Fine del sogno. I quattro “pizzicotti” che ci ha rifilato la Spagna hanno reso piuttosto brusco il nostro risveglio, anche se, a conti fatti, è giusto così. Ha vinto la squadra più forte, l’unica capace di conquistare consecutivamente Europeo (2008), Mondiale (2010) e appunto Europeo, mai davvero impensierita dai nostri Azzurri.
Inutile girarci attorno, questo è ancora il momento della Roja, il nostro arriverà. Quando non è dato sapersi, ma le premesse sono buone: Prandelli, che al termine del match ha ufficializzato la sua permanenza, ha lavorato bene, raggiungendo comunque un traguardo impensabile alla vigilia. Certo, la batosta di Kiev è una doccia gelata, ma gettare alle ortiche tutto il buono espresso in questi due anni sarebbe follia. Da una parte c’erano campioni affermati, ancora molto lontani dal viale del tramonto, dall’altra tanti buoni giocatori, ma due soli fuoriclasse. Buffon non ha potuto fare miracoli e Pirlo è stato ingabbiato dal saggio Del Bosque, uno di cui si parla poco ma che conosce il calcio come pochi altri.
Anche dal punto di vista tattico il confronto è stato impietoso: dolce, a tratti addirittura soave la manovra della Spagna, capace di attaccare con 8 uomini e, pochi secondi dopo, di difendere con gli stessi. Gli inserimenti senza palla poi sono il vero marchio di fabbrica della pluridecorata Roja, che si permette anche il lusso di giocare senza punte di ruolo, tanto qualcuno che segna si trova sempre. Ieri è toccato a Silva, a Jordi Alba, a Torres, perfino a Mata, entrato in campo da pochi secondi. Serata di grazia, per meriti loro e colpe nostre. Il piano di Prandelli (pressarli alti e sfidarli sul loro terreno, il possesso palla) è naufragato dopo pochi minuti, come ammesso dallo stesso CT: “Abbiamo capito subito che bisognava contenere, perché eravamo molto stanchi. Questo ci ha tolto tanto equilibrio, la nostra è una squadra che deve stare bene fisicamente per rendere al meglio”.
Ma quest’Italia non è stata costruita per difendere, e forse l’abbiamo amata così tanto anche per questo. Fatto sta che il fortino non ha retto neanche un tempo, perché i giochi si sono chiusi con la rete di Jordi Alba. La ripresa è stata poi una lenta agonia, nella quale non ci siamo fatti mancare niente. Errori sotto porta (Di Natale avrebbe potuto riaprire la partita), cambi sbagliati (Thiago Motta) e affrettati (l’italo-brasiliano si è fatto male quasi subito), che ci hanno lasciato in 10. Avremmo potuto chiudere con dignità, invece abbiamo mollato gli ormeggi e gli spagnoli sono saltati a bordo senza pietà. Peccato che una così bella avventura sia finita tanto male, ma in fondo questa batosta potrebbe anche servirci per crescere.
Nel 2014 andremo in Brasile con la consapevolezza di essere una squadra vera e ce la giocheremo. Di questo Europeo ci restano comunque splendidi ricordi: le vittorie contro Inghilterra e, soprattutto, Germania, i complimenti degli avversari, le piazze stracolme di gente e di bandiere tricolori, il nome dell’Italia riabilitato. Ci riproveremo tra due anni, intanto grazie lo stesso. Nonostante il finale, è stato bello.