Dopo la moda, anche l’arte. Del resto sempre di lusso si tratta e non poteva che finire nelle mani dei francesi. L’operazione da 2,7 miliardi di dollari che ha portato la prestigiosa casa d’aste Sotheby’s nelle mani dell’imprenditore transalpino Patrick Drahi non solo è l’ennesimo segnale della febbre dell’oro che ha contagiato il mercato dell’arte, ma anche l’inizio di una nuova era che segnerà un derby tutto Oltralpe con la casa rivale, Christie’s, da tempo di proprietà del re del lusso Francois Pinault, tra gli uomini più ricchi del pianeta. Per comprare Sotheby’s il tycoon delle tlc francese, che in patria possiede l’operatore telefonico Sfr (e anche diversi giornali, tra cui il quotidiano di sinistra Libération) e negli Usa CableVision, ha offerto 57 dollari per azione, il 61% in più della quotazione di venerdì scorso della casa d’aste a Wall Street.
L’operazione vale dunque 2,7 miliardi di dollari, che salgono a 3,7 se si comprende anche un miliardo di debiti della società. L’acquisizione, del tutto inaspettata e costruita dietro le quinte, segna anche l’addio di Sotheby’s a Wall Street dopo 31 anni. Un addio che farà evidentemente bene alla casa d’aste, che nell’ultimo anno in Borsa ha perso il 40% del proprio valore, anche se viene da un periodo di ripresa nel business, con 5,2 milardi di vendite nel 2018, ma sempre distanziata da Christie’s che ha realizzato aste fino a 7 miliardi di dollari e nel 2017 ha fatto il colpo del secolo, ovvero l’asta del Salvator Mundi aggiudicato per 450,3 milioni di dollari.
Da parte sua negli ultimi anni Sotheby’s ha messo a segno alcune vendite record, come il “Nu couché” (sul fianco sinistro) di Amedeo Modigliani (157,2 milioni di dollari) e il “Meules” di Claude Monet (110,7 milioni). Fra gli oggetti e i dipinti più famosi venduti dalla casa d’aste fondata nel 1744 dall’imprenditore britannico Samuel Maker figurano la collezione d’arte della Duchessa di Windsor, la collezione personale di Andy Warhol e nel 2012 “L’Urlo” di Edvard Munch. Qualche mese fa c’era stata anche la controversa performance dello street artist Banksy che ha creato un quadro che si è autodistrutto sotto agli occhi del pubblico a Londra.
Drahi in Francia è considerato un finanziere controverso, come nota anche il quotidiano finanziario Les Echos, che lo chiama “il collezionista di debiti”. La società attraverso la quale controlla il suo impero mediatico si chiama Altice ed a oggi conta quasi 50 miliardi di euro di debiti. È vendendo parte delle azioni della controllata Altice Usa, per un valore di 400 milioni, che Drahi finanzierà l’operazione, buona parte della quale però verrà pagata a titolo personale, grazie ad una linea di credito aperta con Bnp Paribas. Drahi ha invece escluso di cedere una quota di Altice Europe, che gli frutta il 60% del fatturato complessivo del gruppo.
Ora il derby con Pinault, patron del colosso del lusso Kering (ex PPR), è lanciato. Ed aprirà a Drahi tante strade, come è accaduto in passato a chi ha tentato l’avventura nel mondo dell’arte. Lo stesso Pinault, ricorda sempre Les Echos, è entrato nel lusso solo dopo aver messo le mani su Christie’s. E Alfred Taubman, che nel 1983 rilevò a sua volta Sotheby’s, “fece poi grandi affari con le famiglie Rockefeller e Rothschild”. Insomma a Drahi l’arte aprirà un mondo. Ma che ne sarà invece di Sotheby’s con un nuovo proprietario così spregiudicato?