S&P TAGLIA IL RATING A SETTE BANCHE ITALIANE
IN TUTTO 15 ISTITUTI SONO “OSSERVATI SPECIALI”
Standard & Poor’s ha declassato sette banche italiane, tra cui Intesa Sanpaolo e Mediobanca, e ha deciso di cambiare in “negativo” l’outlook sul rating per 15 istituti di credito, primo passo per un possibile successivo ridimensionamento del giudizio. E’ la conseguenza dell’abbassamento del giudizio sul debito italiano cui si accompagna la prospettiva di ulteriori peggioramenti, perché la decisione, recita una nota, “non considera una revisione di un potenziale ulteriore deterioramento nell’ambiente operativo ed economico del settore bancario italiano”. “La debolezza delle condizioni operative potrebbe influenzare la nostra visione dei rischi economici e industriali che colpiscono il sistema finanziario italiano, che analizziamo come parte del banking industry country risk assessment (bicra) e quindi, probabilmente, la capacità di credito per le banche italiane a cui diamo il rating”, conclude la pagella.
Le banche che hanno subito il downgrading sono: Intesa San Paolo, Mediobanca, Findomestic, Banca Imi, Biis, Cassa Risparmio di Bologna e Bnl. Gli istituti passano da A+ ad A. Restano immutati ad A-1 i rating sul breve termine. Quelle messe in outlook negativo sono: Fideuram, Agos-Ducato, Credito Sportivo, Cr Parma e Piacenza, Unicredit e le controllate Unicredit Bank ag, Bank Austria e Unicredit Leasing. Restano immutati ad A-1 i rating sul breve termine. Ridotto anche il rating della Bnl a A+/A-1.
In Piazza Affari le banche avevano chiuso con un improvviso e massiccio calo dopo una seduta positiva. Intesa è scesa del 3% (guadagna lo 0,3% nel pomeriggio), Unicredit -2,8%. E’ scesa anche Mediobanca -3,2% dopo i risultati dell’anno fiscale
L’ECONOMIA USA E’ “ANEMICA”. PAROLA DI BEN BERNANKE
AL VIA, CON IL NO DEI REPUBBLICANI, L’OPERAZIONE TWIST
L’economia americana è “anemica”. “La crescita rimane bassa, gli indicatori più recenti segnalano che permane lo stato di debolezza sul mercato del lavoro mentre la disoccupazione resta elevata”. Inoltre, “i consumi delle famiglie restano bassi”. Non usa mezzi termini il comunicato della Fed per sottolineare la gravità della frenata in atto della congiuntura. In sintesi, ci sono “seri rischi di una revisione al ribasso delle prospettive di crescita”. Per correggere la rotta la Fed, come già previsto, ha così dato all’operazione Twist, riedizione in grande della manovra che nel 1961 accompagnò la ripresa sotto la presidenza Kennedy.
La banca centrale acquisterà di qui a giugno titoli di Stato della durata da 6 a 30 per un importo di 400 miliardi di dollari. Le vendite di titoli a breve saranno spalmate in tre anni. In questo modo la Fed spera di comprimere il costo del denaro a tutto vantaggio degli investimenti e della ripresa dell’occupazione. Sul mercato obbligazionario la mossa ha già prodotto i primi frutti: i titoli decennali sono scesi nove punti al 3,01%, il record assoluto verso il basso, mentre il due anni è salito di 4 bp allo 0,20%. Il decennale è sceso ai rendimenti minimi di sempre all’1,87%.
A condizionare la due giorni del Fomc è stata l’opposizione, sia dentro che fuori dalla Fed, che ha senz’altro limitato il raggio di azione di Bernanke. Nell’Open Committee, il presidente della banca centrale ha incassato, come ad agosto, il voto negativo di tre membri su dieci, cioè i falchi Charles Plosser di Philadelphia, Richard Fisher di Dallas e Narayana Kocherlakota di Minneapolis. Più rilevante il pressing dei Repubblicani che chiedono a gran voce che Bernanke cessi ogni intervento sui mercati. Con un’iniziativa senza precedenti lo stato maggiore del partito (lo speaker della Camera John Boehme, il leader al Senato Eric Cantor, il capodelegazione delle trattative sul budget federale Mitch McConnell e il senatore John Kyl dell’Arizona) ha chiesto a Bernanke di non prendere iniziative. “Temiamo – si legge in una lettera inviata alla Fed– che ulteriori interventi possano peggiorare lo stato dell’economia”. Immediata la replica di Barney Frank, uno dei democratici più autorevoli. “E’ uno degli attacchi più gravi all’indipendenza della banca centrale nella nostra storia”. In ogni caso, è il segnale che i margini di manovra per helicopter Ben sono davvero ristretti.
