Standard & Poor’s taglia il rating dell’Italia a BBB da BBB+, l’outlook è negativo. La decisione dell’agenzia Usa riflette «l’effetto di un ulteriore indebolimento della crescita sulla struttura e la resistenza dell’economia italiana» e «la mancata trasmissione sull’economia reale della politica monetaria espansiva della Bce con i tassi dei prestiti alle imprese che rimangono ben sopra i livelli pre-crisi» (leggi il documento). Di più: l’outlook negativo assegnato all’Italia «indica che c’è almeno una chance su tre che il rating possa essere ridotto ancora nel 2013 o nel 2014». Ora il Paese è a un passo dal gradino definitojunk (spazzatura), che equivale a un consiglio di non investire nei suoi titoli di debito (guarda la scala dei rating).
Le prospettive sono preoccupanti, perché «l’economia italiana si contrarrà quest’anno dell’1,9%», rincara Standard & Poor’s, sottolineando che il downgrade dell’Italia è legato all’ulteriore peggioramento delle prospettive». Si stima anche che il Pil pro capite per 2013 sarà pari a 25 mila euro, «al di sotto dei livelli del 2007». Inoltre S&P stima un debito al 129% del Pil alla fine del 2013 e che non scenderà «a meno che il surplus di bilancio, con l’esclusione delle spese per interesse, non si avvicinerà al 5% del Pil».
E la società di rating ha motivato nel dettaglio questo ulteriore downgrade, puntando il dito contro le politiche evidentemente giudicate troppo lassiste in tema di tenuta dei conti pubblici. Nel testo si legge che «nel 2013 gli obiettivi di bilancio in Italia sono potenzialmente a rischio per il differente approccio nella coalizione di governo» per coprire un disavanzo «frutto della sospensione dell’Imu e del possibile ritardo del pianificato aumento dell’Iva», scrive l’agenzia dimostrandosi in disaccordo rispetto alle ultime decisioni del governo Letta come la sospensione dell’Imu sulla prima casa e lo stop all’aumento dell’Iva di un punto percentuale prevista originariamente per il primo luglio e posticipata ad ottobre.
Immediata la dichiarazione del presidente del Consiglio, Enrico Letta, che – appresa la notizia del downgrade – ha spiegato come «l’Italia resti vigilato speciale, perché la situazione resta complessa, chi non lo ha capito si sbaglia di grosso», riferendosi a chi – nel fronte governativo – aveva attaccato le ricette di austerity e auspicava una progressiva riduzione del peso fiscale con la totale abolizione dell’imposta municipale sulla prima casa. Il premier (che in privato con i suoi collaboratori ha condiviso il durissimo commento del Tesoro su Standard & Poor’s) ha comunque ribadito che il governo s’impegnerà a togliere l’Imu, come promesso. Resta evidente, ora più di prima, il tema delle coperture per non finire ancora sotto la lente delle agenzie di rating che danno le pagelle ai Paesi in merito alla loro affidabilità creditizia per ripagare agli investitori i titoli di debito (leggi le classifiche degli altri Paesi).
LA POLITICA – Interviene anche Renato Schifani, capogruppo al Senato del Pdl, che si mostra critico nei confronti dell’agenzia di rating: «Come nel caso del Fondo monetario internazionale, non sarà la decisione di Standard&Poor’s a impedire l’abolizione dell’Imu sulla prima casa e lo stop definitivo al punto in più di Iva. Si tratta di due provvedimenti necessari e irrinunciabili per aiutare la ripresa. Standard&Poor’s non è il Vangelo, ha sbagliato in altre occasioni e anche stavolta lo fa».