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Sondaggio Legg Mason: italiani ancora fan delle obbligazioni ma pronti a investire in alternativi

Il sondaggio è stato condotto tra dicembre e gennaio su oltre 4mila investitori internazionali con oltre 200mila dollari di asset da investire – Investitori globali cautamente ottimisti sulle prospettive immediate – Solo il 25% degli italiani considera le azioni domestiche un’opportunità – Aumenta la propensione a investire all’estero

Sondaggio Legg Mason: italiani ancora fan delle obbligazioni ma pronti a investire in alternativi

Italiani ancora fan delle obbligazioni ma con un occhio più attento agli investimenti alternativi e una maggiore propensione all’estero. E’ questo l’identikit dell’investitore che emerge dall’ultimo studio presentato dal gruppo americano di risparmio gestito Legg Mason con sede a Baltimora e quotato sul New York Stock Exchange. Il 31% del portafoglio degli investitori analizzati è infatti investito nel reddito fisso, la percentuale più alta tra tutti i Paesi coinvolti nel sondaggio. Basti dire che in Germania è il 18%, in Francia il 19% e negli Usa il 20%. E che nei prossimi 12 mesi il 30% degli intervistati italiani ha intenzione di aumentare ancora la percentuale investita nel reddito fisso. Un 26% dice di avere comunque intenzione di investire maggiormente in azioni. Per ora però l’investimento azionario è in quarta posizione, dopo liquidità e immobiliare (entrambi al 21%). Ultimi, chiaramente, gli investimenti non tradizionali che si attestano al 5%. Ma che promettono di farsi strada nel portafoglio: più di uno su cinque, il 22%, ha dichiarato di puntare ad aumentare la fetta degli investimenti non tradizionali.

 

ANALISI SU OLTRE 4.000 INVESTITORI SOPRA I 200MILA DOLLARI
IN ITALIA, PATRIMONIO MEDIO DA 1,7 MILIONI

L’analisi di Legg Mason è il risultato di un sondaggio condotto attraverso un’indagine quantitativa realizzata online su un campione di 4.320 investitori in 20 mercati differenti, dagli Stati Uniti a Taiwan, dalla Francia al Cile. Il panel degli intervistati è stato costruito sulla base di alcune caratteristiche: sono stati coinvolti quei soggetti che prendono le decisioni in famiglia in totale autonomia o condividendole con altri per ciò che riguarda le decisioni di investimento; gli asset da investire superano i 200mila dollari, inclusi gli investimenti immobiliari, con l’esclusione della prima casa e delle proprietà di villeggiatura; l’età si attesta tra I 40 e I 75 anni. L’indagine è stata condotta tra il 10 dicembre 2013 e il 10 gennaio 2014 dalla società indipendente di ricerche e marketing Northstar Research Partners.

Il sondaggio ha fatto il punto su una serie di temi di investimento a livello internazionale. Nel complesso gli investitori sono cautamente  ottimisti sulle prospettive immediate (2014) dei loro investimenti: in una scala da 1 a 10, il punteggio medio è stato 6.8, gli americani sono i più ottimisti con 7.2 e i giapponesi i meno ottimisti 5.5 (gli italiani sono a metà con 6.1). Il 74% degli investitori mondiali ha poi messo l’accento sull’obiettivo esplicito di “guadagnare”, indicando un atteggiamento quindi più aggressivo rispetto alle altre opzioni fornite nel sondaggio, ossia pensare alla pensione o limitarsi a proteggere la ricchezza. In ogni caso, sembra che il profilo medio che emerge dal sondaggio dipinga un investitore che ha fatto suoi alcuni fondamentali adagi dell’investire consapevole: il 61% consiglierebbe alle nuove generazioni di “assicurarsi di capire quello in cui si sta investendo” e il 55% di iniziare a investire presto.

Dal sondaggio è stato possibile elaborare anche l'”identikit” dell’investitore italiano con disponibilità di risorse (il patrimonio medio investito degli investitori italiani coinvolti è di circa 1 milione e 700 mila dollari): il 65% dichiara di prendere da solo le decisioni di investiemnto all’interno della famiglia; il 53% si dichiara sicuro di comprendere le complessità che ci sono dietro investimenti e mercati finanziari (71% in Germania). Si tratta della più bassa percentuale in Europa dopo Francia e Beglio. Inoltre, gli italiani sono anche coloro che dichiarano meno degli altri in Europa di aver raggiunto i propri obiettivi di investimento. Detto in altri termini, sono quelli che si sentono più diffusamente delusi sui rendimenti ottenuti.