LA FED DELUDE WALL STREET: -2,5% PER IL DOW JONES
LA SCURE DI MOODY’S S’ ABBATTE SUL CREDITO USA
L’agenzia di rating Moody’s ha abbassato il rating di Bank Of America-7,5%, Citigroup e Wells Fargo -3,9% perché “è meno probabile che lo Stato abbia i mezzi per operare un salvataggio in caso di necessità”. Goldman Sachs, intanto, scende per la prima volta sotto i 100 dollari. Anche questo spiega la reazione, assai negativa, di Wall Street dopo le decisioni, ampiamente annunciate, in arrivo dal Fomc: il Dow Jones ha perduto il 2,5%, il Nasdaq il 2. Il ribasso più cospicuo riguarda lo Standard & Poor’s 500 sotto del 2,9%. Cadono i titoli dell’energia, delle materie prime e dell’auto (-4% in media), fanno peggio i finanziari (-5% l’indice di settore). Perché una risposta così drastica? “A Wall Street – ironizza un guru del calibro di Barton Biggs – si sperava nell’arrivo di una pillola magica capace di curare un’economia anemica come si fa con un raffreddore”. O, più prosaicamente, molti speravano nella riedizione del quantitative easing. Ma Ben Bernanke, nonostante il comunicato riconosca la gravità della situazione non ha usato un’arma così potente. Forse, si teme, perché ormai ha poche munizioni in canna. Al pari della Casa Bianca, se vale il giudizio di Moody’s. Più di tutto, però, pesa il giudizio estremamente preoccupato sulla congiuntura.
I LISTINI ASIATICI IN PROFONDO ROSSO
PESA IL GIUDIZIO DI BERNANKE SULLA CRISI
L’outlook negativo emerso dalla riunione del Fomc ha provocato un’immediata reazione sui listini asiatici. L’indice Msci Asia Pacific, che misura l’andamento delle Borse del Continente, escluso il Giappone, perde il 2,4%, ormai ad un passo dai minimi dell’anno. L’indice Nikkei 225 a Tokyo è sotto, a un’ora dalla chiusura, dell’1,8%. Nel calo generalizzato si distingue la performance negativa dei titoli finanziari: Mitsubishi Financial perde il 2,4%, a Sidney il Macquarie group è sotto del 3,1%. Di rilievo la caduta dei titoli minerari: Bhp Billiton arretra del 3,7%, Rio Tinto del 5,2%.
NAGEL: IL CAPITALE MEDIOBANCA E’”CONFORTEVOLE”
OGGI ALL’ESECUTIVO GENERALI LA JV RUSSA CON VTB
Utile netto di 396 milioni (401 milioni l’anno prima) dopo rettifiche per 238 milioni del portafoglio, in parte riferite alla quota Telco-Telecom (120 milioni), in parte a titoli greci (100 milioni), dividendo invariato. Ecco, in sintesi, i conti di Mediobanca che saranno sottoposti al voto dell’assemblea il prossimo 28 ottobre. In quell’occasione si voterà anche sul nuovo consiglio, quasi fotocopia dell’attuale in scadenza.
