Dopo anni di recessione l’Italia ricomincia a crescere. Nonostante i risultati del terzo trimestre 2015 abbiano deluso le attese, il 2016 si preannuncia positivo grazie a un deciso incremento della domanda interna.
Queste le previsioni del capoeconomista per l’area Emea di S&P 500 Jean Michael Six annunciante nel corso della conferenza stampa di presentazione dell’outlook 2016 tenutasi a Milano. Dopo lo 0,7% del 2015, l’agenzia si aspetta un PIL in crescita dell’1,3% nel 2016 e dell’1,4% nel 2017.
A questo punto dunque, secondo Six l’enigma maggiore sull’Italia sarà un altro: al miglioramento della domanda interna corrisponderà una spinta maggiore sul fronte investimenti aziendali?. “Il grosso rischio – ha detto Six – e ovviamente questo non è un problema solo per l’Italia, è che l’incertezza e la volatilità a livello globale possa indurre le aziende a posporre gli investimenti a tempi migliori. Per questo sarà di importanza cruciale tenere sotto stretta osservazione l’evoluzione del business sentiment che in questo momento è positiva”.
A zavorrare la ripersa potrebbero intervenire anche gli ormai celeberrimi non performing loans, il cui ammontare ha ormai raggiunto il 20% nonostante i tentativi di porre un rimedio alla situazione: “a differenza di paesi come la Spagna in cui il problema è stato affrontato a suo tempo mediante la creazione di una bad bank”.
“Perché si possa registrare un miglioramento significativo della situazione dei npl – ha continuato l’analista di S&P Mirko Sanna – occorrerà che si registri un’accelerazione dell’economia e al tempo stesso che si crei un mercato più efficace per la cessione dei crediti deteriorati. Le misure adottate sin qui dal governo sono state positive ma occorrerà del tempo perché sortiscano pieno effetto e ogni ulteriore misura di incentivazione sarà benvenuta”.
A livello europeo, Six ritiene che la crescita rimarrà sub-par pagando anche lo scotto del crollo dei prezzi del greggio, un fenomeno che ormai sembra aver trasformato in salita la strada da percorrere per raggiungere gli obiettivi di inflazione e di crescita.
Nonostante ciò fino ad oggi il crollo del petrolio, insieme al quantitative easing e alle misure di politica interna poste in essere dall’Italia (Jobs act, sgravi fiscali e spending review) sembrano aver fatto bene all’Italia. “Riforme come il Jobs Act – ha detto il capo economista – hanno iniziato ad avere qualche effetto positivo e questo dimostra che quando le riforme sono ben orchestrate possono avere effetti positivi sulla crescita”.