A CIASCUN PAESE IL PROPRIO RECORD

Ma ciascun Paese vanta un proprio primato. Gli Svizzeri sono i più preoccupati quando si parla di rischi valutari nell’investire all’estero(49%).Gli svedesi sono coloro che maggiormente tra gli europei sono fuggiti a gambe levate dai mercati emergenti per tornare nei mercati sviluppati nell’ultimo anno (24%). I tedeschi, non sorprende, si dicono i più sicuri delle loro capacità: l’88% si ritiene decisamente in grado di gestire I propri investimenti. Gli spagnoli sono gli investitori europei maggiormente preoccupati dall’aumento delle tasse (il 53%. Ma le tasse preoccupano anche il 52% degli italiani). I cinesi sono coloro che più diffusamente si ritengono “aggressivi” nella loro tolleranza al rischio (il 38% degli intervistati). Gli australiani sono i più tradizionalisti: il 61% non è interessato a sapere di più sugli investimenti alternativi. I Brasiliani sono i più preoccupati per l’inflazione (ben il 60%). I cileni sono i più refrattari a investire all’estero mentre i messicani sono i più fiduciosi nell’investimento in oro e metalli preziosi (il 52% ritiene che rappresenti la migliore opportunità nei prossimi 12 mesi).

ITALIANI: SOLO IL 25% CONSIDERA LE AZIONI NAZIONALI UNA OPPORTUNITÀ

Tornando agli italiani, dal sondaggio emerge che sono i più pessimisti in Europa sull’ambiente che le generazioni future si troveranno ad affrontare per i loro investimenti: l’80% crede che sarà più difficile contro il 65% dei tedeschi, il 62% dei britannici e il 70% degli americani. I principali obiettivi di investimento per gli italiani sono: mantenere l’attuale stile di vita (56%), proteggere il patrimonio (55%), aumentare il patrimonio (51%), la pensione (49%), proteggere il patrimonio per i figli (48%).

La nostra Borsa ne esce un po’ con le ossa rotte: solo il 25% del panel italiano considera le azioni nazionali un’opportunità. Si guarda invece alle obbligazioni internazionali (56%), al real estate (50%) e alle azioni internazionali (48%). Il risvolto positivo della medaglia è che l’investitore italiano sta adottando un approccio sempre più globale. L’86% degli investitori del nostro paese dichiara di investire parte del proprio portafoglio (almeno l’1%) nei mercati esteri. Si tratta della percentuale più alta riscontrata tra i principali paesi Europei: investe all’estero infatti il 71% dei britannici, il 68% dei francesi, il 64% degli spagnoli ed il 61% dei tedeschi. La percentuale italiana è più alta anche di molti dei principali paesi a livello globale (78% degli investitori Usa, 71% in Corea del Sud, 60% in Australia, 59% in Giappone, 33% in Brasile). Solo in Cina, considerando le principali nazioni del mondo tra quelle oggetto di indagine, si riscontra una percentuale leggermente maggiore con l’87% (in assoluto sono Hong Kong e Taiwan, rispettivamente con 92% e 90%, a registrare i valori più alti). Anche la percentuale media di asset investiti all’estero è di gran lunga la più alta riscontrata in Europa: ben il 31% del portafoglio degli investitori italiani è allocato oltre i confine nazionali, contro il 18% registrato tra gli investitori in Uk, il 16% in Germania, il 15% in Spagna ed il 13% in Francia. Più del doppio, inoltre, di quanto registrato tra gli investitori di Usa (14%), Australia (13%) e Brasile (11%) e molto più della Cina (18% del portafoglio).

INVESTIMENTI NON TRADIZIONALI NEL MIRINO

Allo stesso tempo sembra in aumento l’interesse per gli investimenti non tradizionali: il 30% dichiara di essere estremamente/molto interessato a capirci di più, la più alta percentuale registrata in Europa dopo la Spagna, 36%, e più alta che degli Stati Uniti, al 16%. Chi è interessato tra gli italiani pensa di arrivare a investire il 23% in media del proprio portafoglio in questa asset class. L’obiettivo per il 53% è diversificare maggiormente il proprio portafoglio, per il 49% è superare il rendimento medio offerto dal mercato. Preoccupa però la mancanza di trasparenza (il 52%) e la difficoltà a capire i prodotti e la volatilità connessa (40%).

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