Fra le società quotate italiane, a fine 2020 la partecipazione media del primo azionista sfiorava il 47,6%, in lieve calo rispetto ai valori di lungo periodo (48,7% nel 1998), mentre le famiglie erano i principali azionisti di riferimento nel 64% dei casi. I numeri sono contenuti nel rapporto Consob 2022 sulla corporate governance.
Dall’analisi emerge anche che, rispetto al 2019, risulta in lieve diminuzione la presenza di investitori istituzionali nell’azionariato rilevante, a fronte di un aumento per la prima volta nell’ultimo decennio della presenza degli investitori istituzionali italiani, che detengono una partecipazione rilevante in 18 società quotate.
Si conferma la progressiva riduzione della diffusione e dell’intensità della separazione fra proprietà e controllo, con una diminuzione dell’incidenza sul listino delle società parte di un gruppo verticale.
Aumenta invece la diffusione del voto maggiorato, previsto a fine 2020 nello statuto di 64 emittenti, rappresentativi di poco più del 17% del valore totale di mercato; gli azionisti hanno maturato la maggiorazione dei diritti di voto in 40 società.
Quanto alle assemblee, la stagione 2021 delle società quotate a più elevata capitalizzazione ha fatto registrare una partecipazione degli azionisti pari, in media, al 74,6%, in crescita di circa 5 punti percentuali rispetto al 2012 (primo anno di rilevazione). Gli investitori istituzionali italiani hanno preso parte a 95 adunanze, il dato più alto dal 2012.
In media, le politiche di remunerazione in vigore sono state approvate con voto favorevole da circa due terzi del capitale sociale e da quasi il 90% del capitale sociale rappresentato in assemblea. Con riferimento al voto consultivo sui compensi corrisposti per l’esercizio precedente, i voti a favore sono stati il 66% del capitale sociale e l’87,7% di quelli rappresentati in assemblea.
Paolo Savona, numero uno della Consob, sottolinea inoltre che dal Rapporto 2022 emergono anche altri due segnali di cambiamento nella governance delle società quotate: l’aumento del “numero di comitati sulla sostenibilità interni al Consiglio” e il miglioramento delle “competenze degli amministratori, sia sulla sostenibilità che sulla digitalizzazione/informatizzazione”.
Inoltre, Savona ricorda che il Codice di Corporate Governance ha introdotto il concetto di “successo sostenibile”: le società quotate hanno quindi l’obbligo di “illustrare come la politica di remunerazione degli amministratori contribuisca al perseguimento degli interessi a lungo termine e alla sostenibilità della società. Principio chiaro – conclude il presidente della Consob – la cui applicazione, tuttavia, si presenta difficile”.