Per la quota C, l’ex presidente delle Ferrovie francesi Anne-Marie Idrac subentra ad Antoine Bernheim, mentre Pierre Lefevre, presidente di Groupama Italia, prende il posto di Jean Azema, numero uno del gruppo. I soci industriali hanno scelto l’indipendente Elisabetta Magistretti, consigliere di Pirelli & C. La conference call con gli analisti si è tenuta prima dell’annuncio dell’abbassamento del rating da parte di S&P. Nell’occasione Alberto Nagel aveva comunque sottolineato che la banca, grazie ad un Tier 1 dell’11,2% a fine giugno, è in una posizione “confortevole” in quanto a capitale. Nessun aumento, dunque, all’orizzonte. Oggi si riunirà a Venezia il comitato esecutivo delle Generali. All’ordine del giorno la jv russa con la Vtb, cui il Leone parteciperà con la Generali-Ppf costituita assieme a Petr Kellner (e destinata a confluire in Generali con l’esercizio della put). In giornata si terrà anche il comitato investimenti della compagnia.
LA MANOVRA E’ SUFFICIENTE. PAROLA DEL TESORO
MA LO SPREAD BTP/BUND AD UN PASSO DA QUOTA 400
Per la prima volta nella storia il rendimento dei bund tedeschi decennali, offerti ieri in asta, è sceso sotto il 2% a 1,80%. Anche questo, assieme all’incremento del rendimento dei Btp al 5,71% ha contribuito a riportare lo spread btp-bund a 399 punti base. Non hanno giovato le voci, poi smentite, su una nuova manovra, la terza in pochi mesi, allo studio dei governo per un importo di dieci miliardi. Il ministero dell’Economia esclude la necessità di una nuova manovra correttiva nonostante si appresti a ridurre le stime di crescita dell’economia.
Al proposito, il Tesoro dice in una nota che la manovra da 54 miliardi è “pienamente sufficiente” per raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013. In occasione della presentazione del Def il Tesoro ridurrà la stima di crescita dell’economia per il 2011 a +0,7% dal +1,1% indicato a metà aprile. Fra gli investitori sono tornati ad aleggiare pesantemente i timori che la Grecia non ce la faccia a rispettare gli impegni presi, rendendo impossibile l’elargizione della prossima tranche di aiuti di metà ottobre. Senza quei soldi, lo Stato greco dovrebbe annunciare il fallimento. Il governo greco ha annunciato che varerà nuove misure di austerity, ma ormai ci sono forti dubbi sulla capacità di realizzarle.
LA GIORNATA DELLE BOCCIATURE. MOODY’S AFFOSSA FIAT
S&P TAGLIA TERNA. SOLO ENEL HA SUPERATO L’ESAME
In attesa della Fed e sotto la pressione delle notizie allarmanti, in arrivo da Atene, le Borse hanno accelerato la discesa nel pomeriggio. A Milano l’indice FtseMib è sceso dell’1,6%, Londra ha perso l’1,7%, Parigi -1,5%, Francoforte -2,4%. E’ stata la giornata dei rating: comfermato quello di Enel da parte di Standard & Poor’s. Standard & Poor’s ha confermato il rating di Enel al livello A- per il lungo termine e A-2 per il breve termine. Un ottimo risultato, vista la retrocessione dell’azienda Italia.
“Continuiamo a considerare Enel come un’entità legata all’amministrazione statale ma ora reputiamo il legame tra il credito sovrano dell’Italia ed Enel come ‘limitato’ e non ‘forte’, perché, a nostro avviso, le pressioni economiche potrebbero indurre Roma a dare una priorità inferiore nel fornire qualsiasi sorta di supporto straordinario a Enel, se fosse necessario”, si legge nella nota.
Al contrario S&P ha tagliato ad ‘A’ da ‘A+’ la propria valutazione sul merito di credito di Terna lasciando inalterata la valutazione negativa sulle prospettive. Ma lo scivolone più pesante è stato quello di Fiat che ha perso il 6,2% dopo che Moody’s ha annunciato il taglio del rating a BA2, confermando un outlook (giudizio sulle prospettive future) negativo. Il provvedimento è già riflesso nel costo dei CDS a 5 anni indicati a 950 punti base, poco lontano dai picchi di 1.000 punti toccati pochi giorni fa (contro i 400 punti di giugno). Il gruppo, tra l’altro, non ha necessità di rifinanziare a breve il debito con nuove emissioni di bond, dopo il successo del bond emesso ad aprile (1 miliardo di euro al tasso fisso del 6,375%) e dopo che Chrysler ha rifinanziato la propria posizione debitoria nel maggio scorso. Ottima giornata invece giornata per Fiat Industrial.