggi in più della maggioranza necessaria a consegnare nuovamente il governo nelle mani di Sanchez.

L’accordo tra socialisti e indipendentisti catalani 

L’accordo tra il Psoe e Junts è stato raggiunto all’ultimo, dopo una riunione della direzione del partito guidato dall’ex governatore catalano in esilio Carl Puigdemont, finita a pochi minuti dall’inizio della seduta al Congresso. A sbloccare la trattativa tra i due partiti sarebbero state, secondo fonti catalane, alcune concessioni fatte dai socialisti su 3 punti considerati imprescindibili dai catalani. Primo tra tutti il via libera all’uso del catalano, del galiziano e del basco al Congresso. Ok del Psoe anche all’istituzione di commissioni investigative sull’uso del programma Pegasus per spiare gli indipendentisti e la creazione di un commissione d’inchiesta sugli attentati di Barcellona e Cambrils del 17 agosto. L’intesa ha coinvolto anche gli indipendentisti repubblicani di Erc che hanno chiesto la “de-giudizializzazione” del “conflitto politico” in Catalogna attraverso i “necessari canali legali”.

Il litigio tra Vox e il Partito Popolare

Nell’opposto schieramento politico si è verificato invece un scenario diametralmente opposto. Il partito di estrema destra Vox, che in campagna elettorale era stato sostenuto anche dalla Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, non ha ottenuto dai popolari nessuna garanzia sulle vicepresidenze al Congresso dei deputati. La destra si è dunque spaccata, con Voce che non ha votato i candidati del PP alla presidenza del Congresso e del Senato. 

Dopo la rottura è tornato in dubbio anche l’appoggio dei 33 deputati del partito di estrema destra guidato da Santiago Abascal ad Alberto Núñez Feijóo, candidato premier del partito popolare. 

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