La Spagna dice addio alla siesta, o quanto meno prova a farlo. Il rito della pennichella pomeridiana, irrinunciabile per gli spagnoli (“la tradizione persiste nelle zone rurali, nelle grandi città i lavoratori non fanno in tempo a tornare a casa ma volendo si addormentano sulla scrivania”, scrive divertito l’inglese The Guardian), potrebbe essere messo in discussione dalla riforma dell’orario lavorativo proposta dal governo Rajoy, che vuole uniformare i ritmi iberici a quelli internazionali, in particolare a quelli graditi alle multinazionali e ai mercati, cioè 9-17 senza praticamente interruzioni se non per mangiare un boccone.
“La maggioranza degli spagnoli – racconta il Guardian – preferisce ancora spezzare la giornata lavorativa in due tronconi, finendo per lavorare fino alle 8 di sera: dalle 9 fino alle 14, e poi dalle 16,30 fino alle 20”. In mezzo, due ore abbondanti per pranzare e fare un pisolino, o anche per fare shopping, visto che le grandi catene internazionali (dove però qualcuno dovrà pur lavorare…) non chiudono all’ora di pranzo.
La secolare tradizione è il retaggio di una società storicamente a vocazione agricola: la siesta consentiva ai lavoratori di fare una pausa nelle ore più calde della giornata. Un accorgimento doveroso, soprattutto nella stagione estiva, dove in alcune regioni le temperature massime viaggiano ben oltre i 40 gradi.
La proposta di Rajoy è dunque di lavorare fino alle 18, senza lunghe pause: “Innanzitutto – spiega il Guardian – per impattare sulla produttività, notoriamente bassa, e poi per sopperire agli effetti negativi che una giornata lavorativa troppo lunga può avere sulla vita sociale e soprattutto familiare”. E anche, paradossalmente, su un sonno non corretto: “Se si rincasa dopo le 8 si cena tardissimo, soprattutto d’estate, e si finisce per andare a letto troppo tardi: ecco perché la Spagna è conosciuta come la nazione dell’underslept”.
La riforma potrebbe anche intervenire sugli orari scolastici: attualmente in Spagna i ragazzi stanno a scuola fino alle 13,30, poi staccano fino alle 15 per uscire definitivamente alle 17. “I genitori che non posso permettersi la mensa scolastica – sottolinea il quotidiano britannico – sono sempre di più e si trovano dunque costretti a fare quattro viaggi al giorno per accompagnare i loro figli”. E per i genitori che lavorano, c’è un buco di tre ore tra l’orario di uscita del figlio da scuola e l’orario in cui finiscono di lavorare: “Questo significa che se i nonni non sono disponibili, bisogna pagare un baby-sitter”.
Quasi ovunque in Europa si utilizza ormai l’orario scolastico 8-14/14.30, “sia per risparmiare denaro – scrive ancora il Guardian -, sia perché alcune ricerche hanno dimostrato che i bambini spagnoli passano più ore a scuola rispetto alla media Ue, ottenendo però risultati più scarsi”.
Detto tutto questo, l’adorata siesta rimane un esercizio assolutamente salutare: a sancirlo è stata la stessa Nasa, specificando però che per essere benefica deve durare non più di 26 minuti. Tale durata ha effetti positivi sulla salute e anche sulla produttività, sostiene l’ente aerospaziale statunitense. “Il vero problema – conclude il Guardian – sono i cinque milioni di spagnoli che non si pongo neanche questa questione, semplicemente perché sono disoccupati”. Per loro, purtroppo, non c’è limite alla siesta.