Dal Prodotto interno della felicità, di cui il Dalai Lama è il più fervido sostenitore, alla teoria della decrescita di Latouche, gli indicatori alternativi del benessere sono l’ultima frontiera degli studi sulla qualità della vita. E anche l’Italia può mostrare la sua creazione con l‘indice di Sostenibilità Feem Si, elaborato dalla Fondazione Eni Enrico Mattei.
Secondo la classifica del 2011, stilata in base a tale indice, l’Italia si pone in una pessima luce rispetto ai suoi colleghi dell’Unione Europea. Il nostro Paese infatti si trova al 25esimo posto. Le medaglie vanno invece Norvegia, Svezia e Svizzera. Agli ultimi due posti Cina e India, dove la povertà non accenna a diminuire.
L’Indice della Fondazione Eni è anche in grado di stimare gli impatti che determinati scenari macroeconomici avranno nei prossimi anni. Nel 2020 l’Italia dovrebbe migliorare di 3 posti arrivando al 21esimo posto. Sul podio rimarrebbero gli stessi Paesi mentre gli Stati Uniti, quest’anno undicesimi, perderebbero addiritttura 6 posizioni ritrovandosi 17esimi. Migliore invece la performance tedesca che acquisterebbe 5 punti e nel 2020 si situerebbe undicesima.
Questo indice riunisce 19 indicatori, normalizzati in una scala 0-1, costruiti all’interno di un modello di equilibiro generale computazionale, in grado quindi di proiettarsi nel tempo. Il Feem Si misura tre componenti principali di uno sviluppo sostenibile: il sistema economico (il Pil pro capite, la fragilità del sistema economico, fattori di crescita economica, densità della popolazione), la società (vulnerabilità sociale, densità della popolazione) e l‘ambiente (qualità dell’aria, sistema energetico e dotazione di risorse naturali).
Scarica il rapporto Feem Si 2011