Pedro Sanchez potrebbe presto rientrare alla Moncloa dalla porta principale. A quasi quattro mesi di distanza dalle elezioni e dopo il tentativo fallito del Popolare Alberto Nuñez Feijóo, il partito socialista ha raggiunto l’accordo che gli garantirà i numeri necessari per governare. Non senza fatica e non senza grosse concessioni. Perché a fornire al Psoe l’appoggio esterno di cui ha bisogno sarà il partito secessionista catalano Junts per Catalunya dell’ex presidente della Generalitat Carles Puigdemont a cui si aggiungeranno presto anche i nazionalisti baschi del Pnv.
Psoe-Junts: il prezzo (elevato) dell’accordo
Erano sostanzialmente due le richieste di Junts al Psoe: un nuovo referendum indipendentista per la Catalogna dopo quello – illegittimo – del 2017, e la totale amnistia per tutti i politici coinvolti nella consultazione di sei anni fa: condannati, imputati e indagati per il tentativo di secessione.
Sul primo punto i catalani non sono riusciti a spuntarla, sul secondo invece sì. Il nuovo governo promuoverà una legge sull’amnistia a favore degli indipendentisti catalani con cause giudiziarie aperte.
L’accordo sarà firmato entro la serata di oggi, giovedì 9 novembre, a Bruxelles, e sarà in quell’ambito che saranno annunciati i dettagli dell’intesa e soprattutto di una futura legge che ha già suscitato molto clamore in Spagna.
In realtà, già giovedì scorso sembra che le fumata bianca fosse vicina, ma poi i due partiti hanno deciso di prendersi più tempo per stabilire i dettagli di una legge che, con ogni probabilità, sarà contestata in ogni sede possibile.
Se la firma arriverà oggi, l’investitura di Pedro Sanchez a Primo Ministro e il voto di fiducia del Parlamento potrebbero arrivare già all’inizio della prossima settimana. Da tenere in considerazione che – almeno ufficialmente – manca ancora l’accordo con il Pnv, il partito nazionalista basco, ma dal Psoe assicurano che l’intesa è già in cassaforte.
La scadenza nel frattempo si avvicina: se entro il 27 novembre non ci sarà un nuovo governo, la Spagna tornerà alle urne. La data c’è già: il 14 gennaio 2024.
Gli scontri di piazza e le accuse della destra
Nei giorni scorsi migliaia di persone si sono radunate davanti alla sede del Psoe a Madrid allo scopo di protestare contro la futura amnistia a favore dei secessionisti. Nel corso delle manifestazioni si sono verificati anche violenti scontri tra gruppi di neofascisti e forze dell’ordine che hanno portato all’arresto di diverse persone.
A soffiare sul vento delle proteste sono anche i partiti della futura opposizione che accusano Sanchez di “golpe contro la Costituzione”, definendo l’intesa tra Psoe e Junts “vergognosa e umiliante”.
“Oggi gli spagnoli assisteranno a un giorno vergognoso quando vedranno cosa sta facendo Sanchez per rimanere al potere”, ha affermato la segretaria generale del Pp Cuca Gamarra in un’intervista a Telecinco. I cittadini vedranno “come un fuggiasco” si presenterà all’estero per spiegare “come è riuscito, in cambio dei suoi sette voti, a gestire la Giustizia spagnola” e a evitare che a lui si applichi “lo Stato di diritto”.
Anche nella magistratura non mancano i malumori: Il Csm ha già espresso parere negativo su una legge di amnistia, mentre il commissario europeo alla Giustizia, Didier Reynders, ha inviato una lettera a due ministri del governo ad interim, in cui vengono chieste all’esecutivo di Sánchez informazioni dettagliate sul provvedimento.
Il riassunto delle puntate precedenti
Lo scorso 23 luglio, dalle urne è venuto fuori un risultato di sostanziale ingovernabilità. Ufficialmente il partito che ha ottenuto il maggior numero di voti è stato il Pp, ma immediatamente si è capito che la principale forza politica di centrodestra non avrebbe mai avuto i numeri per governare. Il leader del Partito Popolare Alberto Nuñez Feijóo poteva contare su 172 deputati: 137 del Pp, 22 dell’ultradestra di Vox e 2 appartenenti, rispettivamente, alla Coalición Canaria e all’Upn di Navarra. Per la maggioranza (pari a 176 seggi) ne mancavano altri 4 che Feijóo – ricevuta l’investitura da re Felipe – ha cercato di trovare in ogni modo, arrivando addirittura a proporre un accordo al Psoe, salvo poi doversi arrendere.
Sanchez aveva invece una base di 171 seggi certi: i 121 del suo partito, i 31 di Sumar, e i 19 complessivi ottenuti dai vari gruppi nazionalisti e separatisti catalani, baschi e galiziani. Con i 7 di Junts si arriva a 